L’anniversario del sisma che colpì il capoluogo abruzzese, dove la ricostruzione pubblica va ancora a rilento (a differenza di quella privata). Molti istituti scolastici non sono ancora stati messi in sicurezza. Comitato scuole sicure: «II sindaco ci ha accusato spesso di essere allarmisti»
Sono ormai passati 16 anni da quel 6 aprile del 2009. Una data indelebile per gli abruzzesi, quando alle 3:32 di notte un terremoto colpì L’Aquila e comuni limitrofi causando 309 morti, più di 1.600 feriti e oltre 80mila sfollati. Come in ogni anniversario, per il capoluogo abruzzese è il giorno del lutto cittadino e delle due fiaccolate silenziose, una per le vie del centro storico e l’altra nella frazione più colpita dal sisma, quella di Onna, dove persero la vita 40 persone su circa 300 abitanti.
Ma il 6 aprile di ogni anno è anche il giorno dei bilanci. Gli ultimi numeri forniti dai due Uffici speciali per la ricostruzione – quello dei comuni del cratere (Usrc) e quello de L’Aquila (Usra) – fotografano un quadro a due velocità, dove ai buoni risultati della ricostruzione privata fa da controparte una ricostruzione pubblica che va a rilento. Alla vigilia di un anno importante per la città – quello in cui sarà capitale italiana della cultura – L’Aquila e soprattutto il suo centro storico sono ancora un cantiere a cielo aperto, con uno skyline cittadino dominato da decine di gru.
Un centro storico quasi deserto
Basta fare una passeggiata nel centro storico per accorgersi di come L’Aquila non si sia ancora realmente ripresa. Gli ultimi dati elaborati da Cresce e Openpolis parlano da soli. Oggi in centro abitano circa 5mila persone, meno della metà di quelle che c’erano prima del terremoto (la fetta principale di chi è andato via sono i più giovani). Il 40 per cento delle abitazioni sono inutilizzate, contro una media nazionale del cinque. Prima del sisma c’erano circa 600 attività tra bar, ristoranti, negozi e botteghe: dopo 16 anni circa 400 hanno ancora le saracinesche abbassate. «Avere un centro storico de L’Aquila non vissuto e non popolato, dopo un immane lavoro di ricostruzione e miliardi di soldi pubblici spesi, sarebbe un fallimento per tutti», ha ammesso lo scorso gennaio il responsabile dell’Ufficio speciale per la ricostruzione, Salvo Prozenzano.
Che la ricostruzione pubblica vada a rilento è testimoniato dai numeri dell’ultimo report dell’Usra. Gli interventi conclusi sono solo il 47,7 per cento, il 15,6 per cento sono in fase di collaudo e il 15 in attuazione, mentre il 17,9 sono ancora in fase di programmazione e il 3,7 in progettazione. La ricostruzione privata invece va nettamente meglio, con il 98 per cento di pratiche istruite e circa l’80 per cento di edifici riconsegnati.
Oltre le fredde percentuali e i tanti problemi di vita quotidiana e di servizi pubblici – dall’illuminazione al ritiro della spazzatura, dai parcheggi agli allacci – ci sono immagini che fotografano meglio l’impoverimento, anche culturale, della città: nel suo centro storico L’Aquila non ha più il suo cinema, per ora non ha ancora il teatro (che dovrebbe riaprire nel 2026 per ospitare l’evento conclusivo dell’anno in cui il capoluogo abruzzese sarà capitale della cultura), non ha le sale di spettacolo, non ha più l’auditorium all’interno del museo nazionale che era nel castello (ha quello realizzato da Renzo Piano, costruito grazie ai fondi della provincia di Trento, ma è in legno e non in muratura).
4mila studenti ancora nei Moduli a uso scolastico provvisorio
Ma l’aspetto probabilmente più critico è quello legato scuole. Quasi 4 mila studenti vanno a lezione ancora nei Musp, i Moduli a uso scolastico provvisorio che, costruiti per essere temporanei all’indomani del terremoto, si sono trasformati nelle uniche aule che migliaia tra bambini e ragazzi hanno frequentato durante il loro ciclo scolastico. «Doveva essere una soluzione strettamente provvisoria perché sono prefabbricati caldissimi d’estate e freddissimi d’inverno – spiega Massimo Prosperococco del comitato scuole sicure L’Aquila –. Non sono scuole pensate per essere scuole: le aule non sono adeguate, non hanno la palestra, non hanno le mense. I Musp erano stati pensati per durare cinque anni, ne sono passati 16 e qui ci sono ancora 3.560 studenti, su una popolazione studentesca che arriva a circa 11mila».
Per gli altri istituti che hanno resistito al terremoto la situazione è probabilmente ancora più grave perché, su un totale di 17 edifici scolastici, 11 presentano ancora un indice di vulnerabilità molto al di sotto del valore minimo di sicurezza. «Fino a qualche mese fa non conoscevamo questi valori – continua Prosperococco –. Grazie a un accesso agli atti abbiamo scoperto che le scuole elementari hanno indici di sicurezza bassissimi, anche se il sindaco per tanto tempo ha detto altro». Una situazione poi ammessa dallo stesso primo cittadino de L’Aquila, Pierluigi Biondi, ex Casapound e ora fedelissimo di Meloni, da giugno 2023 responsabile Autonomie locali di Fratelli d’Italia. Dalla tabella ottenuta dal comitato cittadino si legge come, su un indice di vulnerabilità massimo pari a 1, alcuni istituti sianono ampiamente solo la soglia ritenuta accettabile di 0,6: il Dante Alighieri è fermo allo 0,15, il Rodari allo 0,22, il Mazzini a 0,33, e così via.
«Il sindaco non vuole parlare con noi»
Anche per le scuole la ricostruzione e l’adeguamento vanno a rilento, con soli due istituti conclusi su 16 cantieri totali. «II sindaco ci ha accusato spesso di essere allarmisti – sottolinea Prosperococco –. Bisogna riconoscere che il Comune negli ultimi anni si è attivato per progettare le scuole, ma ci troviamo ancora in una situazione in cui per molti istituti non sono ancora iniziati i lavori, e per altri sono lentissimi. Quando a dicembre è venuta Elly Schlein – continua – l’abbiamo accompagnata nel plesso San Sisto - Santa Barbara, uno di quelli più in alto mare. Quel giorno stranamente c’erano operai a lavoro con scarpe e tute nuove, dopo mesi in cui non si vedevano. E in quell’occasione è stato anche cancellata la data di fine lavori».
Ma lo scontro con l’amministrazione comunale è proseguito anche sulla richiesta dei comitati cittadini, bollata come «anacronistica» dal sindaco, di far tornare le scuole nel centro storico, che oggi sono prive di istituti scolastici e di tutto quell’ecosistema di attività e servizi che potrebbe ruotargli attorno. Prosperococco lamenta in generale un’assenza di disponibilità al dialogo da parte di Biondi: «Dopo un primo incontro, dal 2017 il primo cittadino non ci ha voluto più ricevere. Noi abbiamo avuto sempre interlocuzioni con le istituzioni, da Mattarella ai ministri fino ai presidenti di provincia. Il sindaco de L’Aquila, però, con noi non vuole parlare. E quando è costretto a partecipare a incontri in ci siamo anche noi è sempre duro nei nostri confronti. Noi ce ne siamo fatti una ragione e continuiamo per la nostra strada».
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