«Non dobbiamo usare solo le rinnovabili, ma tutte le tecnologie disponibili: il gas naturale, i biocarburanti, l’idrogeno, la cattura e stoccaggio di CO2 e, in futuro, la fusione nucleare, che potrebbe produrre energia pulita, sicura e senza limiti». Questo è il menu della transizione energetica all'italiana proposto da Giorgia Meloni a Cop29.

Questo elenco di soluzioni per il problema più urgente dei nostri tempi include: una fonte di energia fossile (il gas), una che sta facendo una fatica incredibile a superare la fase di prototipo (la cattura e stoccaggio della CO2) e una che non esiste ancora (la fusione). Non esattamente un capolavoro di pragmatismo.

Meloni è passata a Cop29 veloce come un'ape e ha dedicato al vertice sul clima di Baku il tempo minimo indispensabile, che è comunque più di altri leader europei che proprio non sono venuti come Emmanuel Macron o Olaf Scholz, e di questo gliene va dato atto. È arrivata in città poco prima del suo intervento in plenaria, nel secondo e ultimo giorno del vertice dei leader che apre Cop29, ha usato i suoi tre minuti per ricordare al mondo, come spesso fa, che è una madre e quindi ha a cuore il futuro dell'umanità, è uscita dalla sala facendo tanti selfie ma senza parlare con la stampa, non ha fatto incontri bilaterali ed è tornata in Italia prima che facesse buio. 

È intervenuta subito dopo il segretario di stato del Vaticano Pietro Parolin, che ha fatto un discorso molto in linea con le ragioni del sud globale, legando il debito ecologico a quello economico.

«Gas e petrolio dono di Dio»

Sul perché Meloni abbia deciso di venire a Baku, a differenza di tanti suoi colleghi dell'Unione europea, il suo silenzio con i giornalisti ha lasciato solo la possibilità di fare interpretazioni. La prima: la leader di turno del G7 non poteva snobbare del tutto il vertice Onu sul clima. La seconda: il principale partner energetico dell'Azerbaigian non poteva snobbare il vertice di Baku. Il paese ospitante della Cop29 al momento è il nostro secondo fornitore di gas (dopo l'Algeria), ci vende il 57 per cento del suo petrolio e il 20 per cento del suo gas. Sono quelli che il presidente Aliyev ha definito «doni di Dio», quindi gli avrà fatto piacere sentire che Meloni ha inserito anche il gas nella sua ricetta per un futuro sostenibile, pur se in aperto contrasto con le raccomandazioni della scienza. 

Martedì è stato presentato il rapporto Global Carbon Budget, secondo il quale il gas è la fonte fossile che cresce di più e contribuisce al 21 per cento delle emissioni da energia. Secondo Luca Bergamaschi di Ecco, «la cosa più grave del suo intervento è il sostegno al gas, che contraddice gli impegni climatici di Dubai, fa un regalo all'industria fossile, espone i consumatori e le imprese ad alti costi dell'energia e mina gli obiettivi di sviluppo sostenibile».

Snobbata la fissione nucleare

Il passaggio più inatteso del suo intervento però è stato quello sull'energia nucleare. «L’Italia è all’avanguardia sulla fusione», ha detto. «Nel contesto della nostra presidenza del G7 abbiamo organizzato il primo incontro del World Fusion Energy Group, patrocinato dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Vogliamo usare questa tecnologia che potrebbe segnare una svolta, trasformando l’energia da un’arma geopolitica a una risorsa largamente accessibile».

In un elenco così dettagliato e specifico come quello che ha fatto in plenaria, colpisce che Meloni non abbia citato la fissione nucleare, cioè la forma di energia dall'atomo che è attualmente disponibile sul mercato, la tecnologia per cui spingono sia il suo ministro dell'Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, che il suo alleato Matteo Salvini.

Questo nucleare sta vivendo una rinascita culturale e politica in Italia e tecnologica nel mondo, ma Meloni lo ha snobbato, dedicando invece buona parte del suo intervento a parlare di fusione nucleare, una fonte di energia che è oggetto di tanta ricerca, a partire dai progetti di Eni, ma che non sarà disponibile commercialmente prima del 2050, nella più ottimistica delle ipotesi.

Il futuro è adesso

La crisi climatica ha soluzioni disponibili al presente e va affrontata nei prossimi tre decenni, in particolare in questo, mentre la fusione è l'opposto del pragmatismo e del realismo che la presidente del consiglio propone come approccio di destra alla questione climatica. La fusione come soluzione climatica somiglia preoccupantemente a usare i centri di detenzione in Albania per poche decine di migranti come idea per affrontare la questione migratoria.

Tra le reazioni all'intervento di Meloni in plenaria c'è stata quella di Nicola Armaroli del CNR, uno dei massimi esperti di energia in Italia. «Evocare una svolta storica dell’energia da fusione significa offrire false speranze, proprio in un momento in cui, come dice la stessa premier, serve un “approccio pragmatico”. La fusione nucleare, infatti, non è oggi un’opzione energetica. Anche uno dei progetti più ambiziosi a livello mondiale sulla fusione, ITER, che prova a coniugare i principali filoni di ricerca, anche se riuscisse nell’impresa di centrare tutti gli obiettivi nei tempi previsti, non potrebbe avere come risultato finale quello della commercializzazione dell’energia da fusione a confinamento magnetico prima di 50 anni».

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