La partecipazione di Greta Thunberg all’assemblea dell’azionariato popolare dell’ex Gkn di Campi Bisenzio ha avuto un enorme valore politico sul piano dei simboli: è stata il sigillo del movimento per il clima globale alla fabbrica italiana che prova a farsi avanguardia dal basso della transizione europea.

Ora per questo percorso è anche il momento della concretezza, quella del nuovo piano industriale presentato dal collettivo dei lavoratori per rilanciare la produzione nell’impianto che fino all’estate 2021 produceva semiassi per l’automotive di lusso e che da allora è al centro di una delle più lunghe battaglie sindacali della storia italiana.

Il Collettivo dei lavoratori ha un piano e ora quel piano è pubblico, alla ricerca di alleanze, sostenitori, finanziatori, per poter finalmente partire, dopo tre anni e mezzo di ricerca, elaborazione e conflitto. Come spiega Dario Salvetti, portavoce del collettivo di fabbrica, «Questo progetto si scontra con i limiti della transizione ecologica e del capitalismo europeo nella sua interezza, sono problemi che non si possono risolvere con un solo piano industriale, ma noi proviamo a farlo in modo originale e partecipato».

I pilastri del piano 

Il progetto di reindustrializzazione dell’ex Gkn ha come pilastro la conversione della fabbrica alla produzione di pannelli fotovoltaici: in parte si dovrà confrontare con lo status quo delle filiere energetiche globali (monopolio cinese sul silicio monocristallino, costi elevati, dipendenza per le materie prime) ma prova anche a uscirne con la ricerca e sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche. Al momento le tecnologie solari alternative sarebbero una piccola parte della produzione totale, «ma l’idea è lavorare in futuro su queste soluzioni alternative per aggirare il monopolio cinese».

In tutto la produzione coprirebbe sette tipologie di pannelli fotovoltaici, compresi quelli custom (non invasivi dei contesti urbano e rurale) e i BIPV, quelli integrati con l’edilizia (Building Integrated Photovoltaics), che oltre a produrre energia svolgono altre funzioni come isolamento termico o protezione dal rumore.

L’altra idea interessante del piano industriale è avviare un processo produttivo verticale: vuol dire che la fabbrica seguirà non solo la produzione vera e propria dei pannelli, ma anche l’installazione, il revamping, lo smontaggio, il riciclo e il fine vita. I pannelli non sarebbero l’unico prodotto della fabbrica integrata, che avrebbe anche una linea, a cui si lavora da anni, per la produzione di cargo bike (in tutto sono già stati sviluppati quindici prototipi).

I numeri 

Cosa serve per partire? Il collettivo dei lavoratori calcola 11 milioni di euro per acquisire la linea produttiva e avere il flusso di cassa per andare avanti un un anno e mezzo. Di questi undici milioni, a oggi ne mancano cinque per essere pronti: i lavoratori chiedono anche un parte di intervento pubblico nel capitale sociale, a partire dalla regione Toscana. Il ritorno in termini fiscali per le casse pubbliche nei primi dieci anni di produzione sarebbe di 39 milioni di euro.

Ci sono finanziatori istituzionali interessati (il primo a venire allo scoperto è stato Banca Etica), c’è la funzione fondamentale dell’azionariato popolare che è in una fase di rilancio, e ci sono i sussidi di disoccupazione dei lavoratori, che diventerebbero parte del capitale sociale. La cooperativa ha già stretto le prime alleanze commerciali e produttive per essere pronta a partire, dalle comunità energetiche agli istituti di design.

I posti di lavoro previsti per la prima fase sarebbero cento, con numeri previsti a salire negli anni successivi, se il piano funzionasse. Lo slogan del collettivo in questa fase è «Spiccare il volo o cadere». La nuova scadenza per la verifica del piano è il 15 novembre. Dall’altre parte di questa che è diventata una vertenza dell’immaginazione c’è il proprietario dell’immobile (che è passato di mano diverse volte dalla delocalizzazione del 2021) per capire quali sono i termini della trattativa per far partire la produzione e trasformare questo piano in una nuova fabbrica, con la conversione definitiva da Gkn a Gff, cioè exGkn for Future, la prima fabbrica socialmente integrata d’Italia.

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