La Guardia di finanza di Milano ha eseguito un sequestro preventivo di 121 milioni di euro alla filiale italiana di Amazon, ossia Amazon Italia Transport srl. L'indagine vede al centro i "serbatoi di manodopera", presunto sistema attraverso il quale grandi aziende si garantiscono «tariffe altamente competitive» sul mercato "appaltando" per i loro servizi di logistica la manodopera a cooperative, consorzi e società "filtro" in modo irregolare, con annesso sfruttamento del lavoro.

Risultano indagati tre manager del colosso dell’e-commerce (Gabriele Sigismondi, Adriano Susta e Jason Miller), firmatari delle dichiarazioni dei redditi dal 2017 al 2022 (periodo in cui sarebbe stata commessa la presunta frode fiscale), oltre alla stessa società per la responsabilità amministrativa.  Il sequestro dovrà ora essere convalidato dal gip. 

Il sistema dei serbatori di manodopera era emerso già in alcune inchieste precedenti, come quelle su Dhl, Gls, Uber, Lidl, Brt, Geodis, Esselunga, Securitalia, Ups, Gs del gruppo Carrefour e Gxo: l’ultimo sequestro, da quasi 84 milioni di euro, è avvenuto solo il 2 luglio scorso. Dalle inchieste sono emerse vicende in fotocopia di lavoratori sfruttati, costretti a passare da una società all'altra – società "filtro" o consorzi dai quali erano formalmente assunti – e lasciati sempre senza contributi previdenziali e assistenziali. Un presunto "schema" realizzato con false fatture ed evasione dell'Iva.

Le accuse

Ricostruendo «la filiera della manodopera, è stato rilevato che i rapporti di lavoro con la società committente sono stati “schermati” da società filtro, che a loro volta si sono avvalse di diverse società cooperative (società serbatoio), che hanno sistematicamente omesso il versamento dell'Iva, nonché degli oneri di natura previdenziale e assistenziale», scrive il procuratore di Milano Marcello Viola.

Le ipotesi investigative riguardano, spiega la procura, «una complessa frode fiscale derivante dall'utilizzo, da parte della beneficiaria finale (Amazon Italia, ndr) del meccanismo illecito di fatture per operazioni giuridicamente inesistenti a fronte della stipula di fittizi contratti di appalto per la somministrazione di manodopera, in violazione della normativa di settore, che ha portato all'emissione e al conseguente utilizzo dei falsi documenti».

Il «meccanismo fraudolento è tutt'ora in atto, con rilevantissime perdite per l'erario e situazioni di sfruttamento lavorativo che perdurano, a tutto vantaggio di Amazon Italia Transport srl», scrivono i pm Paolo Storari e Valentina Mondovì nel decreto di sequestro preventivo.

Il software

L’indagine si concentra sul “sistema di consegna di ultimo miglio”, cioè «la consegna del pacco o del prodotto acquistato dal consumatore sul sito di Amazon da un centro di distribuzione della Società al luogo destinazione finale indicato dal cliente». Secondo le accuse, la filiale italiana del gruppo fondato da Jeff Bezos – con oltre 500 miliardi di fatturato all'anno – opera in questa fase, «stipulando contratti di appalto per la gestione dell’attività in esame con diversi soggetti, che assumono varia natura giuridica (consorzio, cooperativa, società di capitale), operanti nel settore». In apparenza, dunque, il servizio di trasporto e consegna cosiddetto “di ultimo miglio” è affidato a enti fornitori, realizzato a vari livelli attraverso la concatenazione di contratti di appalto o di trasporto ed il coinvolgimento di diversi soggetti quali “serbatoi di primo livello” e “serbatoi di secondo livello”. 

A quel punto, secondo i pm, Amazon Italia, «attraverso i propri dispositivi tecnologici, esercita poteri direttivi organizzando di fatto l'attività complessiva di distribuzione e consegna merci, compresa quella relativa alla cosiddetta consegna “di ultimo miglio”, «esercitando direttamente nei confronti dei singoli corrieri, formalmente dipendenti dai sopra citati fornitori, i poteri specifici del datore di lavoro», anche nel «controllo del loro operato».

Le «singole società affidatarie del servizio di consegna», ossia quelle per cui formalmente lavorano i corrieri, «non dispongono nello svolgimento dell'attività di alcun potere discrezionale, in quanto i lavoratori non possono che interloquire costantemente solo con il dispositivo informatico loro in uso, dotato di un software gestionale di proprietà Amazon, con cui sono impartite le concrete direttive operative per effettuare l'attività di consegna».

I software «e i relativi dispositivi elettronici, messi a disposizione da Amazon», si legge ancora, «sono studiati e impostati al fine di massimizzare la produttività e raggiungere la maggior quantità possibile di passaggi, non lasciando all'appaltatore, o comunque all'affidatario del servizio di consegna di ultimo miglio, alcuna discrezionalità operativa, residuando per esso unicamente poteri accessori, quali l'assegnazione di ruoli, l'organizzazione dei turni, il pagamento delle retribuzioni».

«Da Amazon anche schede sui tempi di consegna dei corrieri»

L'algoritmo gestionale sviluppato da Amazon Italia Transport «consente di elaborare delle schede denominate “manifest" che periodicamente vengono consegnate ai singoli corrieri e in cui vengono annotati in tempi medi di esecuzione delle specifiche attività indicate sulla scheda», come il «tempo intercorrente tra una consegna e la successiva», il «tempo di arrivo e ripartenza dal luogo di consegna», il «rispetto della fascia oraria di consegna prescelta dal cliente Prime», scrivono ancora i pm nel decreto di sequestro riassumendo le testimonianze, raccolte nell'inchiesta dalla Guardia di finanza, di funzionari sindacali e corrieri che formalmente erano assunti da cooperative o società “filtro”, ma, per l'accusa, erano alle dipendenze di Amazon, che esercitava una «eterodirezione digitale».

Stando alle testimonianze, una volta a destinazione per il corriere «il tempo di materiale esecuzione della consegna del pacco» al cliente «è uniformemente quantificato dal software in tre minuti» e «il ciclo di consegna viene elaborato dal software considerando un tempo complessivo pari a 400/500 minuti, decorrenti dall'avvenuta esecuzione della prima consegna».

Durante l'emergenza Covid il software era stato "impostato" da Amazon «inserendo tempi di consegna più brevi». In media, emerge dai verbali, «ogni autista effettua circa 150 soste giornaliere presso i relativi luoghi di consegna». In più, «l'applicativo Amazon Flex è dotato di un sistema di geolocalizzazione ed elabora e comunica agli uffici Amazon anche informazioni in ordine agli esiti ed ai tempi di esecuzione delle consegne».

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