La rivista dà ragione alle inchieste di Domani sull’impreparazione delle autorità regionali e nazionali all’inizio della pandemia, dalla mancata attuazione di una tempestiva zona rossa alle richieste di giustizia dei familiari delle persone morte. «Abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare», replica Giulio Gallera
«Lancet ha fatto un articolo degno del più estremista giornale politico, e non di una rivisita scientifica». È dura la replica di Giulio Gallera, consigliere regionale lombardo ed ex assessore al Welfare della regione Lombardia, all’articolo pubblicato il 22 gennaio dalla rivista scientifica inglese The Lancet, intitolato "Riconoscere gli errori del Covid nella sanità pubblica in risposta al Covid-19", a firma di Chiara Alfieri, Marc Egrot, Alice Desclaux e Kelley Sams.
L’articolo di The Lancet
Interrogandosi sull’andamento della prima ondata di Covid in Lombardia, gli autori hanno criticato la decisione del governo e della regione di non creare una zona rossa ad Alzano e Nembro, quando ci furono i primi casi diagnosticati di Covid-19, alla fine di febbraio 2020, e di non attuare un piano pandemico a livello nazionale.
«La decisione viene vista come direttamente responsabile della diffusione dell'infezione in altre città attraverso la provincia di Bergamo (in modo particolare la Val Seriana) e poi in tutta Europa», attacca The Lancet.
«La popolazione della Lombardia fu sconvolta dagli eventi e dall'inconsistenza della risposta da parte della sanità pubblica e delle autorità di governo, oltre che da un piano pandemico obsoleto e non attuato».
«Noi abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare in quel contesto – ha risposto Gallera – per chiedere la zona rossa quando i dati sono emersi».
«Lancet si è totalmente squalificata per quello che ha fatto – ha continuato – perché ha espresso giudizi solo di carattere politico e non scientifico. La loro evidenza è col senno del poi, ed è facile oggi dare giudizi».
Le inchieste su Bergamo
L’articolo di The Lancet conferma le inchieste di Domani sulle mancanze e gli errori della Lombardia e del governo nazionale nella prima ondata di coronavirus, dalla mancata attuazione del piano pandemico nazionale alla decisione di non istituire una zona rossa in maniera più tempestiva.
Sulla strage di Bergamo in quelle prime fasi del Covid, la procura ha aperto un’inchiesta, la cui fase istruttoria dovrebbe chiudersi entro gennaio, indagando sei persone per epidemia colposa e falso.
Partendo dal focolaio di coronavirus nell’ospedale di Alzano Lombardo, l’inchiesta è arrivata a coinvolgere l’intero sistema di gestione della pandemia, e a includere anche il ruolo che ebbe il ministro della Salute, Roberto Speranza, in particolare per quanto il report dell’Oms sulla gestione italiana della prima ondata Covid. Report di cui Speranza sarebbe stato a conoscenza.
La perizia di Crisanti
La scorsa settimana Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova, ha depositato in procura la consulenza tecnica che gli era stata richiesta dai Pm, che secondo le indiscrezioni conterrebbe la stima delle vittime che si sarebbero potute evitare con l’attuazione di una zona rossa tempestiva: tra le duemila e le quattromila.
«Quando ci fu il primo caso – ha dichiarato Crisanti – all'ospedale di Alzano c'erano già circa cento persone infette. Questo ci dà un’idea del livello che la pandemia aveva raggiunto all’epoca». Crisanti ha anche dichiarato che molti dei pazienti presenti nell’ospedale non vennero testati, generando l’impossibilità di ipotetiche diagnosi che avrebbero fatto luce sulla gravità della situazione.
La procura si avvarrà anche di questa consulenza per capire se governo e regione avessero i dati per decidere di chiudere la zona già a febbraio 2020, e se la veloce propagazione dei contagi si sarebbe allora potuta evitare, o quanto meno rallentare.
Da due anni i familiari delle vittime Covid in Val Seriana denunciano la mala gestione della pandemia, e ora esprimono soddisfazione per il riconoscimento che proviene dalla rivista scientifica. «Quello di The Lancet – ha dichiarato l'avvocato dei familiari delle vittime, Consuelo Locati, – è uno straordinario riconoscimento istituzionale che corona un lavoro certosino di ricerca documentale fatto negli ultimi due anni, ma è soprattutto un riconoscimento per quei cittadini che hanno deciso di portare in giudizio le istituzioni per fare in modo che si assumano le responsabilità di quanto avrebbero dovuto fare e non hanno fatto, a scapito della vita di migliaia di persone che oggi potrebbero essere ancora tra noi».
La risposta all’orrore
Nell’articolo, The Lancet ricorda anche come «i cittadini lombardi vennero messi di fronte all'orrore, ai propri affetti morti in casa senza cure e soli in ospedale, alla scarsità di ossigeno e bombole e alla confusione nell'identificare i corpi cremati».
A questo orrore, proseguono le autrici dell’articolo, «la società civile di Bergamo» ha risposto organizzandosi «in un movimento per avere giustizia, verità, risarcimento, dignità, e per offrire un supporto emotivo in risposta al dolore, alla confusione e alla rabbia delle famiglie».
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