STMicroelectronics non chiuderà nessuno dei suoi stabilimenti italiani, né altrove nel mondo, e tutti gli investimenti previsti in Italia e Francia sono confermati. È questo l’impegno concreto emerso dal confronto al ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), dove azienda, governo e sindacati hanno discusso il destino della multinazionale dei semiconduttori.

Sul tavolo, un piano globale che prevede fino a 2.800 uscite volontarie nei prossimi tre anni, un “riequilibrio” degli investimenti tra i due Paesi e la promessa di un dialogo con le parti sociali per evitare decisioni unilaterali.

Tuttavia, tra rassicurazioni e numeri, i dubbi sul futuro dei siti di Agrate e Catania persistono, mentre i sindacati chiedono chiarezza e il governo punta a un rilancio strategico dell’Italia nel settore dei microchip.

I vertici di STMicroelectronics hanno tracciato una linea netta: ogni sito, da Catania ad Agrate fino agli stabilimenti internazionali, manterrà una missione specifica nella strategia globale del gruppo. Gli investimenti approvati – 12,7 miliardi di euro in Italia e 13,5 in Francia tra il 2018 e il 2026 – sono stati ribaditi, con un impatto del programma di ridimensionamento definito «sostanzialmente equivalente» tra i due Stati.

Priorità agli ecosistemi locali, con collaborazioni rafforzate con università, centri di ricerca e fornitori, e un impegno a gestire la transizione occupazionale senza forzature. «Fino a 2.800 persone lasceranno l’azienda su base volontaria a livello globale entro il 2027, oltre al turnover naturale», ha spiegato Stm in una nota, sottolineando un’evoluzione verso l’automazione e il controllo di processo.

A Catania, il Silicon Carbide Campus resta il fiore all’occhiello, sostenuto da 3,8 miliardi di sovvenzioni pubbliche italiane, mentre ad Agrate si parla di un rilancio per recuperare competitività dopo anni di stallo. Ma i dettagli scarseggiano, e il piano lascia spazio a interpretazioni.

Il ministro Adolfo Urso ha aperto il confronto con un obiettivo ambizioso: «Vogliamo un piano industriale che riporti l’Italia al centro dello sviluppo di Stm e tuteli l’occupazione». Ha chiesto investimenti significativi, con Catania destinata a diventare «il polo più significativo in Europa sul carburo di silicio» e Agrate rilanciata con «nuovi investimenti dopo l’inerzia degli ultimi anni».

In sintonia con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, con il Mef che da azionista di maggioranza (alla pari del governo francese) ha già chiesto l’avvicendamento dell’ad Jean Marc Chery nei giorni scorsi, ha promesso un dialogo con Parigi per rivedere la governance: nodo cruciale per la strategia aziendale, giudicata troppo «francocentrica».

Sindacati perplessi

I sindacati hanno accolto le rassicurazioni con cautela. Rocco Palombella, segretario generale Uilm, ha apprezzato l’assenza di chiusure e la conferma degli investimenti, ma ha definito la presentazione «generica».

«L’incertezza non ci lascia tranquilli», ha detto, riservandosi un giudizio dopo approfondimenti. Ha poi alzato il tono: «Se Stm non considera il sindacato un interlocutore utile, la nostra presenza sarà dura», citando le cause legali in corso contro l’azienda. Barbara Tibaldi, segretaria nazionale della Fiom-Cgil, ha denunciato «ombre e omissioni» nel piano.

«Gli esuberi in Italia non sono quantificati, né articolati», ha sottolineato, temendo un impatto «violento» ad Agrate, dove un reparto di 2.500 persone rischia di essere decimato. «Il progetto lì doveva concludersi nel 2025, ma ora è in ritardo e sostitutivo, non aggiuntivo», ha aggiunto.

Riequilibrio e dubbi

STMicroelectronics, nata nel 1987 dalla fusione tra SGS Microelettronica e Thomson Semiconducteurs, è stata a lungo un simbolo dell’innovazione europea. Ma gli ultimi anni hanno segnato una parabola discendente: la domanda in calo nell’automotive, la concorrenza asiatica e una governance squilibrata hanno colpito duro. A ottobre 2024, l’ad Jean-Marc Chery ha annunciato risparmi per 800-900 milioni di dollari, seguiti da 2.800 esuberi e 300 milioni di tagli strutturali.

Il titolo ha perso il 37 per cento in un anno, mentre i siti italiani hanno vissuto alti e bassi: Catania, con il Silicon Carbide Campus, ha visto ridimensionarsi le ambizioni per la crisi dell’auto elettrica e la produzione spostata in Cina; Agrate ha mancato il target di 3.000 wafer di silicio settimanali entro il 2024, nonostante 720 milioni di fondi pubblici. Il “riequilibrio” tra Italia e Francia appare dunque più formale che sostanziale: la Francia ha già potenziato il sito di Crolles mentre Agrate arranca.

A Catania, il piano sul carburo di silicio dipende dalla domanda, in flessione a causa del calo di Tesla e della scelta di produrre in Cina. Gli esuberi, con un rapporto di tre uscite per ogni assunzione, potrebbero erodere l’occupazione, penalizzando i giovani. E, se l’azienda vanta 450 milioni di risparmi, la cifra è lontana dagli 800-900 promessi al mercato, alimentando sospetti di incoerenza. E il tavolo al Mimit non scioglie tutti i nodi, offre solo uno spiraglio.

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