- Le stime elaborate dall’Istituto Cattaneo e riportate in questo articolo servono a dare un’idea del risultato complessivo che ci si può attendere, se si votasse oggi.
- Molti hanno probabilmente sottovalutato l’impatto della componente maggioritaria della legge Rosato, che assegna i seggi in parte con metodo proporzionale in parte in collegi uninominali.
- La competizione sarebbe risultata in salita anche per il “campo largo” immaginato da Enrico Letta, perché difficilmente il Pd e un M5s civilizzato avrebbero potuto aggregare tutte quelle forze e/o attrarre il voto dei rispettivi elettorati. Sarebbe stata però almeno una partita giocabile.
Le stime elaborate dall’Istituto Cattaneo e riportate in questa pagina servono a dare un’idea del risultato complessivo che ci si può attendere, se si votasse oggi, prima che inizi la campagna elettorale, sulla base dei dati attualmente disponibili.
Tutto questo assumendo che la media dei sondaggi pubblicati in luglio misuri correttamente le intenzioni di voto; la coalizione di centrosinistra (quale che siano gli accordi tra i partiti) riesca ad attrarre tutto l’elettorato oggi intenzionato a votare Pd, sinistra, Verdi, Azione, Iv, Di Maio; il risultato delle Europee 2019 (l’unica fonte solida che abbiamo a questo fine) rappresenti un buon indicatore della distribuzione territoriale dei consensi per le tre aree politiche così identificate (centrodestra, centrosinistra, M5s).
Non possono essere prese come una previsione infallibile su quali siano i collegi in cui vincerà il centrosinistra (Cs) o il centrodestra (Cd). La prospettiva che descrivono è tuttavia chiarissima e molto fondata. Il centro-destra otterrebbe una confortevole maggioranza assoluta di seggi in entrambe le camere. Si tratta del resto di un esito già prevedibile da molto tempo, che rischia di risultare o di apparire più netto delle attese solo per effetto di due distorsioni ottiche.
Il Rosatellum
Molti hanno probabilmente sottovalutato l’impatto della componente maggioritaria della legge Rosato (di solito criticata senza un reale motivo) che assegna i seggi in parte con metodo proporzionale in parte in collegi uninominali, essendo quindi, per questo aspetto, simile alla (largamente benvoluta) legge Mattarella.
La sottovalutazione della componente maggioritaria della Rosato è forse dovuta alla circostanza che nel 2018 ne beneficiarono il Cd al nord e il M5s al sud, i due effetti maggioritari si sono compensati nella distribuzione complessiva dei seggi e in molti si sono convinti che il sistema fosse sostanzialmente proporzionale.
La seconda distorsione ottica è stata alimentata da quei media che hanno sovradimensionato (nel 2020, 2021 e 2022, con titoli a piena prima pagina) il significato delle vittorie del centrosinistra alle amministrative nei comuni capoluogo. Risultati che riflettevano, nell’ordine, la maggiore concentrazione di elettori orientati a sinistra nei grandi centri abitati, l’attrattiva personale dei candidati a sindaco, l’astensionismo più consistente tra gli elettori di Cd alle amministrative, soprattutto nelle città in cui i candidati della propria parte erano scarsi e l’esito era prevedibile.
Amministrative e politiche
In realtà, la stessa ragione per cui il Cs è forte alle amministrative lo rende debole alle politiche, laddove per il Cd vale il contrario. Il Cs ha una classe politica ipertrofica, composta anche di stimabili professionisti del settore, con conseguenti diffusi conflitti di ambizione e una concorrenza snervante per mantenere o acquisire incarichi elettivi. Inoltre, ha un elettorato segmentato in famiglie politiche di vecchio e nuovo conio. Naturalmente, i due fenomeni si sposano benissimo.
Le ambizioni in conflitto dei politici di Cs vengono coltivate alimentando la segmentazione dell’elettorato. L’elettorato di Cd ha dimostrato invece di essere abbastanza omogeneo e così distaccato dalle appartenenze di partito da affidarsi prima a Silvio Berlusconi, poi a Matteo Salvini, ora a Giorgia Meloni. Ciascuno di loro ha avuto pochi vincoli nei rispettivi partiti.
Giorgia Meloni meno di tutti perché è a capo di una organizzazione per ora esile e coesa, tanto che ha un problema opposto rispetto ai principali antagonisti. Enrico Letta ha un cospicuo numero di aspiranti parlamentari da deludere (per non parlare di Giuseppe Conte), lei avrà difficoltà a coprire tutte le caselle a sua disposizione con persone quanto meno affidabili. Alle amministrative è più facile ricomporre alleanze anche a geometria variabile, perché tante liste e candidati credibili a sindaco portano consensi. Alle politiche trovare un accordo tra sinistra-sinistra, sinistra-liberale, socialdemocratici, libertari, cattolici democratici, europeisti, euroscettici, atlantisti e anti americani è più complicato, per non fare nomi e cognomi che dividono.
Quindi, la competizione sarebbe risultata in salita anche per il “campo largo” immaginato da Enrico Letta, perché difficilmente il Pd e un M5s civilizzato avrebbero potuto aggregare tutte quelle forze e/o attrarre il voto dei rispettivi elettorati. Sarebbe stata però almeno una partita giocabile. Dal momento in cui Conte ha cambiato registro trasformandosi da leader moderatore in portavoce intransigente, con un colpo solo ha messo in crisi Mario Draghi e regalato una vittoria pressoché certa al centrodestra. Che tutto questo sia avvenuto per la contrarietà all’installazione di un termovalorizzatore a Roma suona surreale.
Evidentemente c’è qualcosa di più e di più profondo. Se si escludono complotti internazionali o un madornale errore di giudizio prodotto dal caldo eccessivo (simile, del resto, a quello di Salvini nell’estate del 2019), rimane l’ipotesi di un deliberato ritorno alle origini. E così sarà, in ogni caso. A questo punto, non solo in campagna elettorale, ma anche durante la prossima legislatura, verranno con tutta probabilità risucchiati nel vortice di una opposizione contro tutti. Messisi ai margini e ridotti drasticamente nel numero, potranno solo puntare sui decibel per provare a farsi sentire. Se Conte vuole evitare in extremis di consegnarsi ad Alessandro Di Battista dovrebbe usare con una speciale astuzia il potere che forse gli resta nella compilazione delle liste.
I leader del centrosinistra possono puntare sul senso di riprovazione verso la brusca interruzione del governo Draghi, assumersi la responsabilità e dunque anche il merito per averlo sostenuto, incorporare la sua agenda in un progetto progressista da opporre al progetto conservatore della destra. Possono lavorare pancia a terra per la “missione impossibile” di vincere o almeno per non perdere in maniera disastrosa (cioè peggiore di quanto dicono le stime del Cattaneo). Diciamo che al momento la seconda opzione è probabile. Se Azione prende la strada della corsa solitaria, tra gli applausi di sollievo di Nicola Fratoianni, non solo molti seggi contendibili vanno a destra. Nella prossima legislatura la destra oltre a una maggioranza bulgara avrà un’opposizione divisa in tre o quattro spezzoni.
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