- L’importanza di parlare a una platea vasta, eterogenea e popolare come quella del Festival di Sanremo non è sfuggita a Eni: l’azienda, infatti, è sempre in cerca di palcoscenici da sfruttare per far passare le proprie comunicazioni su presunte svolte “green”, non sostenute però dai fatti.
- Questo è quello che succederà questa settimana, grazie al rinnovo per il secondo anno consecutivo della partnership pubblicitaria tra la kermesse canora e Plenitude, società controllata al cento per cento dal colosso energetico italiano.
- Eni non ha voluto dire quanto ha investito per l’anno scorso a Greenpeace e ReCommon prima dell’assemblea degli azionisti ma «la partnership con il Festival di Sanremo è stata per Eni l’occasione per il lancio di Plenitude», ha scritto l’azienda.
«Perché Sanremo è Sanremo». Chi in Italia non ha sentito almeno una volta questo fortunato slogan tratto da una storica sigla dell’evento musicale e televisivo più famoso del paese?
Un claim che rende in modo esemplare l’aura di laica sacralità che circonda questo evento. L’importanza di parlare a una platea vasta, eterogenea e popolare come quella del Festival di Sanremo non è sfuggita a Eni: l’azienda, infatti, è sempre in cerca di palcoscenici da sfruttare che possano permettere di raggiungere facilmente milioni di italiane e italiani, per far passare le proprie comunicazioni su presunte svolte “green”, non sostenute però dai fatti.
Proprio come succederà questa settimana, grazie al rinnovo per il secondo anno consecutivo della partnership pubblicitaria tra la kermesse canora e Plenitude, società controllata al cento per cento dal colosso energetico italiano.
Nonostante annunci e pubblicità martellanti che potrebbero far pensare a una svolta sostenibile, Plenitude continua invece a basare le proprie attività principalmente su fonti fossili come il gas: lo testimoniano i dati della stessa società, le cui vendite nel 2021 (ultimi dati disponibili) sono state garantite per il 65 per cento dalle forniture di gas, mentre le vendite di energia elettrica sono state pari al 35 per cento. Ma anche gran parte di questa elettricità è derivata da fonti fossili.
Ambientalismo di facciata
Tanti annunci, ma pochissimi fatti quindi. Come già denunciato da Fridays for Future e Greenpeace Italia con campagne social e azioni di protesta pacifica che hanno contribuito ad accendere i riflettori, anche durante il Festival dello scorso anno, su questo fenomeno sempre più dilagante chiamato greenwashing.
Talmente pervasivo, ormai, da spingere di recente l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) a creare una task force contro questa forma di “ambientalismo di facciata”. A far scendere in campo la Commissione Europea, con la preparazione di un provvedimento ad hoc. E qualche mese fa, durante la Cop27, a indurre le Nazioni Unite a presentare un rapporto con dieci raccomandazioni rivolte a investitori, aziende e amministrazioni di città e regioni per evitare il greenwashing. Secondo gli esperti Onu, nessuna azienda e nessun governo può dirsi sostenibile se continua a investire nello sfruttamento dei combustibili fossili, a contribuire alla deforestazione o a perseverare in altre attività distruttive per l’ambiente.
Mancanza di trasparenza
Tornando a Sanremo, ma quanto costa a Eni/Plenitude la sponsorizzazione del Festival? Al momento non sembrano essere note le cifre per la partnership targata 2023, mentre per la sponsorizzazione dello scorso anno Eni ha preferito non diffondere dettagli perché - come ha risposto l’azienda a Greenpeace Italia e ReCommon prima dell’assemblea degli azionisti dello scorso maggio - «in considerazione della rilevanza strategica dell’accordo, si ritiene che l’eventuale pubblicazione del dato relativo al valore della partnership possa arrecare pregiudizio agli interessi economici e commerciali delle parti contraenti» (stessa argomentazione per cui il Cane a sei zampe ha ritenuto non fosse il caso di comunicare, dopo una analoga sollecitazione, nemmeno le cifre della sponsorizzazione delle diciannove nazionali di calcio italiane, tra le quali il team guidato da Roberto Mancini).
Eppure, la stessa Eni non si è risparmiata nello snocciolare altri dati, relativi al successo della scorsa edizione del Festival, e dunque di riflesso della strategicità della scelta di sponsorizzare la kermesse. «La partnership con il Festival di Sanremo è stata per Eni l’occasione per il lancio di Plenitude», ha scritto l’azienda nella medesima risposta a Greenpeace Italia e ReCommon.
«L’evento ha permesso di godere di una notevole visibilità e ha avuto ottimi riscontri in termini di audience con oltre 367 milioni di contatti lordi, il festival più seguito degli ultimi 10 anni, e 11 mln di audience media, oltre a 7 mln di contatti netti su RaiPlay e 33 mln di interazioni sui social».
Stop greenwashing
È anche grazie agli extraprofitti da record derivanti da gas e petrolio, in grandissima crescita da mesi, che Eni può sponsorizzare eventi come il Festival di Sanremo: sponsorizzazioni che servono solo a ripulirsi l’immagine e a sviare l’attenzione dalle gravi responsabilità dell’azienda nella crisi climatica.
È ora di liberare il mondo della musica, della cultura, dello sport, dell’informazione e dell’istruzione dalla propaganda tossica dell'industria fossile, così come già da tempo abbiamo fatto con le pubblicità e le sponsorizzazioni dell’industria del tabacco.
Perché Sanremo è Sanremo. Ma anche il greenwashing è greenwashing. E non possiamo più permettere che aziende fossili come Eni continuino a usare questa tattica per nascondere l'inferno climatico di cui sono responsabili.
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