Riina che riceveva i soldi da Dell'Utri, tramite Cinà e Raffaele Ganci, non aveva fatto mistero del fatto che l'interesse che lo spingeva a curare questo canale di approvvigionamento era anche quello di natura politica. Dell'Utri, per il boss mafioso, rappresentava un contatto determinante con Silvio Berlusconi e dunque - a suo avviso - con l'onorevole Bettino Craxi
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza d'appello su Marcello Dell’Utri, del presidente del tribunale Raimondo Loforti, giudici Daniela Troja e Mario Conte
Riina, risentito per non essere stato informato dei rapporti dei Pullarà con l'impresa milanese e preoccupato di salvaguardare una sì rilevante fonte di rafforzamento per l'associazione mafiosa, aveva estromesso i Pullarà dalla gestione dei rapporti con Dell'Utri, ed aveva delegato la gestione di tali rapporti con l'imputato solo a Gaetano Cinà di cui Dell 'Utri si fidava da anni.
Cinà - secondo quanto riferito a Calogero Ganci dal padre - s1 recava a Milano un paio di volte all'anno per ricevere da Marcello Dell 'Utri una somma che tuttavia Ganci non sapeva precisare. Tale somma veniva consegnata da Cinà a Pippo Di Napoli che a sua volta la dava a Raffaele Ganci che la faceva pervenire a Riina.
Reputa il Collegio che già da dette dichiarazioni è emerso che i pagamenti erano continuati senza soluzione di continuità e che l'atteggiamento di Dell'Utri nei confronti di "cosa nostra" non era in alcun modo mutato, avendo l'imputato continuato ad assicurare i pagamenti a "cosa nostra" nella assoluta consapevolezza di contribuire in modo rilevante, alla realizzazione del programma criminoso del sodalizio mafioso, rivolgendosi ove necessario, come aveva sempre fatto, all'amico Cinà sia per la messa a posto delle antenne televisive, sia per lamentarsi dei Pullarà.
Riina che riceveva i soldi da Dell'Utri, tramite Cinà e Raffaele Ganci, non aveva fatto mistero del fatto che l'interesse che lo spingeva a curare questo canale di approvvigionamento era anche quello di natura politica. Dell'Utri, per il boss mafioso, rappresentava un contatto determinante con Silvio Berlusconi e dunque - a suo avviso - con l'onorevole Bettino Craxi. Il fatto che Dell'Utri avesse continuato a versare somme a "cosa nostra" per la protezione di Berlusconi è emerso anche dalle dichiarazioni di Francesco Paolo Anzelmo, uomo d'onore dal 1980, appartenente alla stessa famiglia mafiosa della Noce alla quale apparteneva il Ganci e della quale - alla fine del 1986, a seguito dell'arresto di Ganci Raffaele - era divenuto reggente insieme all'altro figlio del Ganci, Ganci Domenico ("Mimmo").
Anche Anzelmo era venuto a conoscenza delle lamentele di Dell'Utri nei confronti dell'atteggiamento assunto dai Pullarà nei suoi confronti; aveva infatti saputo, tra il 1985 ed il 1986 da Raffaele Ganci, che Cinà si era interessato a riscuotere i soldi da Dell'Utri e che aveva riferito a Di Napoli che Dell 'Utri si era lamentato con lui in quanto si sentiva tartassato da Ignazio Pullarà. Anzelmo non sapeva riferire, tuttavia, i motivi per cui il Dell 'Utri si sentiva pressato da Pullarà.
Di Napoli, ricevuta la notizia dal Cinà ne aveva parlato con Raffaele Ganci e quest'ultimo ne aveva parlato con Riina che aveva estromesso il Pullarà affidando la gestione dei rapporti solo al Cinà. Il denaro (L. 200.000.000 suddivise in due rate semestrali) veniva ritirato da Cinà che si recava a Milano da Dell 'Utri; Cinà a sua volta lo consegnava al Di Napoli; quest'ultimo lo dava a Ganci Raffaele che lo faceva pervenire a Riina che li depositava nella " cassa comune".
Reputa il Collegio che è sicuramente significativo un frammento della dichiarazione in cui Anzelmo ha sottolineato quale era stato il motivo del pagamento della somma di denaro con ciò confermando che, malgrado fossero mutate le parti contrattuali mafiose ( Bontade e Teresi), non vi era stata alcuna modifica del patto stipulato anni prima da Berlusconi e Dell'Utri e "cosa nostra".
Anzelmo, invero, ha dichiarato che Dell 'Utri pagava per la "tranquillità", per impedire che potesse succedere qualcosa a Berlusconi (Anzelmo: "i soldi Dell'Utri diciamo li dava per questa situazione per tranquillità"; Presidente: "Signor Anzelmo, mi scusi, quando lei parla di tranquillità a cosa allude?"; Anzelmo: ".... ( .... ) che non ci succede niente, che non succedeva niente'').
Il collaboratore ha precisato che la protezione serviva per gli impianti televisivi di Canale 5 (Anzelmo; "È a titolo pizzo che ce lo richiedeva diciamo. Questa situazione l'ha gestita Tanino Cina' e la chiuse con duecento milioni l'anno"; Difensore: " Ma per quale attività del Dell 'Utri ? Erano somme del Dell 'Utri o Dell 'Utri? "; ... Anzelmo: " Ma quale somme del Dell'Utri. Erano somme dì Canale 5 questi per i ripetitori che c'erano in Sicilia. Quali somme del Dell'Utri. Questa era tutta una situazione che veniva di là").
Il collaborante - così come aveva fatto Calogero Ganci - ha riferito che Riina, tuttavia, perseguiva anche un altro scopo ( Anzelmo: "ma le ripeto che l'interesse di Riina non era di questi soldi. Aveva altri scopi''), quello di avvicinare l'onorevole Craxi al quale il Berlusconi era legato. Riina infatti per le elezioni politiche del 1987 aveva ordinato di votare il PSI. Anche se Riina aveva estromesso Pullarà dal contatto diretto con Dell 'Utri, e ciò per non compromettere il rapporto, aveva tuttavia versato ai Pullarà la somma di 50.000.000 di lire ( Anzelmo: "ma guardi se io le dico che ... che poi tra l'altro Totò Riina incassando quei duecento milioni ci mandava i cinquanta milioni a Ignazio Pullarà ''), per far loro capire che non era stata una questione di soldi. In relazione al periodo in esame, hanno assunto particolare rilievo le dichiarazioni rese da Antonino Galliano che ha dichiarato di avere incontrato, alla fine del 1986, Gaetano Cinà presso la villa di Giovanni Citarda (uomo d'onore della famiglia di Malaspina) dove Pippo Di Napoli trascorreva la propria latitanza.
Il collaboratore ha ricordato di avere accompagnato Mimmo Ganci, che all'epoca sostituiva il padre Raffaele nella "conduzione del mandamento della Noce" e che Riina aveva " mandato a chiamare". Presso la villa vi erano Pippo Di Napoli e Gaetano Cinà. Era stata quella l'occasione in cui Cinà si era lamentato di non volere più andare da Dell 'Utri a ritirare i soldi perché quest'ultimo aveva assunto nei suoi confronti un atteggiamento distaccato, facendolo attendere o lasciando la busta con i soldi al suo segretario.
Cinà aveva registrato questo mutamento di atteggiamento dopo la morte di Bontade e quindi dopo 1'81 '-82' ( Galliano."Succede che Dell'Utri, diciamo, dopo questi omicidi. cioè dopo 1'81 ', 82' incomincia ad avere l'atteggiamento ritroso nei riguardi del ... del Cinà. E questo, diciamo, era una doglianza del Cinà dice non mi tratta più come una volta, non mi riceve più come una volta e quindi io non ci voglio andare più").
Mimmo Ganci aveva ritenuto la questione degna di rilievo in quanto, tramite Berlusconi, si poteva entrare in contatto con l'onorevole Craxi ed aveva dunque deciso di informare Riina. Galliano ha precisato di avere saputo in un secondo tempo che Raffaele Ganci era ben consapevole del fatto che Dell'Utri consegnava a Cinà il denaro.
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