L’economia tedesca torna in negativo dello 0,1 per cento nel secondo trimestre 2024 e l’Eurozona non va oltre lo 0,3 per cento. In Italia rallenta l’industria e la crescita si ferma allo 0,2 per cento, inferiore alle attese del governo
L’industria fatica, l’agricoltura pure, ma grazie ai servizi, col traino decisivo del turismo, l’economia italiana è cresciuta anche nel secondo trimestre dell’anno. Poca cosa, certo, ma il più 0,2 per cento calcolato dall’Istat (una stima preliminare) basta per proiettare il Pil a quota 0,9 per cento su base annuale.
Ombre tedesche
In un contesto europeo tutt’altro che rassicurante, spicca, in negativo, il dato che arriva dalla Germania, la più importante economia del continente, che nel trimestre ha fatto segnare un calo del Pil dello 0,1 per cento, tornando quindi sotto zero dopo il piccolo passo avanti dei primi tre mesi dell’anno chiusi con un più 0,2 per cento dopo il meno 0,3 per cento dell’ultimo quarto del 2023.
Del resto, l’intera Unione europea cresce ancora al rallentatore, anche se il dato comunicato oggi è di poco migliore di quello atteso: più 0,3 per cento per la Ue contro lo 0,2 per cento previsto dagli analisti.
Tra i grandi paesi è la Spagna a guidare per distacco il gruppo grazie a una crescita dello 0,8 per cento, trainata soprattutto dall’export, nei tre mesi da aprile a giugno, e addirittura del 2,9 per cento su base annua.
Decisamente meno brillante la situazione francese, che in attesa del nuovo governo somma l’incertezza politica a una crescita flebile, solo dello 0,3 per cento nel secondo trimestre dell’anno.
Appesi all’industria
Tornando all’Italia, il risultato acquisito per il 2024, cioè l’incremento in caso di azzeramento della crescita nei prossimi sei mesi, è pari allo 0,7 per cento. Questo significa che l’1 per cento, cioè l’obiettivo dichiarato dal governo nel Def di primavera, sembra a portata di mano, anche se le incognite davvero non mancano. Finora è stato il settore industriale a condizionare in negativo l’andamento del Pil, ed è questa un’altra incognita che pesa sulla seconda metà del 2024.
Già nel primo trimestre l’Istat ha calcolato un calo dello 0,4 per cento e anche la nota preliminare appena resa pubblica segnala un “contributo negativo” dell’industria più che compensato dal dato positivo dei servizi.
Nella seconda parte dell’anno, secondo un report del Centro studi di Confindustria, la quota di grandi imprese che prevede un aumento del fatturato già in questo mese di luglio è maggiore rispetto a quella dei pessimisti: 41,6 per cento contro 23,4 per cento. Se queste attese saranno confermate e la ripresa dell’industria dovesse consolidarsi nei prossimi mesi, il Pil potrebbe accelerare quanto basta per centrare la crescita dell’1 per cento accreditata dal governo per il 2024.
Debito e deficit
Va detto che la previsione dell’esecutivo non trova d’accordo Banca d’Italia che nello scenario macroeconomico pubblicato a giugno ha fissato a un più modesto 0,6 per cento l’incremento del Pil per quest’anno. E anche il Fondo monetario internazionale in un report di poche settimane fa non è andato oltre lo 0,7 per cento, mentre la Commissione europea stima un più 0,9 per cento.
Questione di decimali, in apparenza, se non fosse che deficit e debito pubblico vengono calcolati proprio in rapporto al Pil. In altre parole, se l’economia cresce diventa meno difficile rispettare la correzione dei conti pubblici prescritta all’Italia da Bruxelles.
Un’altra variabile che finirà per condizionare il clima economico nella seconda metà dell’anno è quella dei tassi. I governi, in prima fila quello di Roma, e gli imprenditori chiedono una revisione al ribasso del costo del denaro, e qui tutto dipende dalle decisioni che la Banca centrale europea prenderà in settembre.
Francoforte decide
Dopo il primo taglio deciso a giugno, ora le attese di larga parte degli analisti vanno nella direzione di una nuova sforbiciata a settembre. Da Francoforte, la presidente della Bce Christine Lagarde ha più volte affermato che saranno i dati macroeconomici a indirizzare le scelte di politica monetaria, e al momento l’inflazione, prevista al 2,4 per cento a luglio nella zona euro, sembra sotto controllo.
L’unica sorpresa negativa arriva, anche in questo caso, dalla Germania, vittima principale delle tensioni geopolitiche, dall’Ucraina alla Cina.
In luglio, l’indice del costo della vita tedesco ha fatto segnare un aumento al 2,6 per cento dal 2,5 per cento di giugno. Una correzione minima che nelle attese degli analisti non sarà sufficiente a convincere la Bce a rinviare il taglio dei tassi.
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