Registrati aumenti per tre mesi consecutivi, ma il dato è in calo del 14,4 per cento rispetto a un anno fa, in base a quanto comunicato dall’Arera. I motivi del balzo sono la crescita della spesa per l’approvvigionamento della materia prima e l’incremento dei costi per il trasporto. Ma anche la speculazione al Ttf, la borsa del gas di Amsterdam, sulla scia della paura per la situazione in Medio Oriente.
Aumenta la spesa delle famiglie italiane per la bolletta del gas. A ottobre la crescita è del 12 per cento rispetto al mese precedente, con il prezzo della materia prima che raggiunge 43,73 euro al megawattora. Allargando il quadro, si nota che l'esborso nell'ultimo anno ammonta a 1.457 euro per nucleo familiare, in calo del 14,4 per cento rispetto a novembre 2022, in base a quanto comunicato da Arera, l'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente.
Il dato di ottobre è la conseguenza della crescita della spesa per l'approvvigionamento del gas naturale (+7,9 per cento) e dell’incremento dei costi inerenti alla gestione del contatore e al trasporto (+4,1 per cento). Quest'ultimo è legato all’aumento tipico della stagione invernale degli oneri di stoccaggio per assicurare la piena funzionalità dei depositi nel periodo di maggior utilizzo. Sono rimasti invece invariati gli oneri generali, azzerati per tutto il 2023, e la riduzione dell'Iva al 5 per cento.
L'incremento registrato a ottobre è il terzo di fila, anche se i precedenti erano stati di minore entità: a settembre si era raggiunto il 4,8 per cento, mentre ad agosto il 2,3. L'anno, però, era iniziato a gennaio con un tonfo del 34,2, seguito da altri due cali (13 a febbraio e 13,4 a marzo). Periodo di decrescita interrotto dal balzo di aprile del 22,4, ma proseguito durante l'estate.
Entrando nel dettaglio, il prezzo di riferimento del gas per il cliente tipo è di 106,13 centesimi di euro per metro cubo, tasse incluse. Questa cifra è composta per il 48,3 per cento dall’approvvigionamento del gas naturale, dato che ha registrato il +16,1 per cento rispetto al mese di settembre 2023, e per il 5 per cento dalla vendita al dettaglio, valore rimasto invariato. Invece il 24,6 per cento è rappresentato dai servizi di distribuzione, misura, trasporto e perequazione della distribuzione con un aumento del 16,5 per cento. Gli oneri di sistema raggiungono l'un per cento, mentre le imposte il 21,1, a loro volta scomponibili in accise (14,4 per cento) addizionale regionale (1,9 per cento) e Iva (4,8 per cento).
L'aumento di ottobre del costo del gas avrà un impatto sull'inflazione che, lo scorso mese, in Italia è stata dell'1,8 per cento su base annua, cifra inferiore rispetto al +5,3 di settembre e in netto calo rispetto agli ultimi dodici mesi. Le dinamiche relative alla crescita dei prezzi al consumo sono influenzate anche dall'operato della Banca centrale europea, che è arrivata ad alzare i tassi di interesse fino al 4,5 per cento. Valore che ha subito dieci rialzi in poco più di un anno. L'obiettivo dell'istituto di Francoforte è tenere l'inflazione sotto il 2 per cento, ma, aldilà del dato italiano, il target non è ancora stato raggiunto poiché a ottobre è stato registrato il 2,9 per cento a livello europeo.
È importante precisare che ora il gas è disponibile in Italia e quindi l'aumento del prezzo non è dovuto alla sua mancanza. Grazie alla diversificazione dei rifornimenti energetici portata avanti dagli ultimi due governi, il nostro Paese importa sempre meno gas dalla Russia, mentre ne riceve in maggiori quantità da Algeria, Azerbaigian, Libia e Nord Europa. Senza dimenticare il contributo derivante dal gnl, il gas liquefatto, poi riconvertito dai rigassificatori.
La quotazione del gas al Ttf (Title Transfer Facility), la “borsa del gas” di Amsterdam, è aumentata per effetto delle speculazioni avvenute nelle ultime settimane in seguito al danneggiamento del gasdotto del Baltico – con la Finlandia che ipotizza un sabotaggio – e all'influenza dello sciopero dei lavoratori australiani sul gnl proveniente dall'Oceania.
L’instabilità
Ma il motivo principale delle fluttuazioni è dovuto soprattutto per la paura legata all'instabilità causata dalla guerra tra Israele e Hamas. In caso di estensione del conflitto, alcuni Paesi aderenti all'Opec+, a partire dall'Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi, potrebbero bloccare le esportazioni di petrolio, causando a catena un aumento dei costi energetici, dei trasporti e dell'inflazione. Un effetto domino che fa tornare la memoria a 50 anni fa, quando - a causa del sostegno a Israele durante la guerra dello Yom Kippur - l'Europa e gli Stati Uniti affrontarono la crisi petrolifera e l'austerity.
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