Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dal 29 luglio è iniziata la prima serie dedicata alla sentenza della corte d'assise di Bologna che ha condannato all'ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna e ha squarciato il velo su alcuni mandanti.


La sfilza di attentati dinamitardi del 1969 è lunghissima e inizia già il primo gennaio con attentati a Padova, dove Ordine Nuovo nel 1967 si è riorganizzato, unificando i gruppi del Triveneto. Tutti gli attentati sono caratterizzati da ambiguità quanto alla matrice apparente, in linea con la strategia di cui si è detto prima. Di regola si trascurano tutti gli attentati precedenti e concomitanti, realizzati in altri luoghi, e si inizia dall'attentato del 15 aprile che distrugge lo studio del rettore dell'Università di Padova, ex partigiano.

La sequela di attentati consumati nel corso del 1969 è minuziosamente descritta e ricostruita nella sentenza della Corte d'assise di Milano che nel 2001 giudicò e condannò gli imputati Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi e Martino Siciliano oltre al reo confesso Carlo Digilio per la strage di Piazza Fontana. La sentenza della Corte milanese del 30 giugno 2001, come è noto, fu successivamente riformata per "incompletezza" della prova (peraltro successivamente integrata a seguito delle indagini per la strage di Brescia). Nondimeno anche le sentenze di assoluzione della Corte di appello di Milano (2004) e della Corte di cassazione (2005) fissano definitivamente il quadro storico in cui la strage di piazza Fontana si colloca e le responsabilità per la serie di attentati che la precedettero. La Corte di assise di Milano li ricostruisce minuziosamente e analiticamente, prendendo spunto dalle sentenze delle Corti di Catanzaro che avevano riconosciuto responsabili di quegli attentati gli imputati per piazza Fontana Freda e Ventura che alla fine furono assolti, come accadrà per Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni. Sta di fatto che il complesso delle sentenze pronunciate su Piazza Fontana e sugli attentati del 1969 - sui quali la Corte di primo grado milanese si diffonde al duplice scopo di dimostrare l'unica matrice di tutti gli attentati del 1969 al Nord e a Roma e riscontrare le dichiarazioni dei nuovi collaboratori Siciliano e Digilio, accusatori di Maggi, Zorzi e Rognoni, in un processo che si giocava tutto sulla loro attendibilità,

asseritamente al termine dei processi non pienamente riscontrata, benché si appurerà in seguito che quelle testimonianze fossero genuine, attendibili e pienamente riscontrate - provano che la destra riunita intorno ad Ordine Nuovo con i suoi legami all'interno del mondo descritto partendo dal convegno del Pallio, era passata all'azione nell'attuare la strategia della guerra controrivoluzionaria. Le oltre Sessanta pagine della sentenza sul punto meritano uno specifico richiamo, il più possibile sintetico. Esse costituiscono il quadro definitivo anche sul piano storico di quella che fu l'attuazione concreta della strategia della tensione che in quell'ambiente e contesto trovò alimento e attuazione, pur essendo rimasta la strage senza colpevoli tra i mandanti e gli esecutori se si esclude il Digilio che alla fine finì per ammettere le sue responsabilità.

La Corte d'assise milanese muove dall'assunto che riuscirà a provare pienamente con l'avallo per questa parte della Corte di appello e della Corte di cassazione che riconosceranno come Freda e Ventura sono, sia pure solo in una prospettiva storica e morale, responsabili della strage di piazza Fontana, che il gruppo criminale che propugnò ed attuò dal 1966 al 1975 la strategia eversiva diretta a sovvertire le istituzioni democratiche si muoveva all'interno del gruppo di Ordine Nuovo.

Afferma la Corte che in forza degli accertamenti compiuti nel processo con il formidabile supporto della sentenza di primo grado della Corte di assise di primo grado di Catanzaro – le cui conclusioni anche per piazza Fontana risultarono infine fondate, sia pure con riconoscimento postumo - per tutti gli attentati del 1969 loro attribuiti, Freda e Ventura a Padova, Maggi e Digilio a Venezia, Zorzi a Mestre, Rognoni a Milano "costituirono il nucleo di militanti che, nell'ambito dell'associazione criminale definibile ON, in quegli anni propugnò ed attuò una strategia di eversione dell'ordine costituzionale attraverso la realizzazione di attentati terroristici.

Le sentenze definitive pronunciate a carico di alcuni degli esponenti di destra qui individuati, nonché gli elementi probatori ulteriormente acquisiti in questo dibattimento, hanno consentito di ricostruire in modo inconfutabile l'esistenza di un gruppo criminale che, a partire dalla fine del 1968 (pur con episodi prodromici collocati negli anni immediatamente precedenti), definì ed attuò la cosiddetta strategia della tensione, teorizzò cioè la necessità storica, per un sodalizio di ispirazione neofascista, di compiere attentati terroristici finalizzati a provocare nel nostro Paese una condizione di tensione sociale (anche mediante l'attribuzione di quelle azioni ad organizzazioni della sinistra extraparlamentare od anarchiche) che determinasse una situazione di emergenza istituzionale e consentisse il sovvertimento delle istituzioni democratiche da parte di forze golpiste".

Prosegue la Corte osservando come fosse "accertata l'adesione a questo progetto criminale di un ristretto gruppo di persone con fanzioni organizzative dell'attività terroristica, ma molti altri militanti della destra contribuirono, più o meno consapevolmente, alla realizzazione della descritta strategia. eversiva, attraverso la partecipazione a singoli attentati e a riunioni nelle quali furono discusse le prospettive politiche dell'organizzazione ordinovista, l'approvvigionamento di armi ed esplosivi, il favoreggiamento di alcuni esponenti dell'associazione"_

Nel processo l'interesse per il sodalizio criminale ordinovista era limitato ai personaggi ai quali era contestato il concorso nella strage di piazza Fon tana ma la Corte ha cura di ribadire che molti altri militanti assunsero ruoli nella descritta strategia eversiva.

Coloro per i quali vi era già stato un accertamento giudiziario definitivo per avere costituito un'associazione sovversiva che si era resa responsabile di molti degli attentati del 1969 erano in particolare Freda e Ventura, condannati con sentenza definitiva per il reato associativo oltre che per gli attentati di seguito descritti.

Primo episodio. L'attentato al Rettorato di Padova.

Di questo episodio del 15 aprile si occupò specificamente la Corte d'assise di Catanzaro nella sentenza 23.2.1979. Il fatto era contestato a Freda, Ventura, Pozzan (capo C) e a Giannettini (capo B). La vicenda è ricostruita nella motivazione. li danno fu ingente e non vi furono vittime solo perché la bomba scoppiò quando al rettorato non c'era nessuno (ore 22,45). Freda e Ventura aderivano al progetto eversivo elaborato ed attuato in collaborazione con i veneziani Maggi e Digilio, il mestrino Zorzi, il milanese Rognoni (dall'estate 1969) e con la collaborazione, per quanto riguarda Padova, di Fachini, Casalini, Ivano Toniolo, Aldo Trinco e Pozzan). La Corte ricorda le condanne di Maggi e Digilio per ricostituzione del partito fascista e come l'assoluzione di Zorzi fosse rivalutabile sul piano storico dalle nuove prove emerse nel processo (Digilio, Siciliano, Battiston, Dedemo, Vinciguerra, lzzo, Tramonte). La Corte di assise afferma che "Maggi ebbe un ruolo ancora più significativo e temporalmente esteso, agendo in tutta la seconda metà degli anni' 60 per la preparazione ed attuazione delle condizioni che consentissero un mutamento violento delle istituzioni democratiche. Nell'anno 1969 questa strategia si concretizzò attraverso la realizzazione di attentati rispetto ai quali Maggi e Digilio assunsero un ruolo defilato quanto all'esecuzione, ma fondamentale nella fase di organizzazione e predisposizione dei mezzi e delle persone necessarie per la realizzazione delle azioni".

Nel corso del dibattimento Zorzi era stato individuato in termini univoci come colui che, nell'ambito mestrino, sostenne la strategia stragista elaborata dal nucleo di esponenti ordinovisti veneto. Fu l'ispiratore - secondo la Corte - della politica eversiva propugnata nell'ambito ordinovista mestrino in piena comunanza di intenti con Maggi. Confermata dai testi del processo milanese la leadership di Zorzi nel gruppo e la disponibilità di armi ed esplosivi. Giancarlo Rognoni era stato invece indicato da numerosi testimoni come l'ispiratore del gruppo milanese La Fenice, il sodalizio che in quell'area territoriale propugnò l'ideologia ordinovista e attuò la strategia eversiva tra la fine degli anni '60 e la prima metà degli anni '70. Nel 1969 Rognoni era un esponente dell'MSI a Milano, a capo di un gruppo di militanti che all'interno del partito sostenevano posizioni politiche vicine al Centro studi ON. La Corte milanese accerta, infine, i rapporti di Maggi, Zorzi e Digilio con i padovani Freda, Fachini e Ventura che ebbero inizio nel 1968 e con Rognoni nell'estate del 1969. Secondo episodio. L'assalto al Municipio di Padova.

Questo episodio, di qualche giorno successivo, rappresenta un significativo riscontro al rapporto politico esistente in quegli anni tra le cellule padovane facenti capo a Freda e Fachini e gli altri gruppi di estrema destra del Veneto, costituendo altresì un momento esemplificativo della strategia attuata da quell'area politica.

La vicenda è stata ricostruita con l'ausilio dei nuovi collaboratori di giustizia e conferma la determinazione del gruppo terrorista veneto che in alcuni suoi esponenti fu coinvolto nella strage del 2 agosto, venendone assolti per insufficienza del quadro probatorio. Personaggi e organizzazioni, chiamati in causa in tutte le vicende degli anni Settanta e che hanno tenuto

costanti rapporti con i gruppi romani, partecipando dei progetti cui abbiamo accennato, costituendo la base operativa dei nuclei occulti che hanno fatto ricorso alle stragi per indirizzare il corso politico del Paese.

La sentenza milanese ricostruisce accuratamente questo episodio" minore" per ciò che esso significa in termini di attentati agli istituti della democrazia rappresentativa. Per il gruppo Freda la manifestazione al Municipio rappresentava una vera e propria provocazione con l'uso di armi e la disponibilità di esplosivi. Per la Corte milanese l'episodio è in linea con il progetto eversivo già all'epoca in atto.

Terzo episodio. Gli attentati milanesi alla Fiera e all'Ufficio cambi.

Se ne occupò la Corte di assise di Catanzaro, che ritenne Freda e Ventura responsabili dell'attentato; giudizio confermato in appello. La Corte milanese indica altre fonti e svolge una ricostruzione con maggiori dettagli. Osserva la Corte che "con riferimento ai due episodi dell'aprile 1969, è interessante notare che, a distanza di 10 giorni, Freda e Ventura realizzarono due attentati evidentemente dimostrativi, ma le cui conseguenze furono comunque significative, atteso che nei fatti milanesi rimasero ferite 20 persone. Inoltre, non può ignorarsi che, se l'azione al Rettorato fu compiuta nella città di Padova, con quelle del 25 aprile i terroristi veneti iniziarono la strategia di diffusione nel territorio nazionale della loro presenza eversiva, proseguita nei successivi attentati del 12 maggio. "

Quarto episodio. Gli attentati al Palazzo di Giustizia di Torino, alla Corte di Cassazione e alla Procura della Repubblica di Roma.

Anche questi furono episodi esaminati dalla Corte di assise di Catanzaro in quanto contestati, a Freda, Ventura, Pozzan e Giannettini. Si trattò di ordigni rinvenuti inesplosi tra maggio e ottobre. La loro capacità era letale. La Corte di primo grado ritenne Preda e Ventura responsabili dell'attentato, affermazione di colpevolezza confermata anche in appello e divenuta accertamento definitivo. Con riferimento agli attentati del 15 aprile, del 25 aprile e del 12 maggio, "quel giudice rilevò alcune caratteristiche che consentivano di considerarli espressione di una prima serie di azioni aventi analoghe caratteristiche tecniche".

Quinto episodio. L'attentato all'Ufficio istruzione del Tribunale di Milano.

Anche di questo episodio del 24 luglio si occupò specificamente la Corte d'assise di Catanzaro nella sentenza 23.2.1979, essendo stato contestato il delitto a Freda, Ventura, Pozzan e Giannettini. La Corte di Catanzaro descrisse dettagliatamente l'attentato sul piano tecnico e ritenne Freda e Ventura responsabili dell'attentato, decisione confermata anche in appello e divenuta definitiva.

Nel processo milanese le fonti di prova si accrescono; da un lato confermano la precedente ricostruzione e dall'altro aggiungono dettagli inquadrando l'episodio nell'ambito dell'iniziativa eversiva condotta dai gruppi ordinovisti veneti, in collaborazione tra loro.

L'episodio serve alla Corte milanese per verificare accuratamente l'attendibilità del collaboratore Carlo Digilio.

Sesto episodio. Attentato al Palazzo della Regione di Trento.

L'episodio viene ricostruito direttamente dalla Corte milanese ed attribuito al gruppo eversivo veneto. La Corte milanese ricostruisce l'episodio in via incidentale sulla base di nuove testimonianze che indicavano in Marcello Soffiati uno degli autori. Secondo la ricostruzione della Corte, l'attentato si verificò nel 1969 in un periodo in cui Soffiati sviluppava intensi rapporti con Maggi e Digilio di Venezia e con una persona che aveva un'edicola a Bolzano; costoro erano tutti iscritti ad ON, ma quando il movimento di Rauti fu sciolto non rientrarono nel MSI, si svolsero quindi in epoca precedente al rientro di ON nel partito, cioè nel 1969.

© Riproduzione riservata