Mario Draghi è ancora il favorito, ma se non si troverà con chi sostituirlo alla guida del governo la palla passerà al trio Salvini, Meloni e Berlusconi che dovrà indicare un nome gradito almeno ai centristi e a una parte del centrosinistra
Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi si sono sentiti al telefono oggi pomeriggio per discutere della candidato di centrodestra alla presidenza della Repubblica. Domani, a Roma, dovrebbe tenersi un incontro di coalizione per chiarire definitivamente la posizione dello schieramento.
Sono giorni di incontri frenetici tra i leader politici, tutti alla disperata ricerca di candidati alla presidenza della Repubblica che possano ottenere il consenso trasversale necessario a raggranellare una maggioranza nell’attuale parlamento balcanizzato.
Oltre ai tre leader del centrostra, oggi è stato il turno dei due grandi rivali, il segretario del Pd Enrico Letta e quello di Italia Viva Matteo Renzi, che si sono incontrati di persona vicino al Senato. Si è trattato del secondo incontro tra i due in sette anni, da quando, cioè, Renzi ha fatto cadere il governo guidato da Letta.
Non si conosco i dettagli dell’incontro, ma è difficile che i due non abbiano parlato della questione più importante di questi giorni: cosa fare se il centrodestra dovesse proporre un nome più accettabile di quello di Silvio Berlusconi?
Proprio questa mattina, in un’intervista alla Stampa, Renzi aveva detto di essere disponibile a votare figure come Pierferdinando Casini o Marcello Pera, figure che potrebbero essere indicate dal centrodestra.
Cosa farà Salvini?
La grande incognita rimane proprio cosa fare lo schieramento conservatore, che con circa 454 grandi elettori è la coalizione più numerosa, anche se resta molto lontana dalla maggioranza assoluta (505 grandi elettori, che potranno eleggere il presidente a partire dal quarto scrutinio, giovedì prossimo).
Sia il leader della Lega, Matteo Salvini, che quella di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, hanno rivendicato il diritto di presentare un nome su cui anche il centro e il centrosinistra possano convergere.
Ma la loro strada è stata sbarrata da Silvio Berlusconi e dalla sua bizzarra “operazione scoiattolo”, il tentativo di racimolare gli elettori necessari a diventare presidente della Repubblica con un inaspettato colpo di mano.
Lo scouting di queste settimane, affidato a figure come il deputato e critico d’arte Vittorio Sgarbi, è andato malissimo e, a seconda dei calcoli che circolano, a Berlusconi potrebbero mancare fino a cento voti (significa che nemmeno il centrodestra voterebbe compatto per lui).
Berlusconi però rifiuta di arrendersi e dalla sua residenza di Arcore continua a fare telefonate. Così facendo, però, costringe i suoi alleati Salvini e Meloni a continuare a sostenere, almeno a parole, la sua candidatura, rallentando le trattative per trovare una figura alternativa che provenga dal centrodestra e che abbia i numeri per essere eletta.
La situazione dovrebbe sbloccarsi nel fine settimana, quando Berlusconi ha fatto sapere che comunicherà la sua decisione.
E Draghi?
L’attuale presidente del Consiglio Mario Draghi rimane comunque il favorito per la corsa al Quirinale e negli ultimi giorni voci di corridoio e retroscena sono concordi: se si trovasse una figura gradita a tutti con cui sostituirlo alla guida del governo, la sua elezione alla presidenza della Repubblica sarebbe già cosa fatta.
Per una buona metà del parlamento, compresi i fondamentali grandi elettori del centro, infatti, la priorità è la prosecuzione della legislatura (sia per ragioni nobili che meno nobili: con il taglio dei parlamentari sono centinaia quelli che non vorrebbero rieletti in caso di elezioni anticipate).
Togliere Draghi dal governo rischia di condannare una maggioranza già parecchio litigiosa e aprire quindi le porte alle temute elezioni anticipate. Ma chi può offrire le stesse garanzie di Draghi? L’attuale presidente del Consiglio vorrebbe essere sostituito da un tecnico di sua fiducia, come il ministro dell’Innovazione Vittorio Colao.
I partiti, però, sono comprensibilmente freddi all’idea di avere un super tecnico alla presidenza della Repubblica e un secondo tecnico al governo. D’altro canto, una figura politica proveniente da uno dei due principali schieramenti sarebbe difficilmente accettabile per l’altro.
Si tratta di una delle questioni più spinose di queste ore ed è probabile che, oltre al nome del futuro presidente della Repubblica, i leader di partito stiano discutendo con altrettanta intensità del nome di un possibile futuro capo del governo.
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