- La prima giornata di Youth4Climate è stata segnata dall’incontro tra Roberto Cingolani e Greta Thunberg e dalla contestazione di quest’ultima, fuori e dentro il palazzo.
- L’evento è la prima cornice istituzionale di ascolto per le proposte dei giovani, da inserire poi nei negoziati per il clima.
- La sensazione è che il governo abbia organizzato più un sofisticato esercizio didattico per ragazze e ragazzi che un vero meeting politico. Giovedì, in chiusura, arriva Draghi: ancora non è chiaro se incontrerà Greta Thunberg.
Dopo otto mesi di transizione ecologica non è ancora chiaro se certi inciampi di Roberto Cingolani siano frutto di ingenuità o se la strategia del ministro sia invece quella di accentrare il conflitto su di sé, come fanno certi allenatori di squadre di calcio in crisi, per deviare l’attenzione dal tema vero, in questo caso la difficoltà italiana di abbandonare le fonti fossili, alle quali sono ancora legate molte grandi aziende nazionali.
In ogni caso, l’oggetto mediatico della prima giornata di Youth4Climate è la fotografia – diffusa dagli account social dello stesso ministero – dell’incontro di Cingolani e Greta Thunberg, nella quale l’attivista svedese guarda di traverso il ministro e la sua mascherina indossata male, un’immagine perfetta, da consegnare ai posteri.
Youth4Climate è l’evento milanese che lancia il mese di negoziati sul clima, da Milano alla Cop26 di Glasgow passando dal G20 di Roma. È la prima vera occasione istituzionale globale di ascolto dei giovani: 400 attiviste e attivisti scelti tra 8mila candidature da ogni continente. I tre giorni di lavoro di gruppo servono a stilare un documento ufficiale di richieste da presentare ai leader mondiali, per un ascolto sul cui esito non è lecito essere così ottimisti.
Quali giovani?
Questo di Milano è dunque l’evento per dare voce politica ai giovani, ma il punto è: quali giovani? È il concetto più forte espresso da Thunberg, che ha messo in discussione il significato intero della manifestazione che era chiamata a inaugurare.
La creatrice di Fridays for Future ha accusato gli organizzatori (governo italiano e Onu) di aver fatto «cherry-picking» tra gli attivisti, come si fa con i dati nelle ricerche un po’ manipolate, scegliendo solo quelli che si incastrano in una certa visione delle cose, che in questo caso è la transizione ecologica a passo lento. Forse è una visione un po’ ingenerosa, molto figlia di come sono andate le cose in Italia, dove sono stati convocati ai tavoli di lavoro Federica Gasbarro, influencer green popolare su Instagram e con esperienza di vertici internazionali, e Daniele Guadagnolo, specializzato in marketing.
È una scelta prudente e conservativa, che amplifica il sospetto di un evento cosmetico più che reale e che è spia della difficoltà cronica di Cingolani a gestire il conflitto o anche solo tenere aperto il dialogo con il variegato mondo dell’ambientalismo italiano, che per quel ministero sperava in un paladino e si è ritrovato un avversario.
La contestazione
Greta Thunberg è arrivata in corteo al palazzo di Milano Congressi, sede di Youth4Climate, contestando lo youthwashing insieme ai Fridays for Future italiani, infuriati per la scelta di costruire l’evento lungo la divisione ideologica immaginaria tra «quelli che protestano e quelli che propongono».
Poi Thunberg ha partecipato come ospite d’onore all’assemblea plenaria insieme a Vanessa Nakate, Fridays for Future Uganda, 24 anni, carisma sensazionale: le due hanno parlato dopo Cingolani e Beppe Sala, ribaltando ogni singola sillaba che avevano ascoltato dal ministro e dal sindaco.
Il frammento più rimbalzato sui social è stato quando Thunberg ha tradotto quello che aveva sentito prima in «bla, bla, bla». Le due hanno poi incitato alla protesta la platea dei 400 «attivisti di governo», che hanno risposto con canti ed entusiasmo. A un certo punto sembrava un’assemblea scolastica finita male, con Cingolani nel ruolo del preside al quale la situazione è sfuggita di mano.
È stato un momento surreale e istruttivo: nemmeno i giovani con una storia più istituzionale avevano una grande voglia di farsi cooptare in quella che il ministro ha apertamente definito come una «simulazione». I 400 delegati hanno attraversato mezzo mondo, hanno superato enormi difficoltà logistiche, e in questo va sottolineato il gran lavoro con i visti in tempo di pandemia di governo e ministero: solo una decina non ce l’hanno fatta e sono rimasti a casa, collegati in streaming.
Gli altri sono arrivati con le bandiere, i copricapi tradizionali, idee ed esperienze di lavoro sul campo. In mezzo a quei 400 delegati c’è un racconto collettivo di consapevolezza che meriterebbe di essere raccontato storia per storia, come quella di Adam Aburok, attivista per il clima di Gaza, al quale è stato pure sequestrato il laptop all’attraversamento della frontiera con Israele, e che dice: «A Gaza abbiamo i nostri problemi, poi ci sono quelli del mondo, che sono comunque problemi nostri. Il clima è una guerra».
Non ha senso aver messo in piedi tutto questo per poi considerarlo un sofisticato esercizio didattico, ma la sensazione è che alla fine sarà esattamente questo. Giovedì alla chiusura di Youth4Climate arriva Mario Draghi, i Fridays for Future fanno sapere che per ora non è previsto (né escluso) un incontro di Greta Thunberg col presidente del Consiglio: «Decidiamo giorno per giorno».
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