Meno tasse, e questo era scontato. Ma anche meno green, meno ambientalismo, definito «autolesionistico e autoreferenziale». E poi un‘Europa «diversa», capace di rilanciare la crescita a suon di investimenti.

Dal palco dell’assemblea generale di Confindustria, di fronte a mezzo governo schierato in prima fila, a cominciare dalla premier Giorgia Meloni, il presidente Emanuele Orsini racconta ansie e preoccupazioni degli imprenditori, ne elenca obiettivi e priorità. Un lungo discorso che in gran parte finisce per coincidere con i temi più cari alla narrazione del governo. E così non è una sorpresa se Meloni, che prende la parola subito dopo Orsini, esordisce complimentandosi con il capo della lobby degli imprenditori, di cui condivide «spunti e analisi di scenario».

I punti di contatto sono in effetti molti, ma governo e industriali parlano con una voce sola quando il discorso affronta il nodo, più che mai strategico, della transizione ambientale. In un crescendo polemico e tra gli applausi scroscianti della platea di imprenditori, il presidente di Confindustria, eletto la scorsa primavera e al suo esordio all’assemblea generale, lamenta i «troppi errori del Green deal europeo», afferma che la «decarbonizzazione inseguita al prezzo della deindustrializzazione è una debacle», parla del mercato dell’auto elettrica che «stiamo regalando alla Cina», chiede che venga spostato in avanti lo stop al motore endotermico fissato dalla Ue al 2035. Una cosa da fare subito, dice Orsini. Meloni è d’accordo.

C’è piena sintonia anche sul tema del «necessario» ritorno al nucleare per arrivare all’indipendenza energetica del paese, perché «le rinnovabili non bastano», secondo il leader degli imprenditori. Dal palco di Confindustria, la presidente del Consiglio afferma che la strategia Ue sulle auto elettriche è un esempio di «approccio autodistruttivo», così come è «ideologico», sostiene la premier - l’approccio che ha accompagnato la nascita e lo sviluppo del Green Deal europeo.

Orsini chiede un cambio netto della politica Ue, perché le regole europee mettono a rischio migliaia di posti di lavoro non solo nell’automotive, ma anche in altri settori ad alto consumo energetico: acciaio, carta, ceramica, metallurgia.

Tutti con Draghi

Meloni promette di fare di più in Europa per cambiare una strategia che fin qui «non è stata intelligentissima» e cita il rapporto sulla competitività di Mario Draghi che sottolinea l’esigenza di «investimenti e risorse adeguati» per centrare gli ambiziosi obiettivi della transizione ambientale.

Poche ore dopo, proprio Draghi ha varcato il portone di Palazzo Chigi per un incontro con la presidente del Consiglio, che nei giorni scorsi aveva invitato il suo predecessore alla guida del governo. Un incontro, quello tra Meloni e l’ex banchiere centrale, che è stato preceduto, l’11 settembre scorso, dalla visita di Draghi a Marina Berlusconi, fonte di polemiche e sospetti per l’attivismo dell’erede del Cavaliere.

I ripetuti tentativi di Forza Italia di smarcarsi dalla linea ufficiale dell’esecutivo certo non hanno contribuito a calmare le acque. Tanto che è dovuta intervenire personalmente la presidente di Fininvest che in una lettera al quotidiano La Repubblica ha voluto ribadire la sua stima per Tajani e Meloni. Il faccia a faccia  avrebbe avuto come argomento principale i temi sollevati da Draghi nel suo rapporto. Primo tra tutti l’assoluta necessità di unire le forze tra tutti i paesi Ue per far fronte ai giganteschi indispensabili per ridurre il divario con Cina e Stati Uniti.

Il tema del grave ritardo europeo nella sfida globale della competitività è risuonato anche nell’auditorium romano che ha ospitato l’assemblea di Confindustria. Orsini ha attaccato il nuovo Patto di stabilità, che è «uguale al vecchio» e non privilegia gli investimenti, penalizzati dall’assenza di un mercato unico dei capitali.

Sotto accusa anche la Bce «più prudente del necessario», causa principale del denaro troppo caro. Un fronte polemico, anche questo, su cui sono soliti insistere anche i partiti della maggioranza.

Dal capo degli imprenditori sono arrivati i ringraziamenti al governo che in sede di legge di bilancio «vuol tener dritta la barra dei conti». Quando si parla di tasse, però, Orsini mette sul piatto una serie di richieste dall’abolizione dell’Irap al ripristino dell’Ace, cioè la norma, abolita dal governo Meloni, che facilitava con sgravi fiscali il rafforzamento del capitale aziendale. Pare difficile che su questi punti possa arrivare qualche novità con la prossima legge di bilancio. Così come non sarà facile esaudire la richiesta di Orsini a proposito del taglio di cuneo fiscale, che Confindustria vorrebbe rendere permanente, mentre verrà rinnovato, questa è l’unico impegno di Palazzo Chigi, solo per il 2024 e poi si vedrà.

Salari e affitti

Il costo del lavoro in Italia è molto elevato, ha ricordato Orsini, proprio per effetto del cuneo fiscale, cioè tasse contributi. In tema di lavoro e occupazione il presidente di Confindustria è tornato sulla proposta avanzata nei giorni scorsi di un “piano edilizio per i neoassunti”. In sostanza contributi, in parte pubblici e in parte privati, per agevolare l’acquisto della casa.

«La scarsità di abitazioni a un costo sostenibile è uno dei maggiori ostacoli per reperire nuovi occupati”», ha detto Orsini, che chiede di arrivare ad affitti sostenibili grazie a nuove formule di garanzia finanziaria, in parte a carico dello Stato. Soluzione che forse potrebbe rivelarsi efficace, ammesso che il governo (che ha preso tempo) accolga la proposta.

Di sicuro il problema dei neoassunti che non possono permettersi un mutuo e neppure di affittare la casa potrebbe essere più facilmente risolto se le aziende aumentassero gli stipendi ai giovani, anche laureati, spesso costretti a lunghi periodi precariato con compensi irrisori. Di questo però Orsini non ha parlato.

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