Immaginari ma non troppo. Sono così i numerosi romanzi fantastici sul Vaticano, spesso non lontani dalla realtà, come invece sembrerebbe, e che dunque molto raccontano di questo mondo piccolo e chiuso, ma anche della chiesa cattolica. A cominciare dal raffinato capostipite di un vero e proprio genere letterario, l’Adriano VII di Baron Corvo (pseudonimo del tormentato scrittore inglese Frederick Rolfe) pubblicato nel 1904, fino al più recente ciclo “fantavaticano”: quello di Glenn Cooper, il prolifico autore statunitense di best seller – editi in Italia da Nord – tanto intriganti quanto riusciti.

Lo stesso papa Francesco ha più volte raccomandato uno di questi romanzi, per la verità molto particolare – Il padrone del mondo di Robert Hugh Benson (tradotto benissimo da Fazi) – spiazzando i suoi fan progressisti che evidentemente hanno di Bergoglio un’idea piuttosto stereotipata. Scritto nel 1907 da un convertito, per di più figlio del primate anglicano, questa visione di tenore apocalittico delinea un Giovanni XXIV (il nome che nel giro di un secolo diverrà il più ricorrente in questa letteratura fantastica) con i tratti del papa allora regnante, all’epoca popolarissimo.

«Erano occhi straordinari, che gli ricordavano quanto gli storici dicevano di Pio X» scrive Benson, svelando in questo modo il meccanismo di un genere letterario allora agli inizi: immaginare il futuro per raccontare il presente. In un saggio sulle più celebri «fantasie» letterarie vaticane pubblicato in un libro collettivo su Albino Luciani (Il papa senza corona, Carocci), lo scrittore spagnolo Juan Manuel de Prada afferma che Il padrone del mondo «merita di figurare tra le più lucide e sinistre utopie (o distopie, come si preferisce dire oggi) mai scritte, al fianco di 1984 o Il mondo nuovo», i capolavori di Orwell e Huxley.

Decenni più tardi, al tempo del concilio Vaticano II e agli antipodi di Roma, echi di Benson risuonano in un romanzo argentino scritto da un autore sicuramente noto al giovane Bergoglio, sconosciuto in Italia e riscoperto proprio da Prada. Gesuita espulso dall’ordine, Leonardo Castellani (con lo pseudonimo di Jerónimo del Rey) anticipa infatti nel suo Giovanni XXIV non solo un papa argentino mezzo secolo prima dell’elezione dell’arcivescovo di Buenos Aires, ma addirittura non poche caratteristiche del pontificato di Francesco.

Il protagonista di questa «resurrezione di don Chisciotte», come recita il sottotitolo del libro, è un argentino figlio d’immigrati italiani che, eletto papa, dichiara guerra all’«ecclesiasticismo» culminante nell’apparato vaticano e va a vivere in un edificio vicino al Laterano mentre s’avvicina lo scontro finale tra il comunismo, esito delle democrazie corrotte, e la «finanza senza patria». Il romanzo di Castellani, pubblicato nel 1964, si tinge così delle suggestioni apocalittiche inaugurate da Benson e fa storia a sé, sogno di un gesuita argentino controcorrente e visionario.

Romanzi dimenticati

Non è però un caso che il filone fantavaticano si diffonda negli stessi anni, nel pieno della stagione conciliare all’insegna dell’«aggiornamento», quando la stampa internazionale scopre la chiesa cattolica. Da allora i romanzi sul Vaticano attingono a piene mani all’attualità, e si rivelano anticipatori. Anche quelli dimenticati, come nel 1966 il Papa Francesco I di Piero Imberciadori, che si ispira alle Lettere agli uomini del Papa Celestino VI pubblicato vent’anni prima da Papini. O il divertente Berlinguer e il professore (anonimo ma scritto da Gianfranco Piazzesi), con un papa tedesco che attira folle divertite dal suo italiano decisamente teutonico. Nel 1975, quando Ratzinger era soltanto un brillante docente universitario.

Anticipatrice è la tetralogia vaticana dell’australiano Morris West. Che esordisce con un successo prevedendo nel 1963 l’elezione di un papa slavo – l’ucraino Kiril Lakota, ispirato alla vicenda di Josyf Slipyj, liberato dai sovietici poco prima della pubblicazione di Nei panni di Pietro (che al cinema diventa L’uomo venuto dal Kremlino) – ben quindici anni prima della novità di Wojtyła. E la leggenda vuole che l’arcivescovo di Cracovia, eletto nel 1978, amasse questo romanzo, uscito mentre moriva Giovanni XXIII e che dipinge la transizione dal Vaticano pacelliano agli anni conciliari.

Nel secondo romanzo vaticano, I giullari di Dio, West mette in scena nel 1981 le dimissioni forzate di un papa, il francese Gregorio XVII, sullo sfondo di una fine del mondo incombente. Nel terzo, Lazzaro, del 1990, racconta l’evoluzione del suo successore italiano Leone XIV dalla più rigida intransigenza a un aperto riformismo. Infine nel 1999 con il quarto, Eminenza, la storia si muove tra l’Argentina dei desaparecidos e le speranze riposte dallo scrittore australiano nell’arcivescovo di Milano – trasparente raffigurazione del cardinale Martini – per l’urgente rinnovamento della chiesa. Anticipando gli scenari dei conclavi del 2005 e del 2013, con le ombre mai davvero dissipate di quegli anni bui «quasi alla fine del mondo».

Alla stagione postconciliare, ma su posizioni mordacemente critiche sull’evoluzione della chiesa, risale pure l’intelligente e sofisticato Roma senza papa di Guido Morselli, scritto tra il 1966 e il 1967. Pubblicate postume nel 1974 da Adelphi, queste geniali «cronache romane di fine secolo ventesimo» costituiscono però un caso a sé, di notevole valore anche letterario.

La morte improvvisa, e subito avvolta nel mistero, di Giovanni Paolo I dopo appena un mese di pontificato – provocando una disfatta comunicativa a cui molto contribuiscono la chiusura totale e la goffaggine delle strutture vaticane – e i due conclavi del 1978, seguiti dai primi scandali dello Ior, alimentano con nuovi spunti, tra realtà e fantasia, il filone fantavaticano. Che invade anche il cinema, come ha ben mostrato Emilio Ranzato nel libro Il papa senza corona.

Irrompe Dan Brown

Ma su questa letteratura fantavaticana irrompe Dan Brown con il personaggio di Robert Langdon, il docente di simbologia ad Harvard che richiama un eroe cinematografico indimenticabile: l’archeologo Indiana Jones. Ma se questi si tiene ben lontano dalle mura vaticane, Langdon vi scorrazza, nel 2000 in Angeli e demoni e tre anni dopo nel successo mondiale Codice da Vinci, dove si scontra con un Opus Dei dalle tendenze criminali. Il professore americano però si stanca del Vaticano, per lui sicuramente troppo complicato.

Di ben altro livello si dimostra il suo collega Cal Donovan, che nella stessa università statunitense insegna storia religiosa, diventa uomo di fiducia di tre papi – l’italiano Celestino VI, il portoghese Giovanni XXIV, lo statunitense Giovanni XXV – e, donnaiolo impenitente ma infelice, scopre di essere innamorato di un’affascinante suora, Elisabetta Celestino. Fin qui nulla di strano, ma la religiosa italiana è destinata a divenire la segretaria personale di Celestino VI e poi, nominata da Giovanni XXIV, addirittura segretario di stato. Per sommi capi è questa la vicenda della saga di Glenn Cooper. Le storie del professor Donovan e di Elisabetta sono narrate in otto romanzi vaticani (2011-2024, tradotti con scioltezza da Barbara Ronca), con trame ben costruite tra il passato anche remoto – fino a risalire alle origini cristiane – e l’attualità oltre le mura leonine, grazie a diverse fonti abilmente dosate.

Spicca nel ciclo la questione della donna nella chiesa, che si affaccia già nel primo romanzo (Il marchio del diavolo) ma si fa predominante – tra colpi di scena inattesi e avvincenti che non vanno svelati – negli ultimi tre: La quarta profezia (ovviamente di Fátima), La verità di Maria e L’ultimo conclave. In un Vaticano molto plausibile suor Elisabetta non è però la prima donna ad arrivare al culmine del potere cattolico, e Cooper naturalmente lo sa.

Oltre il precedente storico di suor Pascalina Lehnert, braccio destro di Pio XII, nel 2020 la coreana Teresa Yo Won – nell’intrigante romanzo La donna cardinale di Lucetta Scaraffia (edito da Marsilio, tradotto in francese e in spagnolo) – viene non solo nominata segretario di stato ma anche rivestita della porpora romana dal papa guatemalteco Ignazio. E in un cavalleresco e ammiccante omaggio alla sua fonte Cooper mette in scena proprio Scaraffia, che dirige «Donne Chiesa Mondo», la rivista femminile vaticana, con il nome di Annalisa Paciolla.

Infine, il conclave. Che nell’ultimo libro di Cooper è ancora più sorprendente di quello romanzato nel 2016 da Robert Harris e prossimamente interpretato al cinema da Ralph Fiennes e Isabella Rossellini.

© Riproduzione riservata