Il successo della raccolta firme al referendum per abrogare l’autonomia differenziata impone al governo la ricerca di una via d’uscita
Una olimpica carica di cavalleria da Nord a Sud in tre-quattro giorni infilza il governo con migliaia di firme, fa a pezzi le afone banalità della stagionata “meglio gioventù” leghista, rende assordante il silenzio fuggitivo della premier e impone al governo – ma forse ancora non lo sa – la ricerca di una via di uscita, che non sia l’acqua fresca di patetici Osservatori sull’autonomia.
Né lodo né compromesso
La scottatura – qualcosa di più di una insolazione – comincia a bruciare anima e corpo di questa maggioranza esposta ai contraccolpi di una incompatibilità la cui oggettiva immanenza, rimasta finora nel limbo, oggi emerge con il peso della sua imbarazzante, logica, evidente concretezza.
Non c’è stato verso di indurre i davvero pochi benpensanti al governo di inserire emendamenti capaci di disinnescare le grossolane furbizie di quel dotto intruglio per attuare l’Autonomia.
Oggi si parla del “lodo Giorgetti”: sarebbe la manna dal cielo, purché voglia davvero riprendere il cammino sui binari fin dal 2009 predisposti dalla legge 42 a firma Calderoli, fino a oggi disertati e che la legge 86/2024, con le sue contorsioni, intende smaccatamente eludere. Non si tratta né di lodo né di compromesso, ma di una resa al buon senso per intraprendere con pazienza un percorso chiaramente tracciato per adempiere a una opportunità (non un obbligo!) contemplata in Costituzione nella riforma (bella o brutta che sia!) del 2001.
Il ministro Giorgetti sa anche che il tema è esplosivo.
Certo il buon senso, la rinuncia a grossolani giochi ingannatori esigono un prezzo: volontà, tempi lunghi e patti chiari, ma, a ben vedere, offre una onorevole via di uscita per tutti.
Discutere di contenuti
Al popolo referendario, giustamente ebbro di gloria per la spettacolare e sonora lezione che da Nord al Centro e a Sud è impartita a quella “meglio gioventù” che da anni replica astuzie su logori canovacci, va chiarito che abrogare la legge 86 è nell’interesse di tutti, estimatori e oppositori, dell’Autonomia, seppellendo questo parto parlamentare, a prescindere che si arrivi o meno al referendum, segnala una comune volontà civica che respinge il modo e il metodo e chiede che finalmente si discuta di contenuti.
Il Grande Nord Sovrano, per reazione uguale e contraria, potrà far riesumare un Grande Sud Sovrano.
Non è certo questa la risposta coerente alle condizionalità imposte dall’intervento straordinario dell’Unione europea con il Pnrr, per salvare il grande malato d’Europa.
E con chi potrà dialogare l’Ue nell’Italia del premier “forte” che indossa i fiabeschi panni dell’”imperatore nudo”?
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