Il Sud cresce. Cresce più del Nord Italia. E questa è una notizia. E una sorpresa. Il dato emerge da un’analisi dello Svimez, istituto specializzato negli studi sul Mezzogiorno, e rovescia lo scenario classico di un meridione ripiegato su suoi guai. Nel 2023, quando il Pil nazionale è aumentato dello 0,9 per cento, l’Italia meridionale ha fatto segnare una crescita dell’1,3 per cento, contro l’1 per cento del Nordovest e lo 0,9 del Nordest.

Chiamatelo sorpasso, se volete. Fatto sta che qualcosa di simile non accadeva dal 2015. Caso vuole (ma sarà un caso?) che i risultati della ricerca sono stati presentati mercoledì, proprio nel giorno in cui la Camera ha dato il via libera alla legge sull’Autonomia differenziata, il sogno leghista che diventa realtà grazie a Giorgia Meloni.

Megafoni

Dall’economia alla politica (e viceversa) è un attimo. Il ministro Raffaele Fitto, che tra le tante deleghe ha anche quelle per il Sud e le politiche di coesione, ha subito imbastito una narrazione pro domo sua del rapporto Svimez.

«Sono dati incoraggianti, che confermano l’efficace roadmap intrapresa dal governo Meloni nella programmazione di interventi strategici per la crescita del Mezzogiorno», ha dettato un compiaciuto Fitto alle agenzie di stampa. E giovedì 20 grondava entusiasmo anche la prima pagina del Mattino, il quotidiano di Napoli. «Altro che sfascio: volano Pil, export e occupazione», annuncia il giornale che, incidentalmente, è controllato dal gruppo Caltagirone, sponsor senza se e senza ma della maggioranza di governo.

Futuro incerto

Insomma, le iperboli si sprecano e allora, forse, è meglio tornare sulla terra per provare a capire da dove arriva, e dove può portare, la sorprendente accelerazione del motore economico del Sud.

«Certo è una buona notizia», commenta l’economista Gianfranco Viesti, professore all’Università di Bari, che alla questione meridionale ha dedicato libri e ricerche. «I dati del rapporto Svimez – spiega Viesti – ci dicono che il Sud reagisce agli stimoli positivi, a un contesto che è cambiato in meglio rispetto al decennio 2010-2019».

Gli stimoli citati da Viesti sono il frutto di politiche fiscali espansive, segnate da misure come il Superbonus e dagli investimenti finanziati dal Pnrr. E infatti, i dati confermano che il traino garantito dal settore delle costruzioni, che nelle regioni meridionali l’anno scorso è cresciuto del 4,5 per cento rispetto al 2022 contro il 2,5 per cento del Nordovest e il 3,4 per cento del Nordest. Anche il ritorno del turismo internazionale, osserva Viesti, ha contribuito in misura decisiva alla ripartenza del Sud.

Il divario di potenza della manifattura resta comunque amplissimo tra le due metà del Paese. Il rallentamento del Settentrione si spiega in buona parte con le difficoltà della Germania che hanno indebolito il tradizionale flusso di export verso quella parte dell’Europa. Al Sud il problema non esiste e il motivo è semplice: nel Mezzogiorno sono poche le aziende che dipendono dal mercato tedesco.

Qualcosa però si muove anche nella manifattura meridionale. Per questo sarebbe molto importante, dice Viesti, che «il governo favorisse con misure ad hoc lo sviluppo di attività legate per esempio alla transizione verde, che rappresenta una straordinaria occasione di sviluppo per il Meridione». Purtroppo, questo non è avvenuto con gli sgravi fiscali garantiti delle misure che vanno sotto il nome di Transizione 5.0 e Transizione 4.0”.

Insomma, l’orizzonte è quantomeno incerto, perché il boom delle costruzioni innescato rischia in buona parte di spegnersi con lo stop al Superbonus. E con la fine di giugno arriva al capolinea anche la Decontribuzione Sud, importante misura di sostegno alle assunzioni destinata alle imprese meridionali. Ad annunciare che non ci sarà nessuna proroga è stato Fitto. Lo stesso ministro che attribuisce al governo Meloni il merito della crescita del Meridione.

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