Il potere d’acquisto degli italiani cresce e ritorna ai livelli prepandemici, ma a costo di grandi sacrifici lavorativi e del tutto inadeguato in uno scenario politico-economico instabile che erode la fiducia collettiva e aumenta i timori per gli anni a venire.

Il Rapporto Coop 2024, presentato in anteprima ieri mattina a Milano, disegna un paese frugale e parco nella gestione dei consumi, saggio e selettivo negli acquisti, sobrio nelle abitudini e attento alla cura della salute e dalla persona più che alla rincorsa del superfluo. Gli sprechi sono banditi per lasciare il posto all’essenziale, in un’ottica consapevolmente de-consumistica.

A conferma, sostiene Marco Pedroni, presidente Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori), della «grande preoccupazione degli italiani per lo scenario internazionale e per le guerre in corso, mentre sul piano interno vengono percepiti alcuni miglioramenti della situazione economica e delle prospettive del Paese. Un paese a due velocità dove comunque permangono ampie sacche di difficoltà».

In un contesto geopolitico e macroeconomico che rendono le preoccupazioni per le guerre, le minacce alla democrazia e gli effetti della crisi climatica non più prospettive lontane ma realtà concrete, congiunturali, che sono dietro la porta di casa, in un sentiment di sfiducia e timore generalizzato.

I redditi da lavoro dipendente crescono al traino di un mercato del lavoro in buona salute, ma i salari non soddisfano il 75 per cento dei lavoratori e non tengono il passo con il costo della vita. Mentre per ottenere redditi reali di poco superiori a quelli del 2019, l’over working ha costretto gli italiani nel 2023 a un surplus di un miliardo e mezzo di ore lavorate in più.

Con il potere d’acquisto, crescono anche i consumi, che tornano, in termini reali, ai livelli pre-pandemia, registrando uno +0,3% nel 2023 rispetto al 2019, ma in una dinamica diversa, guidati più che in passato dalle spese necessarie e meno da scelte discrezionali delle famiglie.

Restano sogni e desideri comprare un’auto nuova, ci hanno rinunciato 15 milioni di italiani nel 2024, o la casa di proprietà. Così come non sono più attrattivi i prodotti tecnologici a partire dallo smartphone, che hanno visto le vendite a volume nell’ultimo anno calare di oltre il 6 per cento insieme alle tv e ai pc.

La febbre consumistica si è esautorata a favore dell’acquisto più oculato di prodotti tech per la cucina e il beauty. «Più in generale i dati che mostrano uno stop alla caduta dei volumi del largo consumo sono senz’altro positivi, ma lo scenario dei consumi rimane ancora debole e caratterizzato da una grande “volatilità”», dichiara Domenico Brisigotti, direttore generale Coop Italia.

«Stiamo assistendo ad una ripresa della spinta promozionale, funzionale a sorreggere i volumi e allo sviluppo della competizione intra marche e tra i canali. Da una parte prosegue la crescita della mdd (marca del distributore, ndr) e dall’altra quella del discount anche se sorretta dalle aperture».

Il senso delle rinunce

Le difficoltà nel paese restano e sono consistenti, nonostante i redditi e consumi siano aumentati, siano diminuiti gli italiani che versavano in situazioni di disagio profondo, oggi 12 milioni rispetto ai 20 milioni del 2022, e che le famiglie che si ritrovano in difficoltà ad affrontare una spesa imprevista di 800 euro passano dal 45 per cento del 2023 al 33 per cento.

Gli italiani scelgono di risparmiare e optano per uno stile di vita a basso impatto, preferendo riparare o acquistare di seconda mano più che comprare oggetti nuovi, dimostrando una certa indifferenza al consumo fine a sé stesso. Crescono infatti del 26 per cento le intenzioni di riparare i propri oggetti con maggiore frequenza e del 24 per cento la scelta di prodotti di usati.

Se da un lato si registra una propensione al risparmio e una considerevole frenata ai consumi non necessari, dall’altro aumenta l’attenzione al benessere personale e alla propria salute che però spinge gli italiani verso la sanità privata.

In questa tendenza collettiva al risparmio, al benessere e al raziocinio, il comparto alimentare rimane però l’unico in cui tagliare la spesa diventa un’opzione solo per pochi, con il 21 per cento del campione che dichiara che aumenterà la sua spesa contro il 10 per cento di chi intende diminuirla.

Con una valorizzazione alimentare degli stili orientati al benessere e alla sostenibilità, la scelta del cibo passa dalla “testa” piuttosto che dalla “pancia” e questo spiega, sottolinea il rapporto, molte delle rinunce in atto.

© Riproduzione riservata