La nomina a sorpresa di J.D. Vance come candidato vicepresidente sta già agitando la business community degli Stati Uniti. Ma l’impressione è che la retorica anti-establishment del senatore dell’Ohio serva solo per la campagna elettorale
La nomina a sorpresa di J.D. Vance a candidato vicepresidente di Donald Trump sta già scuotendo gli equilibri della business community americana che comincia a temere sorprese sgradite nel caso, sempre più probabile, di un ritorno di The Donald alla Casa Bianca.
«La scelta del senatore J.D. Vance come vicepresidente dell’ex presidente Trump sta sollevando timori nella Corporate America che la Trumponomics populista e anti-business possa davvero prendere piede in un secondo mandato alla Casa Bianca», afferma il giornalista Joseph Zeballos-Roig di Semafor.
Possibile dunque che Trump decida che alla fine l’idea di puntare sul voto dei forgotten men crei troppi problemi al business? Insomma i timori sulle conseguenze del populismo economico potrebbero far cambiare rotta alla futura amministrazione repubblicana?
Turarsi il naso
Sì è una svolta possibile perché è quello che è già parzialmente accaduto nel suo primo mandato presidenziale, quando Trump sosteneva a gran voce i diritti della classe operaia americana mentre gli ex-alunni della Goldman Sachs, che ricoprivano posizioni chiave nella sua amministrazione, mantenevano in vita abilmente scappatoie fiscali per i miliardari del private equity e spingevano contro le crescenti tensioni commerciali con la Cina.
Non a caso l’ex ceo di Goldman Sachs Lloyd Blankfein nel 2021 ha fatto uno storico “mea culpa” quando ha ammesso che il mondo di Wall Street aveva sopportato Donald Trump semplicemente per ciò che poteva offrire, principalmente meno tasse per il business.
Più in dettaglio Blankfein, ex presidente e amministratore delegato di Goldman Sachs, nel gennaio di tre anni fa ha criticato l’élite finanziaria per aver chiuso un occhio sui rischi posti dalla presidenza del tycoon dicendo che «ci siamo collettivamente turati il naso».
Blankfein ha affermato che Wall Street ha sopportato Trump semplicemente per ciò che poteva offrire, principalmente una riduzione delle tasse sulle società e una minore regolamentazione. «Stava offrendo ciò che "noi” volevamo. Ci siamo messi una molletta sul naso. Non eravamo ignoranti del tipo di rischi che stavamo correndo. Li abbiamo repressi», ha detto in una franca intervista al New York Times. Una storia che si potrebbe ripetere? Forse. Ma ci sono anche altri timori.
I timori
Il premio Nobel per l’economia, Robert James Shiller, che ha firmato una lettera insieme con altri economisti sui pericoli inflattivi delle politiche di bilancio di Trump, avverte che molti americani temono che il tycoon decida l’aumento dei dazi del 10 per cento e le deportazioni dei migranti che potrebbero ridurre la forza lavoro spingendo i salari verso l’alto e di conseguenza aumentando le pressioni inflazionistiche. Con mantenimento dei tassi elevati.
Ma è stato l’ingresso del vice Vance, un repubblicano dell’Ohio che si è costruito il profilo di colui che cerca di riallineare gli equilibri di potere a favore dei lavoratori e lontano dalle grandi multinazionali ad aumentare i timori di una svolta anti-Wall Street. Timori fondati o un’abile mossa propagandistica?
«Gli amministratori delegati sono scioccati perché questa è una scelta piuttosto strana per cercare di bilanciare il ticket con qualcuno così ostile agli affari», ha detto a Semafor Jeffrey Sonnenfeld, presidente del Chief Executive Leadership Institute dell’Università di Yale che è in contatto con i dirigenti aziendali. «Come mi ha detto un ceo propenso al Gop, “questo è il regalo più grande che Trump potrebbe fare a Biden adesso!”», ha aggiunto.
In realtà è molto più probabile che Trump dimentichi, dopo essere stato eletto, le esigenze dei ceti popolari per dare voce alle richieste di corporate America e alle banche d’affari di Wall Street a cui si è rivolto spesso in passato durante la sia vita da business man per finanziare i suoi mega progetti immobiliari a New York. Anche se la scelta del suo vice apre la strada a una ipotesi opposta e anti-establishment.
Obiettivo novembre
I conservatori hanno accolto favorevolmente la scelta di Vance, sostenendo che le sue modeste origini aiuteranno i repubblicani a farsi strada tra gli elettori della classe operaia. «Penso che ritengano che J.D. Vance possa identificarsi con l’americano di tutti i giorni», ha detto a Semafor il deputato Kevin Hern dell’Oklahoma, presidente del Republican Study Committee.
Ma quanto potrebbe resistere la volontà di Vance quando Trump deciderà di ripetere la svolta a favore di Wall Street che fece nel suo primo mandato per avere i consensi della finanza di New York? Forse la retorica anti-establishment di Vance sarà utile fino al 5 novembre. Poi verrà messa in tutta fretta in soffitta.
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