Nella regione guidata da Fratelli d’Italia e con dati record sull’obiezione di coscienza, finora i farmaci abortivi si somministravano fino alla settima settimana di gestazione. Adesso l’Ospedale Mazzoni si adegua al resto d’Italia. Le associazioni femministe: «Ora lo facciano anche gli altri ospedali. E ci si adegui al decreto ministeriale del 2020 per somministrare l’aborto medico nei consultori e istituire strutture consultoriali efficienti, con personale formato e nel numero previsto dalla legge»
Nelle Marche, regione guidata da Fratelli d’Italia, i dati ministeriali relativi al 2022 registrano il 67,4 per cento di medici obiettori, anche se in diverse strutture l’obiezione investe la totalità dei ginecologi. Nella regione, fino ad ora, l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) era praticata fino alla settima settimana: in Italia è possibile fino alla nona e le linee guida internazionali lo prevedono fino alla dodicesima.
Dopo cinque anni di battaglie, all’ospedale Mazzoni di Ascoli Piceno si effettuerà la somministrazione della pillola farmacologica abortiva a 9 settimane, seguendo linee di indirizzo ministeriali dal 2020, come ha annunciato Pro-choice rete italiana contraccezione aborto, su segnalazione di attiviste femministe che hanno verificato il servizio.
Aborto farmacologico a 9 settimane
La rete Pro Choice Rica, insieme ad altre realtà cittadine, ha inviato a oltre 150 comuni una raccolta firme che poi ha portato alla messa in pratica delle richieste. «La nostra regione era bloccata con l’Ivg fino alla settima settimana da tempo. Nessuno, fino ad ora, aveva mai avuto il coraggio di applicare queste linee di indirizzo, contro la regione», afferma Tiziana Antonucci, presidente del consultorio Aied di Ascoli Piceno.
Antonucci ricorda che la regione era stata «sollecitata più volte da associazioni e movimenti femministi. La consigliera Manuela Bora (Pd) aveva fatto diverse interpellanze proprio su questo punto e l’assessore alla Sanità, Filippo Saltamartini, aveva risposto “di non aver studiato abbastanza il tema”, mentre doveva aver studiato abbastanza per mettere le associazioni anti scelta nei consultori».
Dopo queste affermazioni, a fine giugno, «l’assessore alla Sanità aveva detto che avrebbe rimesso la decisione nelle mani dei dirigenti ospedalieri». A gennaio, Antonucci aveva contattato un primario per un caso di Ivg a sette settimane «che rientrava al limite nella possibilità di aborto farmacologico, e il primario mi ha detto che avrebbe applicato la legge, dunque sarebbe stato possibile farlo entro 9 settimane. È stata una bella notizia che abbiamo subito diffuso, perché rompe la rigidità della nostra regione in merito all’aborto farmacologico».
Le donne marchigiane, come racconta Antonucci, finora si sono spesso dovute spostare per accedere al diritto all’Ivg farmacologica a 9 settimane: «Se si era al limite con i tempi, le donne dovevano migrare in Abruzzo o in altre regioni» perché il loro diritto ad abortire potesse essere messo in pratica o, addirittura, «ricorrevano all’aborto farmacologico tramite pillole prese su internet».
Ora, dopo questa prima vittoria, l'obiettivo è quello di «somministrare la pillola abortiva Ru486 presso i consultori. Io lavoro dal 1977 dentro a un consultorio e ritengo sia lo spazio ideale per questi servizi. Le donne vengono e verrebbero assistite in modo professionale e umano».
La scienza parla chiaro
La rete Pro Choice Rica ha ricordato che le società scientifiche di ginecologia e ostetricia nelle recenti "Raccomandazioni di buone pratiche clinico-assistenziali per il trattamento farmacologico dell’aborto” hanno asserito che «l’evoluzione della medicina e in particolare della farmacologia ha consentito oggi di abbandonare come prima scelta il trattamento chirurgico e di sostituirlo con quello medico riducendo le complicanze, l’impatto negativo sull’integrità dell’apparato genitale soprattutto nella prospettiva di una nuova gravidanza, lo stress legato all’attesa dell’intervento e non da ultimo una riduzione dei costi».
Le raccomandazioni delle società scientifiche sono altrettanto nette nel definire che «le evidenze della letteratura e le raccomandazioni internazionali prevedono la possibilità del trattamento farmacologico per l’Ivg sino a 12 settimane di gestazione, sottolineandone l’efficacia e la sicurezza». Per la rete è «surreale la contrarietà che si è creata per la notizia che riguarda l’ospedale Mazzoni di Ascoli Piceno, considerando che nel resto d’Italia la pratica avviene già dal 2020, mentre nel resto del mondo da 35 anni».
Per tutte queste ragioni, conclude Antonucci, «ora chiediamo l’adeguamento al decreto ministeriale del 2020 per la somministrazione dell’aborto medico presso i consultori e l’istituzione di strutture consultoriali efficienti, con il personale formato e nel numero previsto dalla legge: uno ogni 10.000 abitanti e con le figure professionali previste».
Per le associazioni, è solo l’inizio di un percorso per il diritto all’aborto in regione: «C’è ancora molta strada per avere davvero un aborto moderno nelle Marche. Innanzitutto devono aggiornarsi gli altri ospedali che applicano ancora il vecchio protocollo. Ampliando lo sguardo, però, il futuro è di svincolare i farmaci dalla somministrazione in ospedale, come prevedono sia le linee di indirizzo nazionali sia l’Organizzazione mondiale della sanità. L’assessore alla Sanità non può far finta di niente: servono atti amministrativi. Deve essere possibile ricevere i farmaci anche in consultorio e poter abortire a domicilio, come già succede da molti anni in Francia e Inghilterra e come già hanno predisposto Lazio (fino a 7 settimane) ed Emilia-Romagna (fino a 9)».
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