Gli elementi raccolti hanno consentito di mettere in luce come prima dell'attentato fossero circolate voci secondo le quali la destra eversiva avesse in progetto di colpire il Capoluogo petroniano e come tali notizie avessero raggiunto un numero rilevante di persone, appartenenti alla destra eversiva e, secondo la tesi dell'Accusa, anche esponenti dei servizi informativi
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d’assise di Bologna che ha condannato all’ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti
Il tema delle "premonizioni" della strage del 2 agosto 1980 è stato diffusamente trattato in tutte le sentenze che si sono occupate del grave delitto.
Gli elementi raccolti in merito a questo aspetto hanno consentito di mettere in luce come prima dell’attentato fossero circolate voci secondo le quali la destra eversiva avesse in progetto di colpire il Capoluogo petroniano e come tali notizie avessero raggiunto un numero rilevante di persone, appartenenti alla destra eversiva e, secondo la tesi dell’Accusa, anche esponenti dei servizi informativi.
Il tema di prova assume rilievo, dunque, al fine di attestare la pregressa conoscenza da parte dei servizi informativi dell’imminenza di una strage di vasta risonanza e con essa l’omissione di iniziative volte a prevenirla o ad evitarla.
Alcune anticipazioni sull’imminenza dell’attentato emersero soltanto nel corso dello svolgimento delle indagini sulla strage o nel corso di altri procedimenti penali (si tratta delle dichiarazioni rese da Aldo Del Re, Mauro Ansaldi, Paolo Stroppiana, Maurizio Tramonte e da Mirella Robbio, che verrà in rilievo nel capitolo inerente la responsabilità dell’imputato Piergiorgio Segatel).
In particolare, Jeanne Cogolli, simpatizzante di Terza posizione - che insieme al bolognese Mario Guido Naldi curava la pubblicazione della rivista «Quex», redatta da detenuti politici di destra, tra cui Fabrizio Zani, Mario Tuti e Angelo Izzo - alla fine di luglio del 1980 ricevette dall’amico Massimiliano Fachini la raccomandazione di allontanarsi da Bologna, ove sarebbe accaduto "qualcosa di grosso", con ciò facendo riferimento ad un’azione criminosa di enorme risonanza mediatica, che avrebbe evidentemente esposto ad approfondimenti investigativi gli esponenti della destra eversiva, quale Jeanne Cogolli era.
Ella era in ottimi rapporti con Fachini, per conto del quale distribuiva la rivista «Costruiamo l’azione».
I collaboratori Mauro Ansaldi e Paolo Stroppiana, entrambi di Terza posizione, testimoniarono che Fabrizio Zani disse loro che la Cogolli aveva lasciato Bologna poco prima della strage, su consiglio del Fachini, il quale l’aveva preavvertita dell’imminente attentato.
È poi un fatto che ella si recò in Corsica con Mario Guido Naldi poco prima della strage. Cecilia Loreti, amica di Luigi Ciavardini, il 1 ° agosto 1980 si trovava a Roma e il giorno successivo intendeva recarsi a Venezia con il predetto.
Quest’ultimo, che si trovava a Padova con Fioravanti, Mambro e Cavallini, le telefonò e le disse di non partire "perché vi erano gravi problemi".
Il contenuto della telefonata è stato oggetto di successivi aggiustamenti e di smentite da parte della Loreti, di Ciavardini e della sua fidanzata Elena Venditti, che avrebbe dovuto accompagnare la Loreti a Venezia.
In particolare, Ciavardini sostenne che il differimento del viaggio era stato dettato dalla sopravvenuta necessità per lui di reperire un documento di identità falso. Per contro, si accertò che il 3.8.1980 Ciavardini disponeva di un documento falso, che egli aveva esibito subito dopo un incidente stradale nel quale era restato coinvolto pochi giorni dopo.
Emerse, poi, per voce di Cristiano Fioravanti, in veste di collaborante, che il fratello Valerio era adirato con Ciavardini, a cui imputava di avere imperdonabilmente riferito alla fidanzata alcuni particolari sulla strage, tanto che per un periodo era emerso anche il proposito del gruppo di "eliminare" Ciavardini.
Altre anticipazioni si palesarono addirittura prima della strage e, per forza di cose, sono quelle che hanno incentrato su di sé le maggiori attenzioni.
È il caso delle rivelazioni fatte da Vettore Presilio Luigi al magistrato di sorveglianza di Padova in data 10.7.1980, cui è intrinsecamente connessa anche l’informativa indirizzata al Centro controspionaggio di Bolzano redatta da Amos Spiazzi del 28.7.1980. Vettore, un "camerata" di Padova appartenente alla cellula di Arcella, nel carcere padovano aveva ricevuto le confidenze di un altro detenuto, Roberto Rinani, soggetto legato al gruppo di Ordine Nuovo di quella città. di cui era leader Massimiliano Fachini. Dette rivelazioni vennero poi riferite dal Vettore al dott. Giovanni Tamburino, giudice di Sorveglianza presso il Tribunale di Padova, il quale a sua volta ne mise a conoscenza l’allora colonnello Quintino Spella, ufficiale dei carabinieri e capo del centro SISDE di Padova.
All’udienza del 28.4.2021 il dott. Tamburino ha ricordato come tra il 7 e il 10 luglio 1980 ricevette la notizia dal collega Pietro Calogero che il detenuto Luigi Vettore Presilio voleva parlare con lui oppure con il magistrato di sorveglianza, avendo notizie importanti da riferire.
Tamburino ha premesso che non conosceva tale detenuto, ma concordò con il collega che lo avrebbe sentito.
L’incontro avvenne il 10 luglio 1980 alle ore 16,00 presso il suo ufficio, in presenza dell’avvocato del detenuto, Franco Tosello. TI Vettore gli chiese di non verbalizzare le sue dichiarazioni; ciononostante egli prese alcuni appunti su foglietti che poi conservò e che sono stati poi acquisiti al processo in originale, insieme ad una copia della sua agenda dell’epoca.
L’ex magistrato, dopo avere premesso che Vettore gravitava intorno a gruppi di estrema destra di Padova, ha riferito che parlò con lui di un imminente attentato progettato per assassinare il giudice Stiz di Treviso, il quale si era occupato del processo di Piazza Fontana.
Vettore chiarì al riguardo che esisteva un gruppo di estremisti di destra, con cui egli era in contatto, che era in possesso di divise da carabiniere e di un’Alfetta, che sarebbero state utilizzate per organizzare detto attentato.
Disse di essere legato a tale gruppo di estremisti di destra, in quanto egli spesso partecipava alle manifestazioni di piazza, nel corso delle quali era avvezzo a menare le mani; disse che aveva avuto tale confidenza in quanto i componenti del gruppo si fidavano di lui.
Aggiunse che l’attentato era in fase di avanzata preparazione, nel senso che doveva essere compiuto nel mese di settembre 1980, e che sarebbe stato preceduto da un altro fatto di enorme gravità, «un botto la cui eco avrebbe riempito le prime pagine di tutti i giornali del mondo».
La cosa lasciò perplesso il magistrato, che rivolse altre domande al detenuto al fine di sondarne la credibilità. Vettore ci tenne ad accreditarsi, affermando di avere avuto in passato rapporti di confidenza con alcuni carabinieri, in particolare con tale Sibilia o Scibilia, del quale il detenuto diede indicazioni molto specifiche, e con un altro maresciallo dei carabinieri, tale Norbiato, che egli conosceva.
Tamburino ha chiarito che le dichiarazioni del Vettore relative all’attentato al Giudice Stiz gli parvero estremamente circostanziate, mentre quelle relative all’evento ulteriore più generiche, ma tali da richiedere comunque un intervento immediato.
Alcuni giorni dopo, infatti, egli sentì per telefono il comandante dei Carabinieri di Padova, il tenente colonnello Azzolin, per informarlo di tali confidenze. Poi informò la Procura.
Azzolin gli suggerì che sarebbe stato opportuno rivolgersi ai servizi e gli fece il nome di Quintino Spella, capo del centro SISDE di Padova, che si occupava di attività di prevenzione.
Il teste ha osservato che, anche per le questioni emerse, gli parve logica l’indicazione dei servizi segreti da parte di Azzolin.
Il primo incontro con Azzolin si ebbe il giorno 12.7.1980; poi Azzolin si fece di nuovo vivo con lui martedì 15.7.1980, giorno in cui parlò per la prima volta con Spella, ritenendo possibile che Azzolin si fosse presentato nel suo ufficio insieme a Spella. Il teste ha chiarito che in un primo incontro egli riportò a Spella il contenuto delle rivelazioni fattegli da Vettore.
Il giorno 16.7.1980 conferì con il mar. Norbiato, circostanza che non ricordava, ma ricavava dagli appunti contenuti sulla sua agenda.
Il sabato 19.7.1980 vi fu un altro incontro con Spella. Dai suoi appunti il testimone ha desunto che quel giorno Spella lo informò che Vettore era elemento di "attendibilità non verificata" e, peraltro, con rapporti di familiarità, da venticinque anni, con tale Sibilia o Scibilia, appartenente ai Carabinieri; riferì, inoltre, che Vettore aveva collaborato fornendo informazioni sul terrorista Franco Freda e che era stato perso di vista da due mesi (forse perché era stato detenuto).
Il 22.7.1980 vi fu un ulteriore incontro con Spella. Sempre dai suoi appunti il testimone ha constatato che in tale occasione appuntò le parole "Spella propone ... ", con un successivo asterisco che richiama l’annotazione posteriore sulla collaborazione. Probabilmente, ha riferito, si trattava di una proposta per favorire Vettore sul piano giudiziario. Vettore aveva espresso il desiderio, per esigenze personali, che il suo processo di appello fosse rapido.
Dopo la strage, il 6 agosto 1980, il teste ha ricordato che i magistrati di Bologna si recarono a Padova e lui ebbe modo di incontrarli; seppe in seguito che Vettore aveva confermato loro ciò che aveva riferito a lui.
Lo stesso giorno 6 agosto alle 12,35 rivide Spella. Il teste ha spiegato che probabilmente fu Spella a recarsi presso il suo ufficio, anche perché lui non aveva un suo recapito telefonico. Dai suoi appunti emergono le seguenti notazioni: "fatto Bologna"; "sfruttare quel soggetto (cioè Vettore Presilio) per le indagini in corso .... Abbiamo sempre (sic) collaborato ... adesso conosciuto quel soggetto ... se vuole con me altrimenti mi metto da parte".
Come spiegato dal teste, dopo l’accaduto, Spella si presentò da lui per commentare i gravi fatti di Bologna, mettendoli in relazione alle dichiarazioni di Vettore Presilio.
L’intento manifestato da Spella fu quello di avvalersi della fonte Vettore Presilio nel corso delle indagini sulla strage. Tuttavia, l’affermazione che Spella fece (’’abbiamo sempre collaborato") lasciò perplesso il giudice, perché venne detta dopo la strage e non prima che avvenisse ("In qualche modo quasi mi sconcertò. Dico: ma come, se avete avuto, lei ha avuto queste informazioni prima, insomma, e adesso viene a dire che abbiamo sempre collaborato? Insomma, mi sembrò una contraddizione rispetto a ciò che era accaduto, posto che, appunto, io ritenevo che ci fosse un legame tra quello che aveva detto il Vettore e l’enorme fatto che poi si era realizzato qui a Bologna").
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