Il conflitto sulla transizione ecologica alla Cop29 ha trovato la sintesi perfetta in due discorsi opposti pronunciati a Baku, nella stessa giornata, nello stesso luogo: l'assemblea plenaria della conferenza Onu sui cambiamenti climatici. Da un lato il premier spagnolo, dall’altro il presidente dell’Azerbaigian. E intanto in Olanda un tribunale ha annullato la sentenza di condanna nei confronti di Shell
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Il conflitto al cuore della transizione ecologica alla Cop29 ha trovato la sintesi perfetta in due discorsi opposti pronunciati a Baku, nella stessa stessa giornata e nello stesso luogo: l’assemblea plenaria della conferenza Onu sui cambiamenti climatici, dove c’è stato il primo dei due giorni di sfilata di capi di stato e governo che aprono il vertice.
Da un lato il capo di governo di un paese che ha sofferto per un disastro climatico immane, «il peggiore della nostra storia», come ha detto Pedro Sánchez, premier spagnolo, reduce dai morti di Valencia. Sánchez ha chiuso chiedendo di «salvare cittadini, economia e pianeta» abbracciando una transizione verso energie pulite «che è l’opposto di un ritorno all’età della pietra».
Dall’altro il presidente autocrate del paese ospitante, Ilham Aliyev, leader dell’Azerbaigian, che ha usato lo stesso podio per attaccare Unione europea, media occidentali e ong «controllate dagli stati» e ribadire che per lui è giusto sostenere (come aveva fatto mesi fa) che «le fonti fossili sono un dono di Dio». Non era un errore, una gaffe comunicativa, era esattamente quello che intendeva.
Il discorso di Sánchez
Il discorso di Sánchez era uno dei più attesi: tanti capi di governo europei hanno preferito non venire a Baku, ma il leader di un paese così colpito dalla crisi proprio non poteva saltare la Cop. Le sue parole sono state frutto di quel trauma e della responsabilità che ne deriva. «C’è una sola cosa importante quanto aiutare le vittime del disastro di Valencia ed è evitare che si ripeta».
Ha citato gli studi accademici di attribuzione, che hanno misurato come le alluvioni che hanno ucciso oltre 200 persone siano state aggravate da un’atmosfera satura di emissioni di gas serra. Ha portato un’idea di transizione «che non vuol dire decrescere, ma crescere in modo più responsabile. Non è facile, ma è possibile. Non è vero che decarbonizzare danneggia la classe media, sono i disastri come quello che abbiamo vissuto che la rovinano».
Da quando la crisi climatica si è aggravata, ogni Cop ha un disastro che simbolicamente indirizza il dibattito e il negoziato. Quest’anno, per la prima volta, è toccato a un paese europeo essere il portatore del trauma climatico, e non a una piccola nazione insulare del Pacifico o al Pakistan dei 3mila morti del 2022. Sánchez ha ribadito quello che dicono i rapporti scientifici: «Vengo da uno dei paesi più climaticamente vulnerabili al mondo», destino che la Spagna condivide con gli altri paesi del Mediterraneo, Italia compresa.
Il discorso di Aliyev
Poche ore prima, c’era stato il brutale intervento di Ilham Aliyev, che ha fatto saltare il felpato cerimoniale diplomatico che ruota intorno alla riduzione delle emissioni di gas serra. Pochi paesi al mondo sono dipendenti dagli idrocarburi quanto l’Azerbaigian: il 92 per cento delle sue esportazioni sono petrolio o gas, con l’Italia primo partner europeo.
Oggi, anche in virtù di questo legame, arriva Giorgia Meloni, che non se l’è sentita di saltare come altri leader europei, ma per motivi opposti a quelli di Sánchez. Dopo l’inevitabile passaggio sulle fonti rinnovabili, Aliyev ha detto di «voler aggiungere due parole su un altro segmento della nostra sicurezza energetica, petrolio e gas, anche se capisco che non è un argomento popolare a una conferenza sul cambiamento climatico».
A quel punto un brivido è sceso sulla schiena di chi lo stava ascoltando, a partire dal segretario generale dell’Onu António Guterres, che aveva appena detto che «raddoppiare le fonti fossili è assurdo, il 2024 è stato una masterclass di distruzione climatica».
Attacco alla Ue
Il problema è che è esattamente ciò che sta facendo l’Azerbaigian. «Nessun paese può essere colpevolizzato per avere combustibili fossili, o per venderli, è il mercato che ce lo chiede». Qui è arrivato il riferimento all’Unione europea. «Raddoppiare la produzione non è stata una nostra idea, è stata la Commissione europea a chiedercelo».
Aliyev ha menzionato l’incontro con Ursula von der Leyen del luglio 2022, quando l’Ue aveva chiesto soccorso al gas azero per affrancarsi da quello russo. «Il doppio standard, l’abitudine di impartire lezioncine ad altri paesi e l’ipocrisia politica sono diventate il modus operandi di politici, di ong controllate dagli stati e dei media pieni di fake news dei paesi occidentali». Non esattamente il tipico discorso di apertura di un vertice delle Nazioni unite, ma una buona spia di come è cambiato non solo il clima fisico della Terra, ma anche quello intorno alla transizione.
La sentenza Shell
Non è stata una giornata facile per chi si augura una transizione rapida: in Olanda la Corte d’Appello ha annullato il giudizio che nel 2021, con una sentenza storica, dava ragione alla ong ambientalista Milieudefensie e torto a Shell.
Il tribunale aveva imposto a Shell di ridurre le emissioni in maniera molto più drastica di quanto previsto dal loro piano industriale. Nel commento alla vittoria in appello, Shell ha scritto che «una sentenza di un tribunale non avrebbe ridotto la domanda di prodotti come benzina o diesel per le auto. I clienti si sarebbero semplicemente rivolti altrove». È lo stesso ragionamento di Ilham Aliyev: non siamo noi che produciamo idrocarburi a causare la crisi climatica, ma voi che li comprate.
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