Il magistrato ha chiesto l’archiviazione per la «particolare tenuità» del fatto, ma gli attivisti vorrebbero la formula piena perché ritengono di non aver commesso un reato. La mattina del 7 dicembre, erano stati fermati dalla polizia nella zona del grattacielo di Intesa Sanpaolo. Erano pronti a manifestare contro gli investimenti in petrolio, gas e carbone da parte della banca. Ma non è mai accaduto, sono stati fermati prima
La battaglia contro la procura degli attivisti per il clima continua, questa volta Extincion Rebellion chiede l’archiviazione con formula piena invece che per la «particolare tenuità» del fatto. La mattina del 7 dicembre, una ventina di attivisti erano stati fermati con una operazione di polizia, nella zona del grattacielo di Intesa Sanpaolo. Erano pronti a manifestare contro gli investimenti in petrolio, gas e carbone da parte della banca ma non è mai accaduto.
Intercettati prima che partisse l’azione nonviolenta, raccontano, si sono visti notificare sette denunce per possesso d’arma per tre estintori pieni di colore rosso e 13 denunce per manifestazione non autorizzata.
A tre mesi di distanza, la scorsa settimana, alle persone denunciate è stata recapitata la notifica della richiesta di archiviazione del pubblico ministero. «Siamo rimasti molto sorpresi», dice uno degli attivisti indagati, «il magistrato ha chiesto di archiviare perché i fatti sarebbero stati di particolare tenuità, non perché non abbiamo commesso alcun reato. Extinction Rebellion è un movimento nonviolento, ogni nostra azione è basata sui princìpi della disobbedienza civile nonviolenta, essere accusati di possesso d’arma è assurdo e diffamatorio».
La formula piena
Per questa ragione gli avvocati che seguono il procedimento hanno depositato una memoria di opposizione, chiedendo al giudice l’archiviazione con formula piena.
Le denunce di dicembre avevano suscitato manifestazioni di solidarietà da parte di cittadini, movimenti e forze politiche. Marco Grimaldi, deputato di Alleanza verdi-Sinistra ha depositato lo scorso 28 dicembre un’interrogazione parlamentare a risposta scritta, indirizzata al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
La necessità di fare chiarezza direttamente al ministero dell’Interno deriva, come spiega il testo dell’interrogazione parlamentare, dal fatto che gli attivisti di Extinction Rebellion sono stati denunciati ancora prima che qualsiasi forma di protesta potesse iniziare. Nel testo, infatti, l’ex consigliere piemontese, oggi a Montecitorio, riporta che non è legittimo «accusare qualcuno di aver svolto una manifestazione che non è mai avvenuta, così come non è legittimo considerare il presunto possesso di estintori come detenzione di armi».
Continuano così denunce, multe e provvedimenti restrittivi come i fogli di via, come quelli consegnati a 15 attivisti di Extinction Rebellion a luglio. Per loro «è in atto una pericolosa criminalizzazione di chi, con azioni simboliche, mette in luce le responsabilità di governi e finanza fossile nell’aggravarsi della crisi ecoclimatica». Adesso hanno inoltrato la richiesta di archiviazione con formula piena «per ricordare che chi lotta per la giustizia climatica non è un criminale».
Ultima generazione
Di recente, aveva fatto discutere la richiesta di sorveglianza speciale per un anno con obbligo di soggiorno avanzata dalla Questura di Pavia per il 20enne Simone Ficicchia, attivista del movimento ambientalista Ultima generazione. La Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha deciso che non fosse necessaria. Ficicchia aveva partecipato a una serie di azioni negli ultimi mesi, tra cui quella del 7 dicembre di fronte al teatro alla Scala, quando gli attivisti avevano lanciato vernice sull’ingresso a poche ore dalla prima.
Una delle manifestazioni del gruppo che aveva causato più clamore era stato l’imbrattamento del Senato. Dopo il fermo dei cinque attivisti che hanno eseguito il blitz, il gup ha fissato per tre di loro l’apertura del processo nelle prossime settimane.
Tre membri di Ultima generazione che avevano imbrattato la sede dell’Eni store di Roma sono in attesa della prima udienza del processo con l’accusa di violenza privata, danneggiamento e possesso di armi.
Due attiviste che avevano lanciato della zuppa contro la copertura in vetro di un quadro di Van Gogh rischiano una condanna fino a cinque anni di carcere. Sei attivisti che avevano bloccato il ponte della Libertà a Venezia sono già stati condannati a pagare una multa da 1.333 euro e sono anche loro in attesa di processo.
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