- Salvatore Gaziano, analista e consulente finanziario indipendente, fondatore di SoldiExpert SCF, risponde alle domande sulla Borsa e la Vita e di finanza personale. Scrivete a lettori@editorialedomani.it.
- Questa settimana si parla della Russia, della sua economia e di mercato azionario.
- Un risparmiatore è attratto dalle basse quotazioni e dal forte ribasso accumulato in questi mesi in seguito alla crisi ucraina e vuole maggiori informazioni su questo mercato, punti di forza e di debolezza.
Ho letto che fra le Borse più convenienti al mondo, per i multipli che offre, c’è quella russa. È vero? È possibile investire su questo mercato anche per un risparmiatore italiano? Quali sono i pro e contro?
M.
Gentile M,
Se si guardano alcune delle metriche più utilizzate per valutare la sopra o sottovalutazione dei mercati azionari (come il rapporto prezzo/utile), in effetti la Russia compare fra le borse più sottovalutate al mondo, nel podio insieme a Brasile e Turchia. Il rapporto fra il valore della capitalizzazione borsistica (ovvero il valore di tutte le società quotate) e gli utili netti realizzati è di circa sette volte, contro una media di circa 20 della media mondiale.
In realtà la Borsa russa ha sempre avuto valutazioni nettamente inferiori a quelle delle Borse occidentali (un rapporto prezzo/utili di circa 10 negli ultimi 18 anni) poiché il capitalismo russo non è considerato il miglior luogo dove investire. Ci sono molte questioni geopolitiche che pesano negativamente. Lo sconto di circa il 20-30 per cento attuale rispetto alla media storica è stato acuito dalla situazione tesa in Ucraina.
Timori geopolitici
È anche per questo che gli investitori istituzionali sono scoraggiati. Qualche settimana fa Unicredit ha rinunciato alla potenziale conquista della banca russa Otkritie, da fondere poi con Unicredit Russia.
Da inizio anno la Borsa di Mosca perde circa il 5 per cento ma era arrivata a perdere quasi il 20 per cento il 24 gennaio scorso, quando l’escalation ucraina sembrava sul punto di scoppiare. E la crisi non si è risolta ancora.
Fino a ottobre 2021 la Borsa russa era salita con un passo più che doppio rispetto alla media delle azioni mondiali, trainata soprattutto dai titoli del comparto dell’energia e delle materie prime come Gazprom (la società con la più elevata capitalizzazione che vale il 20 per cento della Borsa di Mosca), poi Lukoil, Novatak, Norilsk Nickel, Rosneft.
È quindi una borsa fortemente concentrata sul settore petrolifero e delle materie prime (oltre il 50 per cento) i cui prezzi da tempo stanno volando. Questo rappresenta indubbiamente uno dei punti di forza del listino, unito al fatto che molte blue chip (le società ad alta capitalizzazione azionaria) russe hanno rendimenti da dividendi a due cifre. Ma i timori geopolitici prevalgono e oggi la Borsa russa (come il rublo) è vista da molti investitori come un posto pericoloso dove avere i soldi, nonostante le quotazioni ultra scontate. Il timore di sanzioni pesanti nei confronti nel caso di un’invasione dell’Ucraina è elevato.
Gas e società quotate
Per un investitore italiano non è agevole acquistare titoli russi diretti. Ma alcune società importanti del listino russo sono trattate anche in mercati extra Russia, come Gazprom che è negoziata con dei certificati rappresentativi (Adr) anche sul listino di Londra e Francoforte. E poi naturalmente è possibile acquistare fondi attivi o passivi (ovvero Etf) negoziati regolarmente in Italia che investono sulle più importanti aziende russe.
Gazprom è la multinazionale energetica statale a maggioranza russa e la più grande società di gas naturale quotata in borsa al mondo oltre che la più grande azienda in Russia per fatturato. In questi anni le quotazioni di Gazprom sono comunque raddoppiate grazie al balzo esplosivo degli utili e del fatturato (più 40 per cento). Il multiplo prezzo/utili previsto per il 2022 è di tre volte (fra le società più sottovalutate al mondo) e si stima un dividendo del 17 per cento. Questa stessa caratteristica si ritrova in numerose società quotate russe, frutto della combinazione dell’aumento del prezzo del petrolio (buono per l’economia russa e i suoi profitti aziendali) e la crisi al confine con l’Ucraina (negativa per i prezzi delle attività russe).
Oggi la Russia è uno dei paesi oligopolisti del gas naturale e si stima che fornisca circa il 50 per cento del gas naturale consumato in Europa. Il prezzo nel 2021 è cresciuto di quasi il 500 per cento. Il Pil russo è tornato già lo scorso anno ai livelli pre-Covid e ha resistito allo shock della pandemia anche perché, a differenza delle altre economie, ha una lunga esperienza di isolamento.
L’ombra dell’inflazione
C’è comunque poco da festeggiare perché l’inflazione in Russia morde parecchio e a dicembre la Banca di Russia ha innalzato i tassi di interesse fino all’8,5 per cento, il valore più alto dal 2017, contro un obiettivo di inflazione del 4-4,5 per cento annuo. In Russia la pensione media equivale a 218 euro, i salari medi sono pari a 411 euro e i redditi reali sono costantemente diminuiti dall’annessione della Crimea nel 2014.
Fuori dalla Borsa russa e dagli oligarchi la situazione economica della popolazione non è certo brillante. Tra i paesi dell’Unione europea, solo la Bulgaria è più povera. Nell’indice di corruzione Cpi di Transparency International la Russia è al 136° posto su 180 paesi. Per il 2022 non sono previsti comunque grandi balzi in avanti del Pil. Alfa Bank prevede che la crescita economica sarà solo dell’1,5 per cento, senza considerare naturalmente possibili sanzioni in caso di invasione dell’Ucraina.
La Russia è un gigante militare, ma dal punto di vista economico resta un nano. Nell’indice azionario mondiale (Msci Acwi) il suo peso è irrilevante, quindi investire su questo mercato va valutato con attenzione e nel caso con un peso molto basso se si ha un profilo di rischio adeguato (la volatilità dell’indice russo è fra le più alte al mondo con oscillazione anche superiori al meno 70 per cento in questo ventennio). Tutto questo spiega perché in Russia (e non solo per effetto delle sanzioni occidentali) l’afflusso di investimenti esteri diretti è sceso a un bassissimo 1,4 per cento del Pil a dispetto di un paese con 573 miliardi di dollari di riserve valutarie internazionali e con un rapporto debito pubblico/Pil del 18 per cento e un avanzo delle partite correnti.
Secondo Ruchir Sharma, chief global strategist di Morgan Stanley, invece di investire nei progetti infrastrutturali necessari, Putin sta lavorando da tempo soprattutto sulla costruzione della “fortezza Russia”. Una Russia sempre più autarchica, tanto che alle grandi società russe è stato vietato l’acquisto di software stranieri (da Microsoft o della tedesca Sap) dal 2024. E la società di leasing statale non è più autorizzata ad acquistare aeromobili stranieri mentre i medicinali possono essere acquistati all’estero solo se non ci sono fornitori russi.
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