- In Italia non si riesce a fermare completamente la propaganda russa per mancanza di indicazioni.
- Le aziende di telecomunicazioni chiedono da giorni di prendere in mano la questione e di fornire la lista degli indirizzi Ip da oscurare per essere in linea con le indicazioni della Commissione europea, senza risultato.
- Da oggi verranno bloccati i domini principali dei più noti canali di propaganda del Cremlino, ma non avendo una lista completa rimangono accessibili i sottodomini che permettono ancora alla narrazione russa del mondo.
In Italia non si riesce a fermare completamente la propaganda russa per mancanza di indicazioni. Le aziende di telecomunicazioni chiedono da giorni di prendere in mano la questione e di fornire la lista degli indirizzi Ip da oscurare per essere in linea con le indicazioni della Commissione europea, senza risultato.
Da oggi verranno bloccati i domini principali dei più noti canali di propaganda del Cremlino, ma non avendo una lista completa rimangono accessibili i sottodomini che permettono ancora alla narrazione russa del mondo e, in particolare, del conflitto in Ucraina, di raggiungere decine di milioni di persone, di essere rilanciata e condivisa sui social.
Sputnik e Russia Today
La situazione è paradossale. È da due settimane che Asstel, l’organizzazione di Confindustria che riunisce le aziende di telecomunicazioni come Tim, Wind Tre, Vodafone, Sky, Fastweb, cerca di avere indicazioni più dettagliate su come applicare il regolamento Ue e la decisione presa dai 27 capi di stato e di governo europei per oscurare Sputnik e Russia Today, canali di propaganda del Cremlino che rilanciano, ad esempio, i messaggi di del ministro degli Esteri Sergej Lavrov che dice che la Russia non ha mai attaccato l’Ucraina o che le pazienti incinte dell’ospedale di Mariupol bombardato erano modelle scritturate ad hoc.
In casi molto meno eccezionali, quando si scoprono per esempio portali che trasmettono contenuti di cui non dispongono i diritti come le partite di calcio, dopo precise segnalazioni precise delle autorità, vengono bloccati i server Dsn e gli indirizzi Ip delle trasmissioni “pirata”.
Per questo il 3 marzo le aziende hanno inviato una prima richiesta di informazioni al ministero degli Esteri, dove è stato istituito una task force ad hoc per la gestione delle sanzioni decise nei confronti della Russia. La Farnesina ha rimandato però alla competenza della presidenza del Consiglio e all’Autorità per le comunicazioni, l’Agcom. Le aziende hanno scritto ancora il 10 marzo a tutti, compreso il ministero dell’Interno, considerato che in alcuni paesi è direttamente la polizia postale a essersi occupata della questione. Ma al momento lo stato italiano non ha individuato chi è l’autorità responsabile.
La risposta dell’Agcom
In una risposta del 14 marzo il presidente dell’Agcom Giacomo Lasorella si è limitato a rinviare al comunicato con cui qualche giorno prima il Berec (Body of European regulators for electronic communications) cioè l’agenzia Ue che riunisce le authority europee per le telecomunicazioni spiega che il regolamento è immediatamente applicabile dalle aziende e compatibile con il principio dell’internet aperto: tutti i domini e i sottodomini legati alle entità russe, infatti, sono inclusi nell’eccezione decisa a livello Ue e quindi vanno oscurati.
Il Berec dice di confidare nei regolatori nazionali perché si agisca in maniera «tempestiva e precisa» e dice che le authority possono aiutare le aziende.
Quello stesso comunicato facendo alcuni esempi dimostra quanto sia difficile individuare per ogni paese la lista dei sottodomini. Ad esempio per Russia Today, c’è il sito www.rt.com ma anche www.francais.rt.com, l’informazione di Sputnik è accessibile dal dominio principale www.sputniknews.com, ma ha anche diverse versioni per diverse lingue, da www.it.sputniknews.com, www.sputniknews.gr o da www.sputniknewslv.com.
Ancora ieri i siti erano accessibili. Sputnik apriva la sua edizione pomeridiana con le dichiarazioni di Vladimir Putin sul fatto che il «regime filo-nazista ucraino potrebbe in futuro acquisire armi nucleari da puntare sulla Russia».
Da oggi secondo Asstel tutti i principali operatori aderenti all’associazione oscureranno i domini principali presenti nella comunicazione, ma non avendo avuto altre informazioni il rischio è che i contenuti continuino a essere trasmessi.
Al momento la propaganda del Cremlino è stata oscurata in Gran Bretagna e Irlanda, in Grecia e nei paesi dell’est Europa, qui spesso con l’intervento diretto delle autorità di polizia.
Chi blocca e chi sanziona
L’Italia a ora non ha indicato neanche a quale autorità tocchi la vigilanza sul rispetto del blocco della propaganda russa o il monitoraggio dei sottodomini, né chi, in caso di violazioni, debba intervenire con le sanzioni, né che tipo di sanzioni sono previste. Un quadro debole per poter realmente stoppare la propaganda di Vladimir Putin. Con le imprese costrette a chiedere chi eventualmente le dovrebbe punire.
L’Agcom nella sua lettera di risposta del 14 marzo dice di ritenere «utile avviare un costante dialogo tecnico e scambio di informazioni con gli operatori nazionali chiamati all’applicazione del regolamento». E interpellata sulla mancanza di informazioni, dice di essere in attesa che il quadro delle responsabilità venga chiarito, facendo capire che chi lo deve chiarire è il governo.
Intanto Asstel è pronta a inviare l’ennesima lettera alle autorità. Le imprese chiedono con insistenza un intervento per paura di trovarsi a non rispettare le regole europee sulle sanzioni senza esserne consapevoli e magari subire danni reputazionali per aver agevolato la versione del conflitto dell’aggressore.
Sulla scelta di censura decisa dall’Unione europea ci possono essere opinioni divergenti, sul fatto che siamo poco attrezzati per agire tempestivamente e tradurla in realtà meno. Se questa è una prova generale di lotta mirata alla disinformazione, anche se in molti potrebbero non condividere l’idea, non è il massimo della resa.
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