«Abbiamo trovato chiare indicazioni sul fatto che lo spyware sia stato caricato all’interno di WhatsApp e in altre applicazioni sui loro dispositivi». È questa la conclusione sull'Italia a cui è giunto finora Citizen Lab, il laboratorio dell'Università di Toronto specializzato in ricerche sull'uso di software spia, nell'ultimo mese e mezzo impegnato a capire qualcosa di più su Graphite, lo spyware prodotto dalla società Paragon Solutions e usato per provare a intercettare almeno 90 persone nel mondo tra cui tre italiani: il giornalista Francesco Cancellato, direttore di Fanpage.it; gli attivisti di Mediterranea Saving Humans, Luca Casarini e Beppe Caccia.

«Ci sono le prove della presenza di Paragon Graphite, usato dai servizi segreti sui telefoni dei nostri attivisti», ha scritto Mediterranea commentando la pubblicazione del report di Citizen Lab. L'ong fondata da Casarini ha fatto saper di voler consegnare il rapporto alle cinque procure che stanno indagando sul caso e alla Presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola. «Lo invieremo anche alla Corte Penale Internazionale», scrive l'ong, «dietro questo caso c'è la situazione libica e i rapporti tra servizi segreti. Grandi gruppi privati che si occupano di petrolio e armi, e milizie che gestiscono il potere in quel paese, potrebbero avere avuto un ruolo».

Infettati

Citizen Lab scrive di aver «analizzato in modo forense diversi telefoni Android appartenenti a obiettivi di Paragon in Italia», e di aver trovato «chiare indicazioni» sul fatto che Graphite sia penetrato nei loro smartphone. I cellulari Android analizzati sono appunto quelli di Cancellato, Casarini e Caccia. Per studiarli, Citizen Lab ha usato uno strumento chiamato Bigpretzel, capace di identificare la presenza di Graphite sui dispositivi Android. Meno chiaro il caso di David Yambio, fondatore dell'ong Refugees in Libya, vittima di tortura mentre era detenuto nel Paese nordafricano, collaboratore di Casarini e Caccia. Yambio, che ha un iPhone, ha ricevuto nel novembre del 2014 una notifica da Apple in cui veniva avvisato di essere stato preso di mira da uno spyware. Citizen Lab scrive nel suo report di non essere ancora riuscita a stabilire quale tipo di software sia penetrato nel suo telefono ma, ha aggiunto, «ci sono alcuni fattori contestuali che suggeriscono che lo spyware utilizzato contro il signor Yambio potrebbe essere stato anche in questo caso Graphite».

Chi è stato?

Ci sono però anche altri strumenti di sorveglianza che potrebbero essere stati utilizzati contro il «cluster» italiano, come lo definisce Citizen Lab. I ricercatori hanno infatti notato che nel 2024 Meta ha inviato dei messaggi di avvertimento per possibili attacchi informatici «a diverse persone facenti parte dello stesso network organizzativo, tra cui una vittima di Paragon. Ciò suggerisce la necessità di un ulteriore esame di altre tecnologie di sorveglianza impiegate contro questi individui».

Resta aperto il quesito fondamentale: chi ha ordinato e realizzato lo spionaggio? Al netto delle varie dichiarazioni dell'ultimo mese e mezzo, tutti hanno detto di non avere responsabilità. In audizione al Copasir, i direttori dei due servizi segreti (Aise e Aisi) hanno ammesso di avere in uso Graphite, ma hanno assicurato di non averlo mai usato contro giornalisti; i quattro corpi di polizia giudiziaria (che possono in teoria usare spyware su delega delle procure) hanno invece escluso di aver mai utilizzato quel prodotto.

Quindi, o qualcuno mente oppure è stato uno Paese straniero, dato che Paragon dice di aver venduto il suo prodotto solo ad autorità pubbliche e peraltro di nazioni alleate di Israele. Intanto proseguono le indagini coordinate dalla Dna (Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo) e avviate da cinque procure italiane dopo le denunce delle vittime. Continuano anche le audizioni del Copasir. Secondo quanto risulta a Domani, il Comitato parlamentare che vigila sull'operato dei servizi segreti potrebbe presto decidere di ascoltare, esclusivamente sul tema Graphite, il sottosegretario Alfredo Mantovano, l'uomo a cui Giorgia Meloni ha affidato la delega sull'intelligence.

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