- Le forme di fastidio verso l’immigrazione coinvolgono maggiormente il cento medio (65 per cento) rispetto ai ceti popolari (59 per cento), i liberi professionisti e i piccoli imprenditori (al 63 e 77 per cento), rispetto agli operai (54 per cento), agli studenti (52 per cento) e ai disoccupati (49 per cento).
- Nella scala delle preoccupazioni per il futuro dei figli, tra i primi 10 temi, ritroviamo la paura di lasciare alle nuove generazioni un paese con troppi immigrati.
- Nella top ten dei problemi del paese, infine, troviamo in vetta alla classifica i cambi climatici, l’accrescersi delle diseguaglianze sociali, l’inflazione e la precarizzazione del lavoro, ma in bella evidenza resta sempre anche la questione dei flussi migratori.
L’agenda politica e mediale ha fatto riaffiorare in queste settimane il tema dei migranti. Il Covid prima, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il caro bollette e l’inflazione poi, hanno catturato l’attenzione mediale, ma nell’opinione pubblica la tensione sul tema migranti ha continuato a essere accesa sotto la cenere.
Il fastidio per i migranti
All’origine delle pulsioni anti immigratorie che attraversano una parte consistente della società italiana ritroviamo diversi elementi. In via generale c’è un conclamato fastidio verso i migranti (40 per cento) e la convinzione che il nostro paese non possa accogliere tutte le persone che arrivano.
Ne è persuaso il 62 per cento dell’opinione pubblica con punte intorno all’80-90 per cento tra gli elettori di destra e centrodestra. Dati alti anche tra gli elettori di centro (71 per cento) o che guardano al Movimento Cinque stelle (54 per cento). In forma minoritaria, pur sempre con percentuali di peso, il tema attraversa le fila del centrosinistra (41 per cento) e della sinistra (36 per cento). A mostrare dinamiche meno accoglienti sono, soprattutto, gli over 40 anni, con percentuali oltre il 60 per cento, rispetto agli under 30 anni (tra le cui fila il dato scende al 52 per cento). Le maggiori spinte serranti le incontriamo a nord ovest e nord est (rispettivamente al 66 e 65 per cento), al sud e nelle isole (66 per cento); nelle città medie (67 per cento), mentre nelle città metropolitane il dato scende al 55 per cento; nelle periferie urbane (62 per cento) come nelle zone centrali delle città (67 per cento).
Le forme di fastidio verso l’immigrazione coinvolgono maggiormente il ceto medio (65 per cento) rispetto ai ceti popolari (59 per cento), i liberi professionisti e i piccoli imprenditori (al 63 e 77 per cento), rispetto agli operai (54 per cento), agli studenti (52 per cento) e ai disoccupati (49 per cento).
Tra cattolici e non credenti, le maggiori avversioni verso i migranti le ritroviamo tra i cattolici non osservanti (75 per cento) e tra i cattolici osservanti (60 per cento), rispetto ai non credenti (51 per cento).
La preoccupazione
Il tema immigrazione è un nervo scoperto nell’opinione pubblica nazionale e il sopravanzare di altri temi nell’agenda politica e quella mediale non cancella le forme di fastidio, di mixofobia o, peggio, di respingimento che permangono nelle viscere della società. Se osserviamo, ad esempio, la scala delle preoccupazioni per il futuro dei figli, tra i primi 10 temi ritroviamo la paura di lasciare alle nuove generazioni un paese con troppi immigrati.
Rispetto all’oggi, un sesto degli italiani afferma che ci sono troppi immigrati nelle città e l’11 per cento ritiene un problema molto grave permettere agli immigrati di insediarsi nel nostro paese. Nella top ten dei problemi del paese, infine, troviamo in vetta alla classifica i cambi climatici, l’accrescersi delle diseguaglianze sociali, l’inflazione e la precarizzazione del lavoro, ma in bella evidenza resta sempre anche la questione dei flussi migratori.
Una questione complessa
L’arrivo di persone che fuggono da paesi dove ci sono guerre, violenze, carestie e aspettative di vita al limite dell’umano è stato affrontato quasi sempre come un’emergenza, un tema di sicurezza e di gestione dei flussi. In tutti questi anni di dibattito politico sull’immigrazione poche voci si sono levate sull’origine di questi processi, sul modo di rapportarsi predatorio dei paesi occidentali e delle loro multinazionali, rispetto ai popoli che vivono nelle periferie del mondo.
Il tema migratorio, per essere affrontato nella sua complessità, necessità di visioni di lungo a ampio respiro, della volontà di affrontare una battaglia per l’egemonia culturale dell’accoglienza, della tolleranza, dell’integrazione e del rispetto dell’altro. Pone il problema di quale tipo di umanità vogliamo essere e non solo di quale economia vogliamo.
Finché resteremo nell’alveolo dell’emergenza, senza affrontare le cause di fondo dei processi migratori, anche le buone e assolutamente necessarie proposte di apertura e integrazione resteranno armi spuntate, senza riuscire a incidere al fondo dell’opinione pubblica nazionale. Il tema dell’immigrazione, come quello del clima e delle diseguaglianze sociali, ripropongono in tutta la sua dimensione il tema del capitalismo e dei danni ormai profondi del neoliberismo selvaggio. Pongono all’ordine del giorno la necessità di forze politiche e di leader che escano dalla comfort zone del presente per ritornare a porsi grandi temi riformatori e di cambiamento.
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