La geopolitica oggi non potrebbe essere più disinteressata alle faccende climatiche ma, allo stesso modo, il piano inclinato della crisi climatica continua a peggiorare, disinteressandosi delle nostre tensioni geopolitiche.

La spia rossa di allarme più lampeggiante ora è quella puntata sull'Artico, l'ecosistema più fragile e sofferente del globo e il primo che rischiamo di perdere del tutto nella forma in cui lo avevamo conosciuto come civiltà umana.

Sono usciti i dati di monitoraggio sul ghiaccio marino del servizio europeo Copernicus sul climate change e sono drammatici. Febbraio è il cuore dell'inverno, al Polo nord, ed è il momento in cui l'estensione del ghiaccio marino è vicina al suo massimo annuale (che di solito viene raggiunta a marzo).

Ecco, questo massimo annuale non è mai stato basso come nel febbraio che si è appena concluso. Il livello di copertura di ghiaccio in Artico a febbraio è stato l'8 per cento sotto le medie del mese ed è il livello minimo di febbraio da quando esistono le rilevazioni satellitari (1979).

In Antartide è la stagione opposta, l'estate, e lì la copertura di ghiaccio marino è addirittura del 26 per cento sotto le medie, il secondo dato peggiore di sempre. Anche qui il cambiamento non può essere più considerato temporaneo ma permanente, come ha spiegato alla Bbc Walter Meier, ricercatore del Nsidc (Us National Snow and Ice Data Center).

Effetto feedback

Anche secondo Samantha Burgess del servizio Copernicus, quella che stiamo osservando ai due poli è una delle conseguenze più dirette dell'aumento delle temperature globali. Un fatto strutturale con cui dovremo imparare a confrontarci.

La sofferenza dell'Artico è la più consolidata e preoccupante delle conseguenze del riscaldamento globale: una ricerca del 2022 aveva misurato che al Polo nord le temperature crescono al quadruplo della media globale, a causa dell'effetto di amplificazione artica, perché il calore in eccesso fonde il ghiaccio, senza quel ghiaccio l'oceano artico assorbe più radiazione solare, quindi diventa più caldo, e quindi si fonde ancora più ghiaccio, e così via. Un effetto feedback senza fine, aggravato dal fatto che il 2023 e il 2024 sono stati i due anni più caldi mai registrati.

L'effetto è che il ghiaccio marino polare si trova ai minimi per la stagione non solo d'estate ma anche in inverno. Febbraio è stato il terzo mese consecutivo da record negativo per la sua estensione in Artico. Le conseguenze non sono soltanto locali: il ghiaccio marino polare ha già perso in questi decenni il 14 per cento del suo effetto rinfrescante sul clima globale.

Ondata di calore

L'altro fenomeno che stiamo osservando in Artico è un'ondata di calore anomala, che ha portato sbalzi fino a 20°C superiori alle medie nell'arcipelago norvegese delle Isole Svalbard, al 78° parallelo nord. Può sembrare paradossale parlare di ondate di calore quando siamo intorno allo zero, ma è un fenomeno molto raro vedere la temperatura artica superare il punto di fusione del ghiaccio in pieno inverno.

Come ha spiegato Mika Rantanen dell’Istituto meteorologico finlandese, «Questo è un evento invernale di riscaldamento piuttosto estremo, forse non il più estremo mai osservato, ma sicuramente siamo molto al limite di quello che ci aspetteremmo in Artico».

La causa diretta di questo caldo anomalo è stata un sistema di bassa pressione sull'Islanda, che ha mandato un flusso di aria calda direttamente verso il Polo nord, ma gli studi di attribuzione ci dicono che le ondate di calore sono i fenomeni meteo che si possono collegare in maniera più lineare al contesto del cambiamento climatico. Se guardiamo al disegno più grande, negli anni '80 alla fine dell'estate l'estensione del ghiaccio marino era di 7 milioni di chilometri quadrati. Negli anni dieci di questo secolo si era già quasi dimezzata, scendendo a 4,5 milioni di chilometri quadrati.

Secondo Julien Nicolas, esperto di Artico di Copernicus, «Ci aspettiamo che l'oceano artico perda l'interezza della sua copertura di ghiaccio marino per la prima volta nei prossimi due decenni. Significa che quello sarà il primo paesaggio che sparisce a causa delle attività umane, a riprova di quanto queste attività siano state impattanti nel dare forma al nostro pianeta».

© Riproduzione riservata