Gli scienziati sono sempre più convinti che stiamo vivendo nell’èra dei grossi incendi e la colpa è del cambiamento climatico. Quella che finora era una semplice sensazione empirica, ora è anche una teoria scientifica, basata sulla raccolta di dati e sull’osservazione delle immagini satellitari.

Si è scoperto che negli ultimi vent’anni in tutto il mondo sono aumentati gli incendi boschivi estremi. Inoltre, i fenomeni sono più intensi rispetto a quelli del passato, con un rilascio maggiore di anidride carbonica e danni sempre più considerevoli.

La ricerca, che è stata pubblicata su Nature Ecology & Evolution, sostiene che l’aumento di questi fenomeni è una conseguenza diretta del cambiamento climatico e delle attività antropiche, con temperature più elevate e condizioni di siccità prolungata. Se questa tendenza è stata studiata in questo caso a livello globale, anche in Italia i dati sugli incendi non sembrano molto diversi.

Gli incendi in Italia

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Secondo il rapporto pubblicato nei giorni scorsi dall’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, nel corso del 2023 l’Italia è stata colpita da incendi boschivi per una superficie complessiva di 1.073 chilometri quadrati, per intenderci pari a quasi un terzo della Val d’Aosta. In soli quattro giorni, dal 24 al 28 luglio del 2023, sono bruciati circa 80 chilometri quadrati di superficie boschiva.

I primi dati del 2024 sembrano confermare la tendenza: dal primo gennaio al 31 maggio la superficie complessiva colpita da incendi boschivi è stata di 39 chilometri quadrati, di cui quasi 12 appartenenti a boschi e foreste. La particolarità italiana è che gli incendi si concentrano perlopiù nel sud Italia. Finora l’80 per cento delle aree colpite quest’anno si trova in due sole regioni: la Sicilia e la Calabria. Nel 2023, le stesse due regioni hanno contribuito a più dell’83 per cento del totale di superficie forestale italiana colpito da grandi incendi boschivi. Per il 64 per cento la sola Sicilia.

Gli incendi nel mondo

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Se si guarda alla situazione italiana è dunque probabile che influiscano fattori locali (e su questo poi torneremo), ma l’intento della ricerca era proprio quello di superare una visione troppo limitata, per luogo e per cronologia. Le immagini satellitari permettono di avere questo sguardo più ampio, focalizzando l’attenzione sui casi davvero notevoli.

Come quelli che hanno colpito l’Australia nel 2019 e nel 2020, con una potenza senza precedenti e con conseguenze estreme. O quello, ancora peggiore, che è scoppiato nel 2015 in Indonesia. Si stima che a livello globale la quantità delle aree coinvolte dagli incendi è sì diminuita, ma questo deriva soprattutto dal fatto che siano calati gli incendi a bassa intensità che colpivano ad esempio le praterie africane e la savana.

Ma, secondo lo studio, sono invece sempre di più i casi di incendi estremi che hanno effetti collaterali immediati, come la perdita di biomassa e l’uccisione di grosse percentuali di organismi viventi.

«A differenza della maggior parte degli altri incendi», spiegano i ricercatori, «quelli boschivi estremi sono associati a conseguenze ecologiche, sociali ed economiche estreme. Compresa l’emissione di grandi quantità di fumo e di gas serra che peggiorano ulteriormente il riscaldamento climatico».

Il circolo vizioso

Il problema è che è proprio il cambiamento climatico ad essere il maggiore responsabile di quello che sta succedendo. Analizzando i dati satellitari, i ricercatori hanno dimostrato che il numero di incendi estremi è aumentato di oltre dieci volte negli ultimi vent’anni nelle foreste di conifere, in zone come gli Stati Uniti occidentali e il Mediterraneo. Di sette volte nelle foreste boreali del Nord Europa e del Canada.

Gli scienziati hanno inoltre dimostrato che l’intensità degli incendi più gravi è raddoppiata dal 2003. Dal 2017, in sette anni, ci sono stati i sei anni con il maggior numero di incendi estremi. In media, in tutto il mondo gli incendi estremi sono più che raddoppiati in frequenza e intensità negli ultimi vent’anni. Da questo nasce quel circolo vizioso che porta a più emissioni causate dagli incendi, maggiore riscaldamento climatico e quindi più incendi.

Le conseguenze

A questa situazione generale vanno dunque aggiunti i casi particolari. Come altrove nel mondo, anche in Italia il numero di incendi è diminuito nel tempo, soprattutto per motivazioni economiche e sociali, come il declino delle attività rurali, lo sviluppo delle città, i programmi di riforestazione e la generale attività di prevenzione.

Allo stesso tempo sono aumentati però i grossi eventi, con fiamme intense che distruggono ampie porzioni di terreno, con impatti significativi sulle vite umane. Questo significa che in questa analisi importi poco quale sia l’origine degli incendi, e il fatto che ad esempio molte volte la colpa sia dei piromani o delle organizzazioni criminali o ancora di singoli incendiari, che usano il fuoco per dirimere controversie locali. È quello che succede dopo che sta cambiando, in maniera evidente.

La generale siccità contribuisce al fatto che gli incendi abbiano conseguenze devastanti. Succede ogni estate e la sensazione dei ricercatori è che succederà sempre di più.

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