Uno dei filoni d’indagine riguarda le infiltrazioni dei clan di mafia nell’ultima competizione elettorale in Liguria, dietro al boom elettorale della lista Cambiamo! ci sarebbe l’attivismo di soggetti legati al clan Cammarata
Mazzette e mafia in Liguria. Questa volta tra gli arrestati, finito ai domiciliari, c’è anche Giovanni Toti, il presidente della regione, accusato anche di corruzione elettorale. Uno dei filoni d’indagine riguarda le infiltrazioni dei clan di mafia nell’ultima competizione elettorale in Liguria, dietro al boom elettorale della lista Cambiamo! ci sarebbe l’attivismo di soggetti legati al clan Cammarata, con feudo a Riesi, in provincia di Caltanissetta.
Insieme a Toti è indagato pure il suo capo gabinetto, Matteo Cozzani, al quale viene contestata anche l’aggravante mafiosa, avrebbe promesso posti di lavoro in cambio di pacchetti di voti. Nel 2020 alle regionali, Toti aveva ottenuto con la sua lista, il 22 per cento di consensi, superando i partiti storici del centrodestra, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia.
Un successo che avrebbe avuto anche l’apporto della criminalità organizzata che avrebbe fatto convogliare voti, almeno 400, verso Toti e il candidato consigliere, poi eletto, Stefano Anzalone, anche quest’ultimo indagato. Un ruolo lo avrebbe avuto anche un sindacalista della Cgil, Venanzio Maurici, indagato e considerato referente del clan di mafia a Genova.
Con Forza Italia
Le infiltrazioni della mafia nelle regionali coinvolgono anche altri esponenti politici, in particolare due fratelli, dirigenti di Forza Italia e ora sospesi dal partito, si tratta di Arturo Angelo Testa e Italo Maurizio Testa. Sono molto vicini al coordinatore regionale del partito azzurro, Alessandro Sorte, che fa parte della corrente di Marta Fascina, compagna di Silvio Berlusconi. Era proprio Sorte, non indagato, a suggerire a Cozzani di coinvolgere Testa nelle elezioni perché in grado di coinvolgere la comunità riesina a Genova che vale quasi 500 voti. I fratelli sono accusati del reato di corruzione elettorale aggravato dall’aver agevolato la mafia, segnatamente il clan Cammarata. Nelle carte però emergono anche personaggi collegati alla ‘ndrangheta, che in questo territorio la fa da padrone.
I Testa, insieme al fedelissimo di Toti, avrebbero promesso posti di lavoro, un alloggio di edilizia popolare in cambio dei voti da indirizzare a Toti e al candidato Anzalone. Durante le trattative di avvicinamento con i Testa in vista della possibile candidatura, Cozzani non manca di riferire una qualche preoccupazione mentre ride al telefono: «Me ne frega soltanto che un bel giorno....una mattina non vorrei trovarmi la Dia (direzione investigativa antimafia, ndr) in ufficio».
Aveva sbagliato solo polizia giudiziaria, alla fine nel suo ufficio per arrestarlo è arrivata la guardia di finanza. Testa non sarà candidato non per le preoccupazioni sulle possibili frequentazioni, ma per la foto di un un saluto romano in occasione di una visita a Predappio davanti al busto del duce. La mancata candidatura non lo preoccupa, «Entreremo dalla finestra». Gli inquirenti monitorano anche una cena elettorale organizzata dai fratelli Testa nella quale si sarebbe consumato l’accordo corruttivo, un patto che si realizza pienamente dopo il successo elettorale.
Un sistema Liguria, dove da tempo la mafia è stanziale e controlla amministrazioni pubbliche e incide sugli esiti elettorali.
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