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Decreto (In)Sicurezza: il diritto alle armi

Antigone l’ha definito «il più grande attacco alla libertà di protesta della storia repubblicana». Ora, con la firma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e con la pubblicazione del testo in Gazzetta ufficiale, dal 12 aprile il decreto Sicurezza è entrato a tutti gli effetti in vigore. Non sono bastati gli appelli di associazioni, società civile e organizzazioni internazionali, le proteste di piazza e gli emendamenti delle opposizioni a fermare la deriva securitaria del governo. Che anzi ha scelto di forzare la mano e, per superare le lungaggini dell’iter parlamentare, ha scelto di trasformare un disegno di legge (che avrebbe dovuto fare un terzo ritorno in Parlamento, alla Camera dei deputati, per problemi di coperture finanziarie) in un decreto che verrà blindato in sede di conversione in legge entro 60 giorni.

Con Nello Trocchia analizziamo i punti più controversi del testo, un manifesto della propaganda meloniana. Iniziamo con il “diritto alle armi”, cioè la norma che consente alle forze dell’ordine di portare in giro armi comuni, diverse da quelle di ordinanza, senza denunciarle.

Video di Lorenzo Sassi

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