- Stiamo andando dritti incontro a una recessione visto che perfino Alphabet (la casa di Google e Youtube) segnala che i profitti hanno subito nell’ultimo trimestre un forte calo rispetto a come un anno fa andavano le cose.
- Pur condividendo lo stesso clima, non tutte le Big Tech americane hanno gli stessi guai. Alphabet rallenta il tasso di profitto, Meta si dibatte fra la vecchiezza di Facebook e Instagram e il vuoto del Metaverso.
- In questo panorama stanno per arrivare i fuochi d’artificio del Twitter che Musk comprato al quintuplo del valore di Borsa. Per cui dovrà inventarsi per forza cose nuove.
La pubblicità preserva gli oligopoli dominanti perché sequestra l’attenzione della gente e rende arduo l’ingresso di nuovi concorrenti che per farsi sotto e rendersi visibili dovrebbero in partenza investire un mucchio di quattrini.
Ma quando l’economia batte la fiacca e i consumi pare che declinino è improbabile che concorrenti nuovi siano tentati dall’affacciarsi sul mercato e quindi l’arrivo della congiuntura negativa è preannunciato, immancabilmente, dal taglio delle spese pubblicitarie che, per converso, schizzeranno all’insù non appena le vacche grasse appariranno all’orizzonte.
Se questo è il legame che sussiste fra gli andamenti della pubblicità e dell’economia, stiamo andando dritti incontro a una recessione visto che perfino Alphabet (la casa di Google e Youtube) segnala che i profitti hanno subito nell’ultimo trimestre un forte calo rispetto a come un anno fa andavano le cose.
I settori che hanno più lestamente ritirato i remi in barca sono le assicurazioni, i prestiti e i mutui, ovvero quelli che commerciano denaro e sono più reattivi alla spirale dei tassi d’inflazione e d’interessi. A questi s’è aggiunta l’esplosione di alcune bolle di consumo come quella delle monete cripto, ridotte a leccarsi le ferite, insieme a una riduzione della richiesta di piattaforme di gioco di cui il lock down aveva ingigantito le fortune.
Alphabet e Meta, crisi diverse
Certo, pur condividendo lo stesso clima, non tutte le Big Tech americane hanno gli stessi guai. Alphabet rallenta il tasso di profitto, ma ha comunque un modello di business solido e senza forzature che le ha riempito e ancora riempirà i forzieri di denaro. Così attraverserà la congiuntura rispondendo alle richieste di soccorso che proverranno da un nugolo di aziende a corto di denaro per farne shopping e sviluppare in futuro i propri affari.
Senza pretendere di vedere dall’interno le priorità di Alphabet, saremmo pronti a scommettere che punterà a scegliere fra le tante start up intente a sfornare intelligenze artificiali per inserirle in una propria offerta di sistema che andrà dalle traduzioni istantanee all’insegnamento della musica, dall’ottimizzazione delle fonti di calore alla consulenza in ogni campo del sapere.
Per non dire che le intelligence artificiali, rese via via più sveglie dal cosiddetto machine learning, che sarebbe il discernimento meccanico di tutto ciò che si vede, ascolta e scrive, s’apprestano a divenire le principali fonti di prodotto nel mondo della comunicazione prossimo futuro.
Per Meta la faccenda è differente. La compagnia di Facebook, Instagram e Metaverso (tuttora vuoto quanto costoso da allestire) soffre dell’avversa congiuntura degli investimenti pubblicitari, ma ancor più: 1) della crisi del modello di social-business basato sull’enfatizzazione, sugli spam robot e sui pazzi da legare che ha come unico scopo di trattenere e rivendere il tempo dell’utente, altro che mettere in contatto ognuno con chiunque, come proclama il motto della casa; 2) l’affermazione di Tiktok il cui algoritmo sta a quelli di Facebook e Instagram come un razzo rispetto ai locomotori.
Il turbo-Twitter a venire di Musk
In questo panorama stanno per arrivare i fuochi d’artificio del Twitter che Musk alla fine s’è dovuto comprare al quintuplo del valore secondo gli indici di Borsa. Per forza di cose s’avanzerà da questa sponda un modello di business a entrate miste fatto di sottoscrizioni e pubblicità, né emulo delle stelle cadenti di Meta né tentato dall’inseguire Tiktok sul suo terreno. Musk è tenuto, in altri termini, a spingere verso cose nuove.
Molti si preoccupano dell’arrivo nei social di un turbo miliardario dotato, per di più, del sistema satellitare Star Link. Ma i turbo miliardi garantiti da piattaforme tecniche proprietarie e non pubbliche sono da tempo la regola del web. E piuttosto che spaventarsi del potere di comunicazione del tycoon, sarebbe consigliabile accelerare i tempi per la riforma, a colpi di tecnica e di leggi, della proprietà dei dati degli utenti.
Perché solo se questi usciranno dai server delle piattaforme e verranno gestiti commercialmente dagli utenti medesimi che li generano, si porranno le basi di un sistema di social e servi-padroni artificiali in cui un nuovo concorrente possa farsi sotto in ogni momento a rompere le scatole a chi domina.
Stiamo andando dritti incontro a una recessione visto che perfino Alphabet (la casa di Google e Youtube) segnala che i profitti hanno subito nell’ultimo trimestre un forte calo rispetto a come un anno fa andavano le cose.
Pur condividendo lo stesso clima, non tutte le Big Tech americane hanno gli stessi guai. Alphabet rallenta il tasso di profitto, Meta si dibatte fra la vecchiezza di Facebook e Instagram e il vuoto del Metaverso. In questo panorama stanno per arrivare i fuochi d’artificio del Twitter che Musk comprato al quintuplo del valore di Borsa. Per cui dovrà inventarsi per forza cose nuove.
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