È allarme rosso per Stellantis negli Usa. I lavoratori degli stabilimenti americani minacciano lo sciopero nazionale, allarmati dalla pesante flessione delle vendite, e chiedono risposte ai vertici. Per questo motivo, già dalla fine della scorsa settimana, il ceo del gruppo Carlos Tavares si trova negli Stati Uniti, a Detroit, dove è stato raggiunto anche dal presidente John Elkann, che si trovava già Oltreoceano.

Una missione più che mai delicata per i due manager di vertice, chiamati a rassicurare i dipendenti ma anche gli investitori, con un piano d’emergenza che risollevi le sorti della multinazionale dell’auto nel mercato statunitense.

Vendite al palo

Gli Stati Uniti sono stati a lungo un mercato florido per Stellantis, complice anche una congiuntura economica più favorevole rispetto al sempre più stagnante scenario europeo. Negli ultimi mesi, però, si è verificata una brusca inversione di tendenza, che ha costretto i vertici a correre ai ripari.

Dopo il record di profitti realizzato nel 2023, l’anno nuovo ha portato brutte sorprese all’azienda franco-italiana, che ha chiuso il primo semestre del 2024 con un calo delle consegne negli Usa del 18 per cento rispetto all’anno precedente.

Le mancate vendite – per effetto anche della decisione di mantenere invariati i prezzi di listino che ha portato a una perdita di competitività rispetto alla concorrenza – si sono tradotte in un aumento delle scorte di auto in magazzino, che ormai ammontano a 94 giorni di vendite, ben venti giorni in più rispetto alla media di settore.

Tutto questo ha avuto risvolti negativi anche in Borsa, dove il titolo di Stellantis, dopo aver raggiunto un picco massimo a fine marzo, è crollato del 45 per cento: se cinque mesi fa, il titolo Stellantis valeva 27 euro, adesso la quotazione si aggira attorno ai 15. Un tracollo che ha spinto alcuni azionisti a intraprendere una class action, accusando i vertici di Stellantis di aver gonfiato in maniera artificiale il prezzo delle azioni per gran parte del 2024, «mediante valutazioni estremamente positive riguardo alle scorte, al potere di determinazione dei prezzi, ai nuovi prodotti e al margine operativo».

Sindacati all’attacco

Per ovviare al problema delle scorte in abbondanza infatti i dirigenti di Stellantis stanno ipotizzando un taglio alla produzione di 100mila vetture nel terzo trimestre nel 2024. Un’opzione che non può certo far piacere ai lavoratori americani del gruppo, che si preparano allo scontro con i vertici.

Intervenuto la scorsa settimana sul palco della convention del Partito democratico a Chicago, Shawn Fain, a capo dello United Automotive Workers (Uaw), sindacato dei lavoratori americani del settore automobilistico tra i più potenti del Paese, ha minacciato il ricorso allo sciopero nazionale per tutti gli stabilimenti del gruppo, che ha già annunciato di ritardare la riapertura del sito di Belvidere, in Illinois, destinato alla produzione di veicoli elettrici.

Un investimento da 1,5 miliardi di dollari che fa parte dell’accordo di contrattazione collettiva siglato da Stellantis e dal Uaw. «Questa azienda ha assunto degli obblighi verso i lavoratori del settore auto di Stellantis con il nostro contratto sindacale, e intendiamo farli rispettare integralmente», ha detto Fain.

Secondo il sindacato, ritardare l’apertura dello stabilimento sarebbe quindi una palese violazione degli accordi, una situazione che gli operai statunitensi non vogliono accettare. Venerdì scorso circa 200 di loro, accompagnati dai dirigenti del Uaw, erano ai cancelli dello stabilimento di Detroit, dove si aspettavano di incontrare Tavares per un confronto. Ma il manager non si è presentato, in attesa di ridefinire la strategia americana.

La priorità dei vertici ora è scongiurare lo sciopero nazionale, che stando alle stime costerebbe a Stellantis 90 milioni di dollari al giorno. Per questo Tavares ha in programma in questi giorni una serie di incontri con le autorità statunitensi, per ridefinire gli impegni dell’azienda in America.

Ultimatum sulla gigafactory

Tavares ha interesse a chiudere il più in fretta possibile la questione americana, per tornare a concentrarsi sulle vicende di casa nostra, con il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso che dopo aver attaccato Stellantis al meeting di Rimini, è tornato sulla questione della realizzazione della gigafactory a Termoli per produrre batterie per le auto elettriche, alla quale verrebbero destinati 369 milioni di euro del Pnrr.

Da qui l’ultimatum del ministro, che si attende una risposta entro il 17 settembre, data in cui l'azienda verrà convocata a un tavolo ministeriale dedicato: senza risposte, i fondi europei verranno destinati ad altri progetti.

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