- Il fondatore di Facebook punta talmente tanto sul metaverso da aver cambiato il nome della sua azienda in Meta
- Durante l’evento Connect, ha mostrato le potenzialità della realtà virtuale nel replicare digitalmente la nostra quotidianità
- Il rischio è che stia sottovalutando il suo vero asso nella manica: la realtà aumentata
Il momento tanto atteso è arrivato. Dopo mesi di anticipazioni e interviste, Mark Zuckerberg ha ufficialmente presentato la sua scommessa per il futuro di Facebook: il metaverso, un mondo digitale e immersivo in cui ci caleremo in realtà virtuale e dove trasferiremo una parte sempre più consistente della nostra quotidianità.
È il progetto cardine della sua visione di futuro, come dimostra il fatto che – nel corso della presentazione Connect 2021 – il fondatore del colosso di Menlo Park abbia pronunciato il termine “metaverso” dopo soli tre secondi dall’inizio dell’evento.
Il metaverso riempie a tal punto l’orizzonte di Facebook che l’azienda stessa ha cambiato nome in Meta, confermando anche dal punto di vista simbolico l’allontanamento dal social network con cui si è finora identificata (che attraversa uno dei momenti più difficili della sua vita) e che in futuro potrebbe giocare un ruolo di secondo piano rispetto alle ambizioni fantascientifiche di Zuckerberg.
Ma che cos’è questo metaverso?
In sintesi, è una replica digitale e potenziata del mondo in cui viviamo, da esperire principalmente grazie ai visori in realtà virtuale e partecipando non solo a eventi straordinari (avventure sotto forma di videogioco, eventi musicali che superano i limiti della fisica, esperienze spaziali e non solo), ma anche ricreando digitalmente la vita di tutti i giorni.
Il Metaverso è reale?
Zuckerberg ha mostrato come questo metaverso avrà anche lo scopo di ricalcare ogni aspetto del nostro mondo: attraverso i visori di Oculus (società leader del settore, di cui Facebook/Meta è proprietaria) potremo lavorare, fare shopping, incontrare gli amici, andare in discoteca e molto altro ancora.
Non è, quindi, solo un modo di sfuggire alla realtà e improvvisarci i protagonisti di Walking Dead o partecipare a un concerto su Marte del nostro musicista preferito, ma di creare una copia virtuale e ad altissima definizione di tutto ciò che ci circonda.
Un ambiente digitale e aperto, in cui invitiamo gli avatar degli amici nella nostra casa virtuale (indipendentemente da dove si trovino nel mondo), per poi recarci tutti assieme a fare shopping o teletrasportarci nel più vicino campo da tennis per fare un paio di partite.
Mentre guardavo in diretta su Facebook il video in cui Zuckerberg ha illustrato questo mondo – una sorta di versione futuristica e immersiva di quanto già visto nel vecchio Second Life – sono rimasto colpito dal commento di uno spettatore: «Nulla di tutto questo è reale, serve solo ad attirare investitori».
Un commento forse eccessivo, secondo il quale il fondatore di Facebook sta adottando una strategia alla Elon Musk, generando volontariamente aspettative eccessive a fini finanziari. Eppure, quel breve commento disincantato ha ricordato a tutti come questo scenario alla Ready Player One, mostrato come se fosse dietro l’angolo, sia in realtà ancora molto lontano.
Non solo perché, come lo stesso Zuckerberg ha sottolineato, servono ancora 5-10 anni affinché questa versione del metaverso veda la luce, ma perché alcune delle potenzialità descritte sono oggi impossibili.
Nei video mostrati durante Connect 2021 si vedono avatar in realtà virtuale che raggiungono amici in carne e ossa durante un concerto fisico, partite di basket in cui i nostri avatar si passano la palla, uffici digitali dove i colleghi si aggirano per le stanze come se stessero andando a fare una pausa caffè alla macchinetta.
Tutto ciò è pura fantascienza. E sembra avere lo scopo di farci dimenticare che il metaverso lo vivremo in soggiorno, estraniati da tutto ciò che ci circonda (partner, figli, animali domestici) e indossando un ingombrante visore per la realtà virtuale.
I nostri colleghi non si aggireranno per l’ufficio simulato come avverrebbe nella realtà, ma staranno seduti alla loro postazione e, se davvero vorranno alzarsi per un caffè, si dovranno togliere il visore (scomparendo dall’ambiente virtuale) per andare a farselo nella cucina reale di casa loro.
Da questo punto di vista, il momento più illuminante è stato forse un altro: quello in cui Zuckerberg ha mostrato come la quotidianità nel metaverso sarà una replica talmente fedele della realtà che potremo lavorare su un computer virtuale e addirittura prendere appunti su un foglietto digitale.
In quel momento, credo che molti si siano chiesti per quale ragione dovrebbero lavorare con un computer simulato e prendere appunti su un bloc notes digitale quando potrebbero farlo senza difficoltà nel mondo reale.
Come Fortnite
È innegabile che la realtà virtuale – e una forma di metaverso ludico come quello che sta creando Fornite – abbia enormi potenzialità. Un conto però è vivere virtualmente l’eccezionalità di fare corse clandestine, di assistere a concerti nello spazio, di volare su New York, ecc.; molto diverso è riprodurre virtualmente ciò di cui facciamo quotidianamente esperienza nel mondo fisico.
L’obiettivo esplicitamente dichiarato da Zuckerberg è quello di permetterci – pur con i limiti già visti – di frequentare gli amici, fare sport e lavorare come se fossimo in presenza, ma risparmiandoci i tempi degli spostamenti, evitando il traffico e arricchendo le nostre esperienze. È proprio affrontando questo discorso che il fondatore di Facebook/Meta ha pronunciato la parola magica: “sostenibilità”.
Il concetto è chiaro: invece di inquinare prendendo la macchina per andare al lavoro, potremo vivere in maniera ecologica grazie alla tecnologia. Ma è davvero così? Considerando che già oggi l’energia necessaria ad alimentare il mondo digitale è responsabile del 3,7 per cento dei consumi globali, quante ulteriori emissioni provocherà un sistema che richiede la circolazione di una spaventosa quantità di dati? Siamo sicuri che sarà davvero sostenibile?
La sensazione è che abbia più senso immaginare il metaverso come un ambiente in cui immergersi per vivere singole esperienze che ci permettono di uscire dalla quotidianità, non di replicarla. Attenzione però, questo non significa che la vita di tutti i giorni non si intreccerà profondamente con il digitale, ma che ciò avverrà in maniera diversa; quasi opposta: non sprofondando in un ambiente virtuale, ma sovrapponendolo a quello fisico.
È la prospettiva offerta dalla realtà aumentata: attraverso dei visori indossabili come normali occhiali, potremo vivere nel mondo reale, ma arricchendolo digitalmente. I monumenti fisici integreranno didascalie esplicative personalizzate in base ai nostri interessi, le indicazioni stradali saranno proiettate sull’asfalto, le persone mostreranno digitalmente il loro nome se incrociano qualche contatto di Facebook, i ristoranti e i negozi si illumineranno se offrono ciò che stiamo cercando e molto altro ancora.
In futuro, quindi, potremo vivere la quotidianità in realtà aumentata, sfruttando invece la realtà virtuale per l’eccezionalità. Questo scenario non è immaginato solo da pionieri come Kevin Kelly (fondatore di Wired e teorico del Mirrorworld in realtà aumentata), ma per assurdo dallo stesso Zuckerberg.
Proprio Facebook/Meta sta infatti lavorando anche a questo scenario, e lo sta facendo addirittura da una prospettiva duplice: negli avanzatissimi laboratori dei Facebook Reality Labs si sta elaborando il “progetto Nazare” (in cui vengono ideati visori dotati di tutte le funzionalità in realtà aumentata, ma dalle dimensioni ancora troppo ingombranti per un uso abituale), mentre, all’estremo opposto dello spettro, sono già in commercio gli smartglasses creati da Facebook in collaborazione con RayBan, indistinguibili da normali occhiali e con funzionalità ancora limitate (foto, video e poco altro), ma che gradualmente integreranno la realtà aumentata.
A questi progetti sono stati dedicati solo pochi minuti in coda all’evento, mostrando chiaramente quali siano le priorità di Zuckerberg. Quei pochi minuti, però, sono stati in grado di lasciare a bocca aperta – almeno a giudicare dai commenti – quegli stessi utenti che fino a poco prima accoglievano con scetticismo ogni descrizione delle potenzialità del metaverso.
Per il suo futuro, Mark Zuckerberg sta puntando soprattutto su questa nuova versione di Second Life in realtà virtuale. Il rischio è che non si accorga di avere già in casa il cavallo giusto su cui scommettere.
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