- Per tante famiglie l’accesso a una casa dignitosa rimane un miraggio perché l’Italia ha un deficit di abitazioni di edilizia sociale stimato in almeno 200mila alloggi da Nomisma, inoltre, circa la metà di coloro che vivono negli oltre 700mila alloggi esistenti soffre situazioni di degrado e bollette estremamente care per via dello scarso isolamento termico e di sistemi di riscaldamento inadeguati.
- In Olanda si sta intervenendo su 100mila abitazioni per trasformarle a consumi zero intervenendo su isolamento, impianti e produzione da rinnovabili con cappotti e infissi preassemblati che consentono di ridurre costi e tempi degli interventi.
- Per realizzare entro il 2030 500 mila alloggi sostenibili si spenderebbero quattro miliardi all’anno, molto meno di quanto speso per il Superbonus ma con vantaggi energetici e sociali verificabili, oltre ai ritorni che questi investimenti hanno in termini di tasse e lavoro.
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Per tante famiglie l’accesso a una casa dignitosa rimane un miraggio perché l’Italia ha un deficit di abitazioni di edilizia sociale stimato in almeno 200mila alloggi da Nomisma, inoltre, circa la metà di coloro che vivono negli oltre 700mila alloggi esistenti soffre situazioni di degrado e bollette estremamente care per via dello scarso isolamento termico e di sistemi di riscaldamento inadeguati.
Questi due problemi oggi possono essere affrontati assieme nell’ambito di innovative politiche di riqualificazione energetica e decarbonizzazione spinte da direttive e risorse europee. Con la strategia Renovation wave Bruxelles ha deciso di accelerare gli interventi sul patrimonio edilizio esistente per ridurre il peso che il settore edilizio rappresenta nei consumi di gas e nelle emissioni di CO2. In parallelo le direttive hanno progressivamente alzato gli standard delle prestazioni da garantire nelle nuove costruzioni e nelle riqualificazioni profonde a tutela dei cittadini. Oggi in tutta l’Ue un nuovo alloggio deve garantire consumi energetici quasi zero (Nzeb, Near zero energy building)e la quota prevalente dell’energia che manca deve provenire da fonti rinnovabili.
La casa diventa così l’ambito dove si tengono assieme gli obiettivi di una giusta transizione ambientale con quelli di rilancio dell’economia, e dove la sfida diventa individuare politiche efficaci nel salvaguardare le famiglie dall’inflazione legata ai prezzi del gas. La prossima legislatura deve realizzare una svolta nelle politiche di intervento sul patrimonio edilizio per dimostrare come oggi sia possibile realizzare interventi che migliorano la qualità dell’abitare, si riducono drasticamente le bollette mentre si elimina l’utilizzo delle fonti fossili.
Oggi non esistono ragioni tecniche o economiche per rinviare interventi con ambiziosi obiettivi energetici a partire dagli edifici più degradati del patrimonio di edilizia residenziale. La discontinuità con le politiche in vigore deve essere chiara, basta interventi a pioggia e incentivi slegati dai risultati. I 300mila alloggi più degradati, dove vive la parte di popolazione che più soffre la crescita delle bollette devono diventare il cantiere di un nuovo modello di intervento dove garantire attraverso le più efficaci scelte progettuali, architettoniche e tecniche i salti di classe necessari a portare l’edificio allo standard Nzeb e a staccarsi dalla rete del metano, utilizzando l’apporto del solare per l’autoproduzione o per la condivisione di elettricità attraverso comunità energetiche. In questo modo dall’edilizia popolare di Trento a quella di Agrigento si potrà cercare la più efficiente e integrata soluzione di isolamento termico, autoproduzione, elettrificazione dei consumi e utilizzo di pompe di calore.
Modello Olanda
Negli altri paesi Ue l’edilizia pubblica è diventata il laboratorio dell’innovazione nel settore edilizio e proprio la dimensione degli interventi, con una attenta regia nazionale, sta consentendo di acquisire competenze, standardizzare i modelli di intervento, ridurre i costi a metro quadro. Quello olandese è forse l’esempio più interessante, tanto che il progetto Energiesprong viene ora replicato in Francia e Regno Unito, dove si sta intervenendo su 100mila abitazioni per trasformarle a consumi zero intervenendo su isolamento, impianti e produzione da rinnovabili con cappotti e infissi preassemblati che consentono di ridurre costi e tempi degli interventi.
Occorre alzare l’asticella degli obiettivi quantitativi e qualitativi se si vuole produrre una innovazione che coinvolga tutta la filiera delle costruzioni: dai progettisti alle imprese, fino a chi produce i materiali e i componenti per i cantieri. Il secondo obiettivo da perseguire è quello di passare dall’intervento sul singolo edificio alla scala di quartiere in modo da riqualificare parti di città e realizzare nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica. Una novità positiva della scorsa legislatura è il programma Pinqua del Ministero delle Infrastrutture, che interviene con progetti integrati nei quartieri con obiettivi e criteri ambientali e sociali.
È il tempo di passare a una nuova fase del programma che coinvolga aree urbane in diffusi progetti di retrofit energetico e di creazione di nuovi alloggi dal recupero edilizio o da nuovi interventi in aree dismesse, in modo da non consumare nuovi suoli. Il vantaggio del passaggio alla scala di quartiere è anche che gli obiettivi energetici dei singoli edifici si inquadrano dentro interventi di ridisegno dello spazio pubblico che affrontano il tema sempre più urgente del caldo in città, dovuto a superfici impermeabilizzate e asfaltate, assenza di verde che durante le ondate di calore causa un rilevante aumento della mortalità come avvenuto anche a luglio come certificato dal ministero della Salute.
Gli interventi in corso di riqualificazione edilizia finanziati dall’ecobonus 75 per cento e dal Superbonus 110 percento hanno dimostrato che in Italia esistono competenze diffuse rispetto alle prestazioni energetiche degli edifici e alle soluzioni che garantiscono il salto di classe per ridurre i consumi. Il limite di queste politiche era nella mancanza di una proporzione tra entità dell’incentivo e riduzione dei consumi energetici - come invece avviene negli altri Paesi europei - che stimolasse la ricerca di una maggiore efficienza invece di accontentarsi del minimo di due classi previsto.
Con la nostra proposta si rende chiaro l’obiettivo prestazionale in ogni intervento che motiva il contributo pubblico, dando priorità a quella parte del patrimonio dove vivono le persone più in difficoltà. Un approccio di questo tipo diventa la strada anche per la revisione del Superbonus, perché permette di rendere trasparente il processo, premiando in modo proporzionale chi più riduce i consumi energetici e introducendo l’accesso al credito a tassi calmierati per la quota non coperta dall’incentivo, in modo da permettere a tutte le famiglie di realizzare interventi.
I numeri dell’intervento
La riqualificazione energetica dovrebbe interessare entro il 2030 300mila alloggi del patrimonio di edilizia residenziale diffusi in tutta Italia individuati tra quelli in condizione di maggiore degrado. Inoltre, nell’ambito dei programmi di riqualificazione delle periferie si dovranno realizzare circa 200mila alloggi tra recupero e nuovi interventi.
La stima del costo dell’investimento è di circa quattro miliardi all’anno, molto meno di quanto speso per il Superbonus ma con vantaggi energetici e sociali verificabili, oltre ai ritorni che questi investimenti hanno in termini di tasse e lavoro. La condizione inderogabile per la sua realizzazione è la creazione di una struttura di missione che si occupi del coordinamento e del supporto agli enti locali e alle aziende che gestiscono il patrimonio pubblico. Una innovazione nel funzionamento della Pubblica Amministrazione indispensabile a superare barriere procedurali e attuative, nel far crescere le competenze tecniche necessarie a gestire cantieri complessi.
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