Agguati contro cittadini marocchini, aggressioni in strada, assalti alla festa di Rifondazione. I giovani fermati si dividono tra la curva e CasaPound: la giudice li definisce «pericolosi»
Assalti, aggressioni, violenze e razzismo. Nell’inchiesta della procura di Verona sulla squadraccia neofascista che colpiva in città stranieri e avversari politici, senza risparmiare bambini e anziani, c’è tutto il compendio dell’estremismo di destra.
A partire da quello che è accaduto il 6 dicembre 2022, quando è andata in scena una rappresaglia contro cittadini marocchini inermi. Festeggiavano la vittoria storica della loro nazionale contro la Spagna, gioia e giubilo che non sono andati giù a un gruppo di estremisti di destra che, con volti travisati e armati di bastoni, cinture e altri oggetti contundenti, si sono avventati contro le auto in transito.
È solo uno degli episodi ricostruiti nell’ordinanza di custodia cautelare, firmata dalla giudice del tribunale di Verona, Carola Musia, che ha portato all’arresto, da parte della polizia, di sette estremisti di destra in un’indagine che vede coinvolte 29 persone, alcune minorenni. Gli arrestati si dividono tra le curve del Verona e del Chievo, e i «fascisti del terzo millennio» di CasaPound.
Ai domiciliari sono finiti Mattia Sembenini, Marco Scarsini, Leonardo Dolci, Carlo Andrei, Mattia Maggio, Leonardo Benedetti e Daniele Tornieri. La giudice descrive così le loro condotte: «Sono militanti attivi nella sezione veronese di CasaPound Italia e hanno dimostrato di essere pronti, per sostenere i propri ideali politici, oltre che per manifestare il proprio approccio discriminatorio di matrice razziale, all’uso della forza e dello strumento dell’intimidazione».
Anche i bambini
I neri incappucciati, invasati di odio e violenza, non hanno risparmiato neanche i più piccoli, costringendoli a una serata da incubo mentre festeggiavano il successo calcistico della propria nazionale.
«Non hanno provato alcuna remora nell’avventarsi con ferocia anche contro soggetti estranei alle loro logiche di scontro politico – come avvenuto per il gruppo di minorenni che ha avuto la sfortuna di camminare per via Mazzini nel momento di passaggio del gruppo di militanti frustrati dal mancato scontro con gli antagonisti – o contro soggetti inermi, come i bambini trasportati sulle auto dei cittadini marocchini e gli avventori, anche anziani, della festa in rosso», si legge negli atti.
Una violenza che ha colpito anche le donne. H.C. è stata raggiunta dai colpi di cintura scagliati dagli indagati che prima frantumavano il vetro dell’auto e poi continuavano a colpire. In macchina c’erano due bambini, ma i «fascisti del terzo millennio» non hanno avuto alcuna remora, alcun disagio nel continuare l’azione violenta urlando «tornate al vostro paese».
Le parole delle vittime
Le violenze vengono ricostruite dalle testimonianze delle vittime. «All’altezza dell’incrocio con via Battisti incontrava un gruppo di circa quindici individui, tutti vestiti di nero e con i volti travisati, che armati di bastoni e manganelli, si avventavano contro la sua macchina. Nel frangente i figli e la moglie urlando per la paura si rannicchiavano a terra davanti ai sedili», così l’ordinanza.
Per questo episodio la giudice ha contestato anche l’aggravante dell’odio razziale. Tra le spedizioni punitive c’è anche l’assalto alla festa di Rifondazione comunista, con il solito assetto da guerra, volto travisato dai caschi, in mano i bastoni e le cinture.
Era il 18 luglio 2023 quando la squadraccia è arrivata all’ingresso della festa e ha aggredito l’organizzatore, colpendo l’addetto alla vigilanza e lanciando sassi contro i partecipanti. Non avevano solo i bastoni ma anche, nascosti nell’auto, uno sfollagente telescopico e tre flash-bang (granate stordenti).
Nell’elenco ci sono anche altre aggressioni di gruppo. Come quella contro G.L, che ha riportato lesioni guaribili in quindici giorni, colpito con pugni, ombrellate e calci anche volanti. Peggio è andata a D.G., destinatario di un attacco gratuito e di inaudita violenza, «brutalmente picchiato per avere la sua compagna strappato dei manifesti inneggianti alle foibe». La squadraccia lo ha colpito con pugni in faccia tanto violenti da farlo sbattere contro il muro e poi cadere a terra.
Gli aggressori sono stati riconosciuti dalle telecamere dell’istituto scolastico nei pressi del quale è avvenuta l’aggressione. L’indomani sulle chat WhatsApp si scambiavano messaggi che, per gli investigatori, sono diventati ulteriori riscontri. «Ieri Sembenini ha visto un signore di quarant’anni che stava strappando lo striscione delle foibe del blocco che avevano attaccato i ragazzi e gli ha tirato una pizza», scrive un militante al responsabile veneto di CasaPound.
In un’altra conversazione, mentre concordano di aver fatto bene, si dicono che è necessario, in vista delle elezioni comunali, darsi una calmata. Ma le violenze non si sono fermate.
Due degli arrestati sono stati identificati tra i 67 tifosi italiani che lo scorso 15 giugno a Dortmund, prima della partita Italia-Albania, sono stati intercettati dalle autorità tedesche mentre stavano per aggredire un gruppo di supporter albanesi.
La squadraccia, molti erano già denunciati a piede libero, non conosceva confini, ogni luogo era adatto per sfogare la propria violenza. L’indagine e gli arresti hanno spinto diversi esponenti politici a chiedere nuovamente lo scioglimento delle formazioni neofasciste mentre, a Roma, il palazzo di CasaPound resta ancora occupato.
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