La riforma cristallizza i divari tra i territori. Non è previsto un criterio per valutare se le norme promuovano un effettivo miglioramento per i cittadini delle diverse aree territoriali
La legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni costituisce un rischio grave per tutte le cittadine e i cittadini italiani, poiché contiene le condizioni per cristallizzare i divari esistenti e aumentare le disuguaglianze. Il problema non è l’autonomia, che è un valore in sé sancito anche dalla Costituzione, ma il fatto che la legge manca di una adeguata coniugazione con i principi di solidarietà e perequazione, diritto a pari prestazioni a prescindere dal luogo di residenza, unitarietà delle politiche pubbliche.
Come scriviamo nel documento “Autonomia differenziata e disuguaglianze di accesso ai servizi”, la legge non prevede alcun criterio di valutazione per l’assegnazione delle competenze alle Regioni che ne fanno domanda; non prevede alcun criterio per valutare, regione per regione, se l’autonomia rappresenti effettivamente un miglioramento per i cittadini che risiedono nella Regione stessa e o nelle altre.
Questa mancanza diventa eclatante nel confronto fra territori. Nella legge non si menziona alcun fondo ordinario per combattere i divari regionali che in Italia sono ancora profondi, in particolare quello previsto dal comma 3 dell’art. 119 della Costituzione, tradendo il principio di solidarietà e perequazione che è un principio cardine dell’articolo stesso.
Garantire i Lep – Livelli essenziali delle prestazioni – significa per tutti noi poter esercitare i propri diritti allo stesso modo ovunque si risieda. Se però la definizione dei Lep ha come obbligo il vincolo di bilancio, come previsto dalla legge sull’autonomia, significa in definitiva tornare alla spesa storica: saranno le risorse disponibili a determinarli, in contrasto anche con la sentenza n. 275 del 2016 della Corte costituzionale che sancisce che deve essere «la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione». Poiché l’Italia è segnata da profondi squilibri strutturali della spesa pubblica, l’autonomia differenziata cristallizzerà la situazione.
Problemi anche al Nord
I problemi non riguarderanno solo chi abita al Sud. Il processo di frammentazione delle politiche nazionali, esteso anche alle materie che non richiedono Lep, determinerà svantaggi comparati anche per il Centro-Nord, a causa di costi che famiglie e imprese dovranno subire per far fronte al moltiplicarsi di regolamentazioni e leggi da rispettare per chi opera su più regioni. La frammentazione degli interventi renderà anche le economie del Centro-Nord più deboli rispetto alla competizione internazionale. Infatti la dimensione di importanti politiche pubbliche (energia, ambiente, industria) viene portata a livello locale laddove servirebbero politiche a dimensione nazionale o europea.
Ancora, rispetto alla sanità, le regioni settentrionali corrono gli stessi rischi di desertificazione sanitaria di quelle meridionali, quasi tutte molto deboli nell’assistenza territoriale. In Italia la spesa pubblica è di molto inferiore a quella di altri paesi europei (6,8 per cento dell Pil contro la media europea del 7,1 per cento) e questo già oggi determina un aumento delle disuguaglianze all’interno delle Regioni, fra aree urbane e interne.
E poi la scuola. Regionalizzarla significa disgregare il sistema nazionale dell’istruzione pervenendo a programmi diversi nei diversi territori e a sistemi diversi di reclutamento degli insegnanti, facendo perderle la sua funzione principale che è quella di generare uguaglianza. Ogni norma attuativa dell’autonomia differenziata non può non darsi carico di questi rischi, accentuati sia dall’esistenza di gravi disuguaglianze nella qualità e nei risultati dell’istruzione, di nuovo fra Regioni e all’interno delle Regioni e dei territori, sia dal sotto-investimento in questo servizio.
Anziani dimenticati
Infine, l’assistenza agli anziani non autosufficienti. Anche in questo settore, l’Italia investe solo il 10,1 per cento dell’intera spesa sanitaria pubblica contro il 26,3 per cento in Svezia e del 24,8 per cento in Olanda. Purtroppo l’attesa di una riforma organica del settore, prevista nel Pnrr, è stata disattesa dal governo in carica, perché il recente decreto attuativo della legge delega 33/2023 non pone le basi per il futuro dell’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia. Le modalità con cui si prevede di attuare l’autonomia differenziata allontanano ancora di più tale obiettivo.
È dunque evidente che il modo in cui si sta dando attuazione all’autonomia differenziata rappresenta l’abdicazione incontrollata della responsabilità dello Stato verso l’intera nazione e la cristallizzazione e probabile aggravamento delle sue disuguaglianze, dentro ogni città, fra città e aree interne, fra Regioni.
Per queste ragioni, il Forum disuguaglianze e diversità è uno dei 34 soggetti del Comitato promotore per il Referendum per l’abrogazione della legge. La raccolta firme, appena avviata, è il primo passo da compiere.
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