Con Donald Trump alla Casa Bianca, sotto attacco sono finiti non solo gli scambi commerciali, ma lo stesso sistema monetario dell’Unione europea. Stretta tra due fuochi: la dipendenza dai circuiti di pagamento americani e l’avanzare di forme di denaro digitali non emesse da banche centrali, come le stablecoin, che soprattutto dopo l’endorsement del tycoon rappresentano una mina vagante per il sistema finanziario dell’Ue.

La dipendenza dell’Europa dai fornitori di servizi di pagamento esteri «ha raggiunto livelli impressionanti», ha affermato giovedì Philip Lane, economista capo della Banca centrale europea, ed espone l’Europa a rischi di pressione economica, con «implicazioni per la nostra autonomia strategica, limitando la nostra capacità di controllare aspetti critici della nostra infrastruttura finanziaria».

Il riferimento è tanto ai circuiti americani Visa e Mastercard che gestiscono il 64 per cento (vale a dire circa due terzi) di tutte le operazioni con carta effettuate nell’area euro, quanto ai colossi come PayPal, Apple Pay o Google Pay che rendono possibile buona parte degli acquisti online.

Un numero sempre maggiore di persone utilizza portafogli digitali come PayPal o Apple Pay sui propri telefoni cellulari. Ci si attende che entro il 2027 queste piattaforme gestiscano il 40 per cento del commercio elettronico e il 27 per cento dei pagamenti nei punti di vendita fisici in Europa (rapporto Worldpay 2024).

Obiettivo ottobre 2025

In uno scenario di crescenti tensioni geopolitiche, per contrastare le minacce provenienti da nuove forme di denaro come le stablecoin e ridurre la dipendenza dalle società di pagamento statunitensi, «l’euro digitale è una soluzione promettente», sostiene Lane, perché «limiterebbe la probabilità che le stablecoin in valuta estera prendano piede come mezzo di scambio nell’area euro» e garantirebbe che l’Europa controlli il suo destino monetario e finanziario, sullo sfondo di una crescente frammentazione geopolitica. E dunque l’Europa ha bisogno dell’euro digitale per superare «un sistema di pagamenti frammentato e dipendente dall’esterno».

Giovedì, la presidente della Bce, Christine Lagarde, durante un’audizione al Parlamento europeo ha detto che la Bce conta di lanciare l’euro digitale a ottobre di quest’anno, esprimendo la speranza che anche il Parlamento europeo possa riuscire a portare a termine il suo iter legislativo entro quella data. Quando la banca centrale cioè sarà pronta e avrà finito la preparazione a livello tecnico e la valutazione per la stabilità finanziaria e di definizione di un quadro di regole unico.

L’obiettivo - spiega Lagarde - è quello di «rimuovere la vulnerabilità a cui siamo esposti» per quanto riguarda le stablecoin statunitensi, criptovalute ancorate al valore del dollaro, che l’amministrazione Trump è intenzionata a promuovere al di fuori degli Stati Uniti. Con il rischio - ha aggiunto Lagarde - che in assenza di alternative eurocentriche queste possano prendere piede, a scapito del ruolo dell’euro sulla scena globale e della sovranità monetaria dell’Eurogruppo.

Il ruolo del parlamento europeo (e di trump)

Le dinamiche di elaborazione di una legislazione Ue sull’euro digitale sono però in stallo. Da qui l’invito di Lagarde ad accelerare la spinta verso la moneta digitale «all’ingrosso e al dettaglio, assicurandoci di avere infrastrutture di pagamento che funzionino bene e approfondendo il mercato unico per rimuovere le barriere commerciali che stupidamente imponiamo a noi stessi e, in terzo luogo, sviluppando l’unione dei mercati dei capitali a un ritmo accelerato in modo da poter raccogliere finanziamenti che saranno sicuri qui».

Paradossalmente, una spinta all’azione legislativa sull’euro digitale – sostanzialmente un portafoglio online, gratuito e garantito dalla Bce anziché da una società privata e un mezzo di pagamento elettronico non basato su fornitori americani come Visa e PayPal – potrebbe arrivare dalle politiche di Trump sulle criptovalute.

E la Bce lo spera, spera cioè che il piano del presidente degli Stati Uniti di sostenere le criptovalute ancorate al dollaro statunitense accelererà il sostegno legislativo all’euro digitale, come ha detto recentemente Piero Cipollone, membro del consiglio direttivo della Bce. Secondo cui il sostegno di Trump alle stablecoin disponibili a livello globale e legate al dollaro contribuirebbe a creare un altro strumento di pagamento statunitense. Da qui l’urgenza dell’euro digitale.

Del resto, a sottolineare il bisogno per l’Europa di dotarsi di una moneta digitale è stato la settimana scorsa un altro membro del Consiglio direttivo della Bce, Francois Villeroy de Galhau: «Gli Stati Uniti rischiano di peccare di negligenza», ha detto Villeroy perché, sostiene, attraverso il loro sostegno alle criptovalute e alla finanza non bancaria rischiano di provocare la prossima emergenza finanziaria.

Trump non ha esitato infatti a firmare un ordine esecutivo che chiede la creazione di una riserva strategica di bitcoin da parte degli Stati Uniti e di una riserva separata di altri asset digitali. La riserva sarà «una sorta di Fort Knox digitale», ha scritto sui suoi profili social David Sacks, consigliere della Casa Bianca per l’intelligenza artificiale e le criptovalute con riferimento alla base del Kentucky dove sono conservate le riserve auree americane.

Non solo. La Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti ha revocato le linee guida contabili a lungo osteggiate dal settore delle criptovalute che obbligava le aziende che custodivano asset digitali per conto terzi a contabilizzarli come passività, aumentandone i costi. Mossa accolta con favore dall’industria delle criptovalute che aveva fatto pressioni affinché la nuova amministrazione Usa inviasse un forte segnale di sostegno nei primi giorni di mandato di Trump.

© Riproduzione riservata