L’industria delle sex doll evolve grazie all’intelligenza artificiale, tra promesse di compagnia e dilemmi etici sempre più attuali. Ecco il progetto (molto concreto) di un’azienda cinese
C’è un’azienda a Shenzhen, in Cina, che sta lavorando a una nuova generazione di bambole del sesso. Ma non si tratta solo di migliorare materiali o dettagli estetici. L’obiettivo è un altro: integrare l’intelligenza artificiale generativa – simile a quella di ChatGpt – per creare compagne o compagni capaci di parlare, reagire e creare legami.
Il confine tra erotismo, compagnia e simulazione affettiva si fa sempre più sottile. Sembra una puntata di Black Mirror, ma è tutto vero: e soprattutto, si integra con altri temi di grande attualità, come la presenza sempre più massiccia della tecnologia e l’incapacità di stringere legami affettivi.
Già oggi esistono chatbot sempre più potenti, attraverso i quali si può fingere di conversare con una ragazza virtuale. È una nuova frontiera della pornografia virtuale, che però rischia ora di diventare sempre più fisica, anche se altrettanto artificiale.
Il progetto
L’azienda che ci sta lavorando si chiama Starpery Technology ed è già tra i maggiori produttori cinesi di bambole del sesso. Il suo prossimo obiettivo è appunto quello di sfruttare le nuove frontiere dell’intelligenza artificiale per creare compagni interattivi, in grado di parlare, reagire e, in un certo senso, simulare una reazione affettiva (perdendosi ovviamente tutto ciò che rende vivo e reale un rapporto fra due esseri umani).
Evan Lee, che è a capo dell’azienda, in alcune interviste delle ultime settimane ha dichiarato che l’azienda sta addestrando un proprio modello linguistico di grandi dimensioni (sulla scia di ChatGpt) per dotare le bambole di capacità conversazionali.
L’uscita dei primi prototipi disponibili sia in versione femminile sia maschile è prevista per agosto di quest’anno. Non si tratta solo di rispondere a comandi vocali preimpostati, come accade nei modelli attuali: le n
uove bambole sarann o progettate per interagire in modo fluido e sensi bile, grazie a sensori e motori che le renderanno capaci di muoversi, reagire e persino anticipare i d esideri degli utenti.Il dubbio etico
Il dilemma etico è essenzialmente questo: non c’è il rischio di sostituire uno degli aspetti che ci rende più vivi e più umani, chiedendo agli algoritmi di sostituire la natura? O peggio ancora: dando ai giocattoli erotici un aspetto umano, anche nella simulazione dell’intelligenza, non c’è poi il rischio di confondere le menti più fragili? Fino a convincere che il sesso sia tutto qui, e che ci sia una parte che domina l’altra come se fosse l’uso di un oggetto. Senza più bisogno del consenso.
A complicare il dilemma c’è però anche l’altro lato della medaglia: ci sono persone sole che non possono vivere la loro sessualità, e che non hanno alcuna possibilità di rientrare in un circuito normale fatto di rapporti umani. Sono gli invisibili che poi magari alimentano lo sfruttamento della prostituzione. Per loro non è forse meglio una bambola artificiale?
E non è nemmeno tutto. Perché nelle ambizioni di alcune aziende del settore c’è il desiderio di aumentare il proprio mercato. Ovvero, di non limitarsi più solo a chi cerca la soddisfazione sessuale, ma anche a chi vuole semplicemente un po’ di compagnia. Qualcosa di molto più simile a una badante virtuale che a una bambola sessuale.
A questo punto, il salto logico è subito fatto, anche se ovviamente nessuna azienda ha finora mai affermato nulla del genere. Quale sarà il passo successivo? Qualcuno penserà forse, prima o poi, a progettare figli virtuali, cloni digitali da accendere e spegnere a piacere? Un proprio robot che abbia il solo scopo di liberarsi la coscienza, da mandare a un genitore anziano lasciato solo?
Questioni aperte
Il dilemma etico è sempre in sottofondo quando si toccano questi discorsi di progresso tecnologico estremo. Allo stesso tempo, ci sono questioni tecniche comunque interessanti. La simulazione di un’interazione umana credibile resta problematica.
Se infatti programmare dialoghi semplici è relativamente facile, ottenere risposte davvero personalizzate e coerenti nel tempo richiede uno sforzo ingegneristico complesso (oltre a costi, infrastrutture, server e pure questioni di cybersicurezza, vista la sensibilità del tema).
Le bambole tradizionali, dotate di scheletro metallico e rivestimento in silicone, sono oggi in grado solo di emettere frasi preimpostate. Quelle che Starpery sta sviluppando mirano invece a superare il confine tra oggetto e “partner simulato”: solo così si riuscirà poi ad arrivare a un utilizzo che vada oltre il solo ambito sessuale, verso una forma di compagnia personalizzata.
Il tentativo di Starpery è di progettare anche il software, per creare un ecosistema chiuso e ottimizzato, a metà tra la bambola e l’assistente virtuale. Ci sono poi molti altri progetti simili, in quella che sta diventando una corsa a creare l’umanoide più intelligente, anche quando lo scopo dichiarato non è più il sesso, o non solo quello.
Questa forse non sarà la fine dell’umanità, ma quanto meno sembra un modo per progettare forme di intimità sempre più ibride. Le serie tv distopiche ci hanno abituato a pensare che tutto questo può avere effetti disastrosi. Nei libri di fantascienza, come nei miti, non è mai finita bene quando un uomo si è immaginato come una divinità. Il problema è che qui il confine fra realtà e finizione è sempre più confuso.
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