Sono dieci cittadini egiziani e sei cittadini bengalesi, partiti dalla Libia su due diverse imbarcazioni di fortuna. Provengono da paesi considerati sicuri dal governo. È previsto un primo screening appena dopo lo sbarco, per poi essere portati a Gjadër, nel centro di trattenimento o nel Cpr
La nave Libra della Marina militare, con a bordo 16 persone, dopo due giorni di navigazione è arrivata al porto di Shëngjin, dove è stato costruito uno dei centri previsti dal protocollo Italia-Albania in materia di flussi migratori. Sono cittadini egiziani e bengalesi, due paesi considerati sicuri in base all’ultimo decreto approvato dal governo nel maggio scorso, e da un primo screening risultati in condizioni di non vulnerabilità.
Erano arrivati nelle acque italiane a bordo di due imbarcazioni di fortuna, provenienti dalla Libia, da Sabratha e Zuara. C’è poi stata una selezione: chi è stato considerato in condizioni di vulnerabilità è rimasto sull’isola di Lampedusa mentre i sedici uomini sono stati trasferiti sulla Libra per raggiungere l’Albania.
I naufraghi sono stati fatti sbarcare a gruppi di quattro e hanno percorso a piedi le poche decine di metri che separano il molo dall’ingresso dell’hotspot all’interno del perimetro del porto. Nel pomeriggio dovrebbero essere trasferiti a Gjadër.
Fuori dal porto, un gruppo di manifestanti ha protestato contro il protocollo Italia-Albania. «The European dream ends here», recita un cartello, «il sogno europeo finisce qui». Alla spalle un’immagine di Edi Rama e Giorgia Meloni in divisa. «Questo accordo è contro i diritti umani, più concretamente contro i diritti dei migranti», ha detto ad Ansa Edison Lika, un manifestante.
I centri
Nel porto della cittadina albanese a oltre 60 chilometri da Tirana, ha sede la prima struttura gestita dall’Italia. In questo centro avranno luogo l’identificazione, lo screening sanitario e il fotosegnalamento, anche se già a bordo della nave della Marina è stata avviata la verifica dei requisiti richiesti dalle nuove procedure di accoglienza.
Dopo lo screening verranno trasferiti nel paese di Gjadër, situato a circa venti chilometri di distanza, dove è presente un centro di trattenimento per le procedure accelerate di frontiera e un Cpr, una struttura per il rimpatrio, per coloro che non saranno ritenuti idonei a chiedere asilo e saranno poi destinati al rimpatrio nei paesi di origine.
Nel caso specifico, Bangladesh ed Egitto sono stati inseriti nell’elenco dei paesi di origine sicuri, nonostante gli stessi report del ministero degli Esteri evidenzino criticità in alcune aree dei paesi e per alcuni gruppi di persone. Sono 22 i paesi in lista e chi proviene da questi luoghi è soggetto alle procedure accelerate di frontiera.
Significa avere meno garanzie, tempi ristretti e una buona possibilità che la propria domanda di asilo venga rigettata perché, secondo le valutazioni ministeriali, la situazione del paese sarebbe tale da presumere che le richieste di protezione internazionale non siano fondate.
Una nave vuota
Dall’accordo tra i due paesi, sembrava che il trasporto in Albania dovesse avvenire solo una volta riempita la nave hub, mentre la Libra è salpata verso le coste albanesi con l’8 per cento dei passeggeri rispetto alla capienza. Un viaggio, quello da Lampedusa a Shëngjin, che potrebbe essere costato oltre 200mila euro.
«Un corteo di imbarcazioni, tra cui un pattugliatore della Marina, per deportare sedici, e ripeto 16, poveri cristi nella nuova colonia detentiva italiana in terra d’Albania», ha commentato questa mattina Riccardo Magi, segretario di Più Europa. Un’«immagine grottesca e un po’ ridicola dell’orrida propaganda di Giorgia Meloni», prosegue sui suoi canali social, «una messa in scena elettorale pagata con i soldi dei contribuenti italiani per rinchiudere dei naufraghi in un carcere italiano fuori dall’Europa».
«La prima nave della marina è partita per l’Albania con 16 migranti a bordo. Meloni dica quanto costa quel viaggio», aveva commentato nei giorni scorsi la segretaria del Partito democratico Elly Schlein. «Quegli 800 milioni si potevano mettere sulla sanità pubblica per accorciare le liste di attesa, invece li buttano per deportare migranti calpestandone i diritti, nonostante sia uscita la settimana scorsa una sentenza della Corte di giustizia europea che fa scricchiolare l’intero accordo Albania», ha detto in un’intervista al Corriere della Sera.
Ai costi vivi si aggiungono i milioni di euro già spesi per tutta l’operazione. Tra questi, oltre 60 milioni affidati senza gara dal ministero della Difesa per la costruzione dei centri, come rilevato da Domani in un’inchiesta che ha portato il deputato di Avs Angelo Bonelli a presentare un’interrogazione parlamentare al ministero dell’Interno e Magi ad annunciare una richiesta di valutazione della Corte dei conti sugli affidamenti del Genio militare.
La sentenza Ue
A inizio settimana il governo Meloni aveva annunciato in sordina l’avvio dei centri per i migranti, un progetto politico centrale per l’azione di governo e, secondo l’opposizione, per la sua propaganda. Ma una recente sentenza della Corte di giustizia Ue rischia di mettere in discussione tutto il piano, che prevede il trasferimento di migranti provenienti da paesi sicuri.
Per i giudici europei un paese può essere considerato sicuro solo se lo è nella sua interezza, ma per la maggior parte dei 22 stati designati dal governo questo non accade, perché si escludono determinate categorie di persone o parti di territorio. Per la Corte Ue, non possono essere considerati sicuri, tra gli altri, l’Egitto, il Bangladesh, la Nigeria.
«Ricordiamo che l’Albania è un paese candidato a far parte dell'Ue» e che i centri saranno «uno strumento per contrastare i trafficanti di esseri umani», ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. «È una scelta concreta e coraggiosa che raccoglie tanti consensi in tutta l'Ue. Mi pare una polemica fuori luogo quella delle opposizioni», ha affermato.
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