- La crisi di Facebook e gli scricchiolii di Instagram stanno andando a tutto vantaggio di TikTok, che promuove un uso passivo e libera gli utenti da ogni pressione.
- È una fuga dal “collasso dei contesti”, che sui social network più grandi ci obbliga a presentarci allo stesso modo a una platea troppo differenziata.
- Le comunicazioni digitali oggi avvengono al di fuori della pubblica piazza dei social, nei gruppi privati di Whatsapp e Telegram e nei canali per appassionati di Discord.
Lo scorso febbraio Facebook ha fatto registrare per la prima volta nella sua storia una diminuzione nel numero complessivo di utenti (scesi di circa 50 milioni). Un calo ridotto, ma che ha comunque segnato la fine dell’espansione globale e inarrestabile del social network fondato da Mark Zuckerberg.
Per molti versi, era inevitabile: Facebook vanta 2,9 miliardi di utenti su 4,6 miliardi di persone connesse a internet nel mondo. È quindi riuscito nella straordinaria impresa di esaurire (o quasi) gli abitanti della Terra che è possibile raggiungere.
La crisi
Altri aspetti legati a questo declino sono meno lusinghieri. Facebook è ormai considerato dai giovanissimi un social “per vecchi” e i numeri degli Stati Uniti (ma la situazione è simile anche in Europa occidentale) lo dimostrano: gli adolescenti presenti su Facebook sono scesi del 13 per cento negli ultimi due anni e si prevede che caleranno di un ulteriore 45 per cento da qui al 2023.
Nello stesso lasso di tempo, anche gli utenti tra i 20 e i 30 anni scenderanno del 4 per cento: «La maggior parte dei giovani adulti percepisce Facebook come un luogo per persone tra i 40 e i 50 anni», aveva spiegato il chief product officer Chris Cox durante una presentazione interna del marzo 2021.
Anche Instagram
Fin qui, niente di nuovo. Quello che potrebbe invece sorprendere è che anche Instagram sta iniziando a mostrare qualche scricchiolio: un documento interno – rivelato nell’ambito dei Facebook Papers – ha mostrato come la quantità di contenuti postata dagli adolescenti su Instagram sia scesa del 13 per cento nel giro di un solo anno. Una cifra che, sempre nel documento, viene considerato “il trend più preoccupante” dai dirigenti di Meta (la società proprietaria di Facebook, Instagram e Whatsapp).
Gli stessi segnali si vedono anche in Europa. Una recentissima ricerca della società di analisi YPulse mostra come solo il 16 per cento degli appartenenti alla Generazione Z (tra i 10 e i 25 anni) consideri Instagram un social “divertente” e ben il 24 per cento lo reputi “fasullo” (tra i millennials la reputazione del social network fotografico è invece molto migliore).
Tutti su TikTok
Questa tendenza va ovviamente a tutto vantaggio di TikTok: la piattaforma cinese ha infatti superato il miliardo di utenti, di cui due terzi appartengono alla Gen Z, ed è considerata “divertente” dal 38 per cento dei giovanissimi, una percentuale più che doppia rispetto a Instagram.
E in effetti, i dati della società Statista mostrano come TikTok venga usato in media per dieci ore alla settimana dai suoi utenti, contro le cinque di Instagram e le tre di Facebook. Ma se l’impero social di Mark Zuckerberg sta perdendo colpi, quali sono le ragioni?
Social passivi
Da una parte, c’è l’inevitabile stanchezza nei confronti dei social network più datati in un settore che si muove molto rapidamente (a cui si aggiungono gli scandali che hanno coinvolto soprattutto Facebook, diventato un marchio sempre meno attraente).
Osservando più attentamente l’evoluzione dei social da Facebook a TikTok, si nota però qualcos’altro: nel tempo, la funzione di queste piattaforme è radicalmente cambiata.
Facebook è infatti il luogo in cui “stringiamo amicizia” con gli altri utenti: nasce per scambiare con loro opinioni e condividere foto e video della nostra vita privata. È una piattaforma pensata principalmente per un uso attivo, in cui tutti postiamo contenuti di ogni tipo.
Con Instagram le cose hanno iniziato a cambiare: non si stringe più amicizia con gli utenti, ma si seguono quelli che ci interessano. La relazione, quindi, non è più reciproca. Su questo social network (nato nel 2010, sei anni dopo Facebook) non si è amici, ma follower.
Di conseguenza, è qui che iniziano a giocare un ruolo sempre più importante gli influencer e dove diventa normale anche un uso passivo della piattaforma, utilizzata da molti utenti principalmente per seguire le celebrità e i creativi preferiti (ma anche artisti, musicisti, divulgatori, marchi ecc.), senza avvertire la necessità di pubblicare per forza qualcosa.
Con TikTok, l’utilizzo passivo raggiunge il suo apice. La maggior parte degli utenti si limita infatti a passare da un video all’altro (prodotti da “creator” e aspiranti tali) affidandosi principalmente alla selezione dell’algoritmo.
Ritorno al passato
Come ha scritto Ben Smith sul New York Times, «TikTok mette in mostra un flusso ininterrotto di video e, a differenza dei social media che sta rapidamente sostituendo, ha una funzione più di intrattenimento che di connessione con gli amici».
Dopo aver in parte rimpiazzato la televisione come mezzo d’intrattenimento di base, i social network sembrano star facendo il giro, diventando a loro volta uno strumento di fruizione passiva. Non più, quindi, “da molti verso molti”, ma da uno (il creator) verso molti (gli utenti).
Perché questa evoluzione, che per molti versi sembra un ritorno al passato? Dopo tutti questi anni trascorsi a vedere le foto delle vacanze e dei matrimoni degli “amici”, ci siamo forse resi conto che non era poi così interessante?
Il “collasso dei contesti”
In verità, c’è una ragione più complessa che spiega questo cambiamento. Sono ormai passati più di cinque anni da quando Facebook si è accorto per la prima volta che i suoi utenti condividevano sempre meno contenuti personali (opinioni, fotografie, ricordi).
Le analisi condotte dal social network individuarono la causa in un fenomeno che da allora è noto come “collasso dei contesti”. È una definizione che indica come su Facebook si fondano contesti molto differenti delle nostre vite: tra i contatti annoveriamo colleghi, amici d’infanzia, ex compagni che non vediamo da una vita, persone che abbiamo appena conosciuto, parenti e altro ancora.
In questa situazione, come possiamo sentirci a nostro agio a pubblicare le foto dell’ultima festa alcolica a cui abbiamo partecipato, sapendo che la vedranno anche i colleghi e i superiori?
Come possiamo esternare serenamente le nostre opinioni politiche se il rischio è di trovarci a discutere con una prozia che a malapena conosciamo?
Nella vita offline, ciascuno di noi è una persona parzialmente diversa a seconda del contesto in cui si trova. Su Facebook, e in parte anche su Instagram e altrove, questi contesti collassano in un unico amalgama, costringendoci ad assumere una personalità monodimensionale e, necessariamente, ben poco spontanea.
Amici reali
TikTok ha semplicemente approfittato di queste difficoltà, liberando gli utenti da qualunque pressione e lasciandoli liberi di guardare i video dei creator che scorrono automaticamente, senza alcuna pressione legata alla pubblicazione di contenuti, alla conquista di like, follower e altro.
Se i social media diventano sempre più simili alla televisione, questo non significa però che gli utenti delle piattaforme abbiano smesso del tutto di pubblicare foto, discutere, scambiare opinioni e raccontare se stessi. Semplicemente, lo fanno altrove.
Una ricerca dell’agenzia ZAK ha mostrato come il 60 per cento degli under 30 preferisca comunicare tramite messaggi privati invece che sui feed pubblici dei social network. La principale ragione segnalata dagli intervistati è che, in questo modo, è possibile «condividere più liberamente».
«Dopo anni trascorsi a costruire delle identità online attentamente curate e ad accumulare contatti, gli utenti più giovani dei social network sentono il bisogno di essere sé stessi e di farsi amici reali anche online, sulla base degli interessi condivisi», scrive la Harvard Business Review.
Falò digitali
Le attività che un tempo venivano svolte principalmente sulla piazza pubblica di Facebook, oggi stanno quindi gradualmente traslocando nei gruppi chiusi di WhatsApp o di Telegram, abitati da cerchie separate di amici o parenti o colleghi. A questi, soprattutto per i giovanissimi, si aggiungono per esempio i canali della piattaforma di messaggistica Discord (circa 200 milioni di utenti), dov’è possibile radunarsi in base alle passioni condivise.
Se i social network tradizionali ricordano dei non luoghi spersonalizzati, in cui dobbiamo mostrarci a tutti nella stessa maniera, i gruppi chiusi di WhatsApp e gli altri ricordano invece dei falò digitali, dove ci raduniamo con poche persone intime, dove possiamo comportarci più liberamente e, soprattutto, dove possiamo modificare e adattare la nostra personalità e il nostro comportamento sulla base delle persone che ci circondano.
Senza essere obbligati a una (impossibile) monodimensionalità che possa andare bene a tutti. Non è ipocrisia: è come ci comportiamo nel mondo reale.
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