Lo stabilimento torinese prolungherà il fermo fino al primo novembre a causa delle vendite molto inferiori al previsto della 500 elettrica. Il numero uno del gruppo è stato convocato per il prossimo 11 ottobre alla Camera per illustrare la posizione dell’azienda sul futuro delle fabbriche. In Italia crollano le vendite Stellantis: meno 33 per cento in settembre
Mirafiori non riapre, e la politica chiede risposte a Stellantis con una mozione parlamentare bipartisan. Lo stabilimento torinese, già fermo dallo scorso 13 settembre, terrà ferma la produzione fino all’1 novembre, a causa degli scarsi livelli di vendita della 500 elettrica, crollate di più del 40 per cento rispetto all’anno precedente. Se si somma tutto questo alla revisione al ribasso delle stime per il 2024, che hanno portato a un crollo in borsa del titolo all’inizio di questa settimana, lo scenario per la multinazionale franco-italiana è tutt’altro che rassicurante.
Mirafiori ancora ferma
Le scarse vendite della 500 elettrica, unico esemplare attualmente ancora in catena di montaggio, stanno condannando alla paralisi lo stabilimento di Mirafiori, che vive uno degli anni più difficili della sua storia. In un 2024 iniziato con il prolungamento della cassa integrazione, la situazione è precipitata dopo l’estate: la chiusura estiva è stata prolungata al 2 settembre, ma la riapertura è durata meno di due settimane, e il 13 settembre la fabbrica torinese ha nuovamente chiuso i battenti, mandando a casa i suoi circa tremila operai. Un periodo di chiusura che sarebbe dovuto terminare l’11 ottobre, ma che i vertici dell’azienda hanno deciso di allungare per ulteriori tre settimane, fino all’1 novembre.
Se già nel primo semestre i livelli di produzione di Mirafiori erano calati del 63 per cento, passando dalle 53 mila auto prodotte dello stesso periodo del 2023 alle 19 mila di quest’anno, nella seconda parte del 2024 la produzione è stata di fatto azzerata. Nonostante le rassicurazioni di Stellantis, che ha promesso l’arrivo di nuove produzioni per dare nuova linfa a quella che una volta era la fabbrica madre della vecchia Fiat, le prospettive sul futuro dello stabilimento sono sempre più fosche, mentre Stellantis perde quota sul mercato italiano. A settembre il gruppo ha visto calare del 33 per cento le sue vendite nel nostro paese, dove le consegne si sono ridotte del 10,7 per cento.
Il 18 ottobre è stato già proclamato lo sciopero nazionale dei lavoratori dell’auto, per chiedere ad azienda e governo provvedimenti in grado di invertire la rotta, risollevando un settore in forte sofferenza. Non è solo il caso di Mirafiori, ma nella stessa giornata di oggi gli operai dello stabilimento Stellantis di Cassino sono stati rimandati a casa dopo due ore dall’inizio del turno, per mancanza di materiali. Una situazione paradossale, che rischia di diventare sempre più la normalità.
Tavares in Parlamento
Nelle stesse ore in cui si decideva una nuova chiusura di Mirafiori, per l’amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares è arrivata la convocazione in Parlamento, dove l’11 ottobre verrà sentito per un’audizione davanti alla Commissione Attività produttive della camera. Una decisione che segue una serie di mozioni bipartisan, presentate da maggioranza e opposizione e che verranno discusse nei prossimi giorni, che chiedono la convocazione “con massima urgenza” da parte del governo di Tavares e del presidente John Elkann, per fare chiarezza sul piano industriale di Stellantis e sulla tutela dell’occupazione in Italia.
Uno dei firmatari della mozione è il deputato torinese di Avs Marco Grimaldi, che però non è soddisfatto dalla convocazione alla Camera di Tavares: «Non si possono audire solo i vertici aziendali senza senza sentire lavoratori e sindacati, per di più a una settimana dallo sciopero: questo è un palese tentativo di smorzare la protesta». Per Grimaldi il problema è a monte, e risiede nelle strategie del governo sull’automotive, con il ministro delle Imprese Adolfo Urso che punta a difendere i motori a combustione a discapito dell’elettrico: «Si sta difendendo un modello che è destinato a morire – dice Grimaldi – anziché convincere i cittadini dei benefici delle auto elettriche le si demonizza. Non stupiamoci se allora non vendono: al contrario servono più investimenti, per riconvertire gli stabilimenti e costruire gigafactory».
Tuttavia la crisi dell’elettrico non riguarda solo l’Italia, ma l’intera Europa, come dimostra la crisi del gruppo Volkswagen. Ma anche a livello continentale soluzioni all’orizzonte non se ne vedono: senza una chiara strategia l’inversione di rotta resta un’utopia, e le chiusure prolungante degli stabilimenti, come quella di Mirafiori, sono destinate a moltiplicarsi.
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