Il futuro, come diceva il sociologo Anthony Giddens, non lo possiamo prevedere, «ma possiamo generare scenari alternativi futuri e facendolo possiamo aiutare a dar forma al futuro». Per concepire sguardi alternativi è necessario individuare le sensazioni che hanno le persone sul futuro e i fattori nemici di un domani più sereno.

A livello globale i più ottimisti sull’anno appena iniziato sono i cittadini dell’Indonesia (per il 90 per cento il 2025 sarà migliore del 2024). Seguono colombiani (88), cinesi e filippini (87), peruviani (85), sudafricani e messicani (84). Tra gli europei la classifica è guidata da polacchi e ungheresi (72), seguiti da irlandesi e svizzeri (69), olandesi (67), svedesi e spagnoli (66), britannici (61).

Gli italiani si collocano nella parte bassa della classifica con il 58 per cento di ottimisti, insieme ai tedeschi (56), ai belgi (51) e ai francesi (50). Integrando il quadro dei 33 paesi offerto da Ipsos global Advisor, con i dati dell’osservatorio Fragilitalia, del centro studi di Legacoop e Ipsos, possiamo completare la vision sul 2025 degli italiani.

Dal punto di vista economico, per il 42 per cento l’Italia rischia la recessione, mentre per il 34 il 2025 sarà un anno di stagnazione. Solo il 24 per cento di italiani (soprattutto del ceto medio) prevede una ripresa economica. La maggioranza del paese (63 per cento), inoltre, paventa per il 2025 un ulteriore aumento del costo della vita. La speranza che quest’anno sia migliore di quello passato (quel 58 per cento che già colloca l’Italia con Germania e Francia in fondo alla classifica globale) è ulteriormente calmierata dalla sensazione, condivisa dal 61 per cento, che all’orizzonte non si vedono particolari spinte capaci di imprimere un miglioramento dello status quo.

I nemici del futuro

I principali killer del futuro sono molteplici, ma su tutti svetta il tema delle guerre (60 per cento). Per la stragrande maggioranza degli italiani i conflitti in corso e quelli che possono prendere corpo sono i veri fattori che possono distruggere il futuro. «La pace perpetua è il fine ultimo di tutto il diritto delle genti» diceva il filosofo Immanuel Kant oltre duecento anni fa. Gli esseri umani, però, hanno difficoltà a imparare dalla storia e tendono a ripetere gli errori e non le scelte giuste.

Al secondo posto tra i killer del futuro ci sono i cambiamenti climatici (55), a dimostrazione della perdurante consapevolezza ambientale e del bisogno di agire in modo che le conseguenze siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra. Anche qui le sirene degli ultimi mesi non sembrano andare nella direzione di un rafforzamento della lotta al clima, ma sembrano aver imboccato la via di una stridente frenata.

Al terzo posto tra i nemici del futuro c’è l’eccessiva quantità di ricchezza in mano a pochi (36). Un dato estremamente significativo che porta alla luce l’accrescersi, nell’opinione pubblica, della coscienza che lo sviluppo delle fratture sociali non porta nulla di buono alla società, anzi che il capitalismo neo liberista sta generando disuguaglianze arbitrarie e insostenibili.

Nella classifica dei nemici per il futuro troviamo altri tre fattori tutti con più o meno lo stesso peso: l’inflazione (32), la corruzione (27) e la precarizzazione lavorativa (25). Tutti elementi generatori di ansia e sfiducia, produttori di uno stato di incertezza permanente, che porta le persone a non sapere che percorsi seguire, che scelte fare.

Lo sguardo e le parole

Per generare scenari alternativi allo status quo attuale è utile zoomare su quale può essere il cammino per il futuro, attraverso le parole che lo identificano. Se la guerra è il primo nemico, la pace, secondo il 41 per cento degli italiani, è la prima pietra che deve lastricare la strada del futuro. Insieme ad essa le altre due pietre indispensabili per costruire la via del domani sono sicurezza (39) e giustizia sociale (38). Una triade tematica che ci ripropone il valore di una frase di Martin Luther King: «La vera pace non è semplicemente l’assenza di tensione: è la presenza della giustizia».

In un mondo sempre più imprevedibile e ondivago, questa triade è una delle principali forze motrici dei desideri e dell’agire delle persone. A supporto di questa triade intervengono altri fattori come il bisogno di una forte democrazia (35), il desiderio di uguaglianza (33), nonché la necessità di una spinta veramente ecologica (30). Serenità (27), benessere (26), economia circolare (18) e riduzione del consumismo (17), completano il quadro delle parole con cui dovrebbe essere lastricata la strada del futuro.

La sfida del futuro

Se le preoccupazioni per guerre, cambiamenti climatici e disuguaglianze economiche mostrano la consapevolezza dell’opinione pubblica delle interconnessioni globali e dei rischi sistemici che questi tre fattori portano con sé; le aspirazioni a pace, sicurezza e giustizia sociale indicano la profondità del forte desiderio di stabilità e equità. Un dualismo di paure e speranze emblema di una società in cui, come diceva Ulrich Beck, «la produzione di ricchezza è sistematicamente accompagnata dalla produzione sociale di rischi». La presenza, inoltre, di concetti come ecologia, benessere, economia circolare e riduzione del consumismo mostrano la consapevolezza dell’urgenza di un impegno da parte di tutti, personale e concreto, verso una “politica della vita”, come la chiama Giddens, in cui le scelte di ognuno sono fondamentali per il futuro e determinano l’agire e, soprattutto, che società vogliamo essere.

La sfida per il 2025 e per gli anni a venire non si gioca solo sull’urgenza di mettere la parola fine alla follia delle guerre e dei massacri, sulla volontà di non frenare la lotta al clima, sull’impellenza di intervenire sulle disuguaglianze sociali, ma si gioca anche sulla volontà di riprendere il cammino interrotto verso l’idea, come diceva Bauman, di «creare un’umanità comune, pienamente inclusiva, in un pianeta che tutti condividiamo».

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