Ci sono 900 milioni di utenti attivi su Telegram ed è quanto meno improbabile pensare che tutti loro abbiano cattive intenzioni. Eppure, l’arresto alle porte di Parigi di Pavel Durov – che di Telegram è il fondatore e amministratore delegato – ha fatto tornare di attualità il tema: come è possibile che esistano pianeti, nell’infinito universo di Internet, che sembrano godere di una estrema libertà? Perché terroristi, spacciatori di droga, sicari e pedopornografi preferiscono Telegram ad altri concorrenti?

La risposta deve tenere conto di qualche aspetto tecnico, della percezione che abbiamo dei fenomeni digitali e – soprattutto – di una certa filosofia di chi certi sistemi governa. Questo ultimo aspetto è probabilmente il più attuale, visto che l’arresto di Durov potrebbe essere motivato da queste accuse, almeno per quello che sappiamo finora. In Francia potrebbe essere accusato di non aver collaborato con le autorità e di avere in qualche modo facilitato le attività criminali su Telegram.

Ma anche la percezione è importante. Esiste infatti tutto un sommerso che normalmente neppure consideriamo nelle nostre analisi, perché – come osservatori esterni – ne abbiamo spesso una conoscenza molto limitata. È il cosiddetto dark web, a cui si accede soltanto con reti e browser specifici (come Tor) che garantiscono il completo anonimato e l’intracciabilità. Sono luoghi in cui è facile acquistare armi o assoldare un sicario.

Nell’oscurità

È intuitivo che quello che capita nell’ombra molte volte nell’ombra rimane. Su Telegram invece il lecito e l’illecito si mescolano in maniera più fluida. Anche per questo ci viene più facile dare più rilevanza a quello che accade qui, perché invece quello che succede nelle viscere di Internet rimane semplicemente invisibile, o conosciuto a pochi addetti ai lavori.

Allo stesso tempo, la facilità di utilizzo di Telegram è la stessa anche per chi vuole evadere la legge. Non dobbiamo immaginare sempre questi criminali come appartenenti a grandi organizzazioni: sono spesso piccole realtà senza particolari conoscenze tecnologiche. O venditori (di morte) in cerca di un pubblico il più ampio possibile. Non esiste posto migliore per fare propaganda di radicalismo, ad esempio.

Per questo usare Telegram è per molti la scelta più semplice, proprio per il modo in cui mescola abilmente luci e ombre, persone che lottano per un mondo migliore e persone che il mondo lo peggiorano costantemente.

Fuga dalla Russia

Durov è stato abilissimo a muoversi in questo equivoco, rendendo sé stesso l’emblema di queste contraddizioni. Lo ha fatto promuovendo una piattaforma totalmente libera e spingendo il concetto di libertà ben oltre i limiti che vengono normalmente dati dalle società democratiche.

Ha coltivato il culto della propria persona in maniera sistematica, per certi versi sulla stessa rotta che stava seguendo anche Elon Musk. Ma lo ha fatto partendo da un retroterra completamente diverso. Nella Russia di Putin, Telegram è diventato il porto apparentemente sicuro per i dissidenti. È stato uno dei megafoni più potenti che ha permesso ad Aleksej Navalny di farsi conoscere nel mondo. Ma è stato anche il centro di tutta la disinformazione russa e della propaganda del Cremlino.

Nel 2014 Durov si è rifiutato di consegnare le chiavi di Telegram ai servizi segreti russi, pubblicizzando il suo esilio dalla madrepatria come una grande fuga per la libertà, come cittadino del mondo e senza più l’autorità di una nazione a governarlo. Ha trovato rifugio a Dubai, armandosi anche del passaporto francese e di quello di Saint Kitts e Nevis, un paradiso caraibico dove si può acquistare la cittadinanza in cambio di investimenti a imposte agevolate.

Privacy totale

Tutta questa storia, pur con le sue contraddizioni, ha comunque contribuito a costruire la filosofia su cui si regge l’identità di Telegram. Ovvero, quella di una totale assenza di moderazione, con un approccio totalmente minimalista nei confronti della sorveglianza.

Il fatto di non concedere le “chiavi” della piattaforma al Cremlino è diventato una sorta di mito fondativo dell’intera piattaforma, che è stato poi esteso a qualsiasi autorità, in un approccio ancora più estremo rispetto a quello adottato da altre realtà concorrenti (come quelle americane e di Mark Zuckerberg in particolare).

Telegram è cresciuto attorno a un totem che ufficialmente non prevede alcuna eccezione: il fatto di garantire la più completa privacy a ogni utente. In ogni caso, qualsiasi siano le sue intenzioni. La riservatezza è diventata più importante anche della sicurezza.

Come funziona la crittografia

Il centro di tutto questo sistema è il cosiddetto MTProto, un sistema di crittografia proprietario di Telegram, sul quale sono stati fatti nel tempo numerosi investimenti. Gli esperti non ritengono che la soluzione tecnologica adottata da Durov sia molto più sicura rispetto a quella dei principali concorrenti. Ma questo non significa che non lo sia.

L’utilizzo è per tutti molto simile, almeno per le “chat segrete”, dove Telegram utilizza un tipo di crittografia end to end (E2E). In parole più semplici, significa che solo il mittente e il destinatario possono leggere i messaggi che vengono inviati e ricevuti.

Funziona così, semplificando un po’: quando un utente avvia una “chat segreta”, vengono generate delle chiavi crittografate uniche sui dispositivi di entrambi gli utenti. Sono fissate all’interno del dispositivo e neppure Telegram – almeno da quello che sappiamo – può accedervi.

I messaggi vengono dunque cifrati grazie ad una chiave pubblica (disponibile per entrambi i dispositivi). Possono poi essere decifrati solo e soltanto con le chiavi private presenti nei dispositivi di mittente e destinatario. Solo da loro, non da altri.

Inoltre, Telegram (come altri) permette di impostare un timer per l’autodistruzione dei messaggi una volta letti. Non esiste neppure un backup per le “chat segrete”, che quindi non possono essere sincronizzate fra più dispositivi.

Se vi siete persi nella spiegazione, quello che importa è questo: anche se Durov iniziasse a collaborare con le autorità francesi, da quello che sappiamo è molto improbabile che possa dare accesso alle chat segrete dei peggiori criminali. Perché Telegram sembra costruito esattamente per nascondere tutto.

Le alternative

Ma anche WhatsApp adotta un sistema End-to-End. Dunque, se la tecnologia di cifratura è simile fra Telegram e le sue alternative, allora perché sembra che i fuorilegge preferiscano questa piattaforma alle altre?

La risposta tiene conto delle premesse di questo articolo e cerchiamo di farne un riepilogo. Innanzitutto, non è sempre vero: chi può, preferisce comunque avventurarsi nel dark web. Telegram è la scelta preferita da chi ha bisogno di attrarre un pubblico più ampio o cerca una piattaforma che non richieda particolari accortezze tecniche.

Poi: è sicuramente a causa dell’impianto filosofico su cui Telegram si fonda. La sua totale dedizione alla privacy, dimostrata lungo tutta la sua storia e attraverso una serie di accorgimenti tecnici sempre più raffinati.

Ma c’è infine un ultimo aspetto, che è forse quello decisivo. Nell’insieme, Telegram è costruito per soddisfare in un posto solo tutte le esigenze di chi è un professionista del crimine. Innanzitutto, può essere utilizzato anche senza avere un numero di telefono reale (a differenza di WhatsApp). Rispetto ad altre alternative, ha dimostrato di non volere collaborare con le autorità, senza eccezioni.

Anche Meta non può accedere ovviamente ai contenuti crittografati, ma è in grado di condividere altri metadati (a partire dai numeri di telefono) che possono comunque essere utili per le indagini. Inoltre, Telegram non interviene quasi mai per rimuovere contenuti illegali, neanche attraverso algoritmi preimpostati.

Infine, Telegram permette di creare canali pubblici o gruppi di migliaia di membri, con una maggiore flessibilità rispetto ad altre piattaforme e con un maggiore controllo sulla conservazione o cancellazione dei messaggi. Così possono essere scambiate informazioni in maniera più estesa, si possono condividere contenuti illegali o in violazione dei diritti d’autore e si possono fare facilmente attività di proselitismo. A chiudere il quadro, esiste anche una cryptovaluta collegata al mondo di Telegram e facilmente utilizzabile senza tracciamenti.

La fine di Telegram?

Chiunque conosca la storia del digitale sa che nessuna piattaforma è per forza destinata a durare per sempre. Ci sono realtà che sembravano indistruttibili e che sono state poi cancellate, spazzate via da concorrenti più agguerriti o tecnologicamente più avanzati.

Non si può dunque escludere del tutto che anche Telegram possa cedere parte del suo pubblico a qualche concorrente. A partire magari da X di Elon Musk, altro grande promotore della totale libertà di espressione. Significa anche che se un’autorità giudiziaria riuscisse a porre dei limiti a Telegram, nascerebbe probabilmente una piattaforma del tutto simile, pronta a dare una risposta a chi cerca l’illegalità.

Allo stesso tempo, viviamo in un’epoca in cui si stanno costruendo una serie di monopòli di fatto. Telegram non è un’eccezione e parte della sua forza deriva dalla sua reputazione filosofica e da una tecnologia che difficilmente risentiranno dei guai personali del suo fondatore.

Il presidente francese Emmanuel Macron, parlando del caso, ha detto che «la Francia è più che mai attaccata alla libertà di espressione e di comunicazione, all’innovazione e all’imprenditorialità». Ma che «sui social network come nella vita reale, le libertà si esercitano in un quadro stabilito dalla legge per proteggere i cittadini e rispettare i loro diritti fondamentali».Il punto è proprio questo: nel corso di tutta la sua storia, Durov ha dimostrato di non riconoscere questi limiti. Di pensare che il quadro che regola la nostra vita reale non abbia alcuna efficacia nel mondo di Telegram.

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