A poco più di 24 ore dall’inizio dell’attacco dell’Azerbaigian contro l’enclave armena si è raggiunto un accordo di cessate il fuoco, con la mediazione della Russia. Il ministero della Difesa russo ha comunicato l’uccisione di alcuni membri delle loro forze di pace. In arrivo i negoziati
La tregua è cominciata nel Nagorno-Karabakh, ma mentre le autorità locali si preparano ai negoziati di giovedì 21 settembre con il governo di Baku, che si terranno nella città azera Yevlakh, Mosca annuncia l’uccisione di alcuni peacekeeper russi nella giornata di mercoledì. Non è stato ancora chiarito se questo sia avvenuto prima o dopo l’entrata in vigore del cessate in fuoco.
Il cessate il fuoco è stato infatti stabilito dalle 13 ora locale, 24 ore dopo che l’Azerbaigian aveva lanciato quella che definiva «un’operazione antiterroristica» contro le forze militari armene sul territorio conteso da decenni tra i due paesi.
Una nota del ministero della Difesa russo ha poi comunicato che un’auto delle forze di pace russe che stava rientrando da un checkpoint nella zona del villaggio di Dzhanyatag si è ritrovata sotto il tiro di armi leggere. Tutti i militari a bordo sono rimasti uccisi.
Il cessate il fuoco
La tregua, annunciata dalle autorità del Nagorno-Karabakh, sarebbe stata raggiunta proprio grazie alla mediazione del contingente russo di pace che dal 2020 è posizionato lungo il confine dell’area e prevede lo smantellamento delle attrezzature militari e l’abbandono delle forze armate armene dalla zona.
Il premier armeno Nikol Pashinyan ha puntualizzato, secondo l’agenzia Armenpress, che l’Armenia non ha in alcun modo partecipato al negoziato con il contingente russo sul cessate il fuoco, e che il paese non ha forze militari nel Nagorno-Karabakh.
Quanto alle forze di pace russe, «si sono già assunti pienamente e senza riserve l’obbligo di garantire pienamente la sicurezza degli armeni del Nagorno-Karabakh, garantire pieni diritti per una vita sicura e dignitosa degli armeni nella loro terra e nelle loro case», ha commentato Pashinyan alla dichiarazione del ministero della Difesa russo sul loro ruolo nell’accordo di cessate il fuoco, come riportato dall’agenzia russa Ria Novosti.
Impeachment per il premier armeno
A poche ore dall’inizio dell’attacco, intanto, secondo Ria Novosti dei manifestanti avrebbero tentato l’assalto al palazzo del governo a Erevan, capitale dell’Armenia, invocando le dimissioni del premier Pashinyan. L’accusa rivolta al primo ministro è quella di non essere intervenuto con determinazione in difesa del Nagorno-Karabakh.
Pashinyan non sarebbe stato presente al palazzo durante gli scontri dei manifestanti con la polizia, ma l’opposizione in parlamento ha in seguito annunciato la sua intenzione di avviare un processo di impeachment nei suoi confronti.
L’operazione militare
La regione del Nagorno-Karabakh, abitata prevalentemente da armeni, si trova per lo più sotto il controllo azero, come stabilito dalla dichiarazione trilaterale stipulata tra i due paesi e la Russia alla fine della guerra dei 44 giorni nel 2020, ma l’area di Stepanokret fa parte della cosiddetta autoproclamata repubblica dell’Artsakh, un’enclave separatista filoarmena che non è riconosciuta dalla comunità internazionale. Proprio su Stepanokret si sono concentrati i nuovi bombardamenti.
Per le autorità armene, nell’azione cominciata il 19 settembre sarebbero morte 32 persone, tra cui sette civili e due bambini, e sarebbero almeno 200 i feriti, mentre il presidente azero Ilham Aliyev ha sostenuto, al telefono con il segretario di stato statunitense Anthony Blinken, che «popolazione civile e infrastrutture non vengono presi di mira, ma vengono distrutti solo obiettivi militari legittimi».
La risposta internazionale
L’Unione europea aveva condannato l’intervento di Baku sul territorio e la Francia aveva chiesto che si riunisse il Consiglio di sicurezza dell’Onu.
Il governo di Ankara, tradizionalmente vicino all’Azerbaigian, aveva invece giustificato l’azione, scrivendo in un comunicato che «poiché le legittime e giustificate preoccupazioni costantemente espresse riguardo alla situazione sul campo, nei quasi tre anni trascorsi dalla fine della Seconda Guerra del Karabakh, non sono state risolte, l’Azerbaigian ha dovuto adottare le misure che ritiene necessarie sul proprio territorio sovrano».
La posizione della Russia
Mosca si era detta «allarmata» dall’escalation militare e aveva invitato entrambe le parti a rispettare la dichiarazione trilaterale del 2020. Il primo ministro armeno Pashinyan aveva poi accusato Mosca di essere stata informata in anticipo e non aver agito, ma la portavoce del ministero della Difesa, Maria Zakharova, aveva smentito, sostenendo che l’avviso era arrivato solo pochi minuti prima. I rapporti tra Armenia e Russia si starebbero deteriorando da tempo. All’inizio di settembre, in particolare, l’Armenia aveva tenuto un’esercitazione militare congiunta con gli Stati Uniti.
«L'Armenia è stata e rimane un nostro alleato molto importante, un partner, un Paese vicino a noi. Continuiamo anche i contatti con l'Azerbaigian, anch'esso un partner molto importante», ha dichiarato ora il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.
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