Secondo la Corte i giudici devono valutare se i rigetti delle domande di protezione internazionali siano conformi al diretto europeo sulla base delle singoli situazioni. Di conseguenza, possono anche disapplicare il decreto sulla lista dei paesi sicuri
Mentre la premier Giorgia Meloni cercava alleati in Europa, in cerca di un sostegno politico al protocollo Italia-Albania, per ora sospeso in attesa della decisione della Corte di giustizia Ue, la Cassazione ieri ha pubblicato la sentenza dello scorso 4 dicembre sul caso di un cittadino tunisino a cui è stata rigettata la richiesta di protezione internazionale. Un’ulteriore sconfitta per i piani del governo, a favore del diritto di asilo «riconosciuto sul piano internazionale».
Il caso su cui la Cassazione si è espressa è antecedente alla decisione dell’esecutivo che, lo scorso 23 ottobre, ha inserito l’elenco dei paesi sicuri, 19 tra cui la Tunisia, in un decreto legge poi convertito (precedentemente venivano indicati con un decreto ministeriale). La sezione specializzata del tribunale di Roma aveva chiesto, con un rinvio pregiudiziale, alla Corte suprema se il giudice ordinario fosse o meno vincolato alla designazione fatta dal ministero o dovesse piuttosto valutare caso per caso.
Con questa sentenza, i giudici non si sono espressi solo su una vicenda specifica, ma hanno stabilito un principio di diritto: il giudice ordinario, se è investito di un ricorso contro una decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale di un richiedente, che proviene da un paese designato come sicuro, può valutare se esistono «i presupposti di legittimità di tale designazione, ed eventualmente disapplicare in via incidentale» il decreto ministeriale.
La vicenda
Il procedimento è iniziato con un rigetto della commissione territoriale della domanda di asilo di un cittadino tunisino, perché proveniente da un paese di origine sicuro, senza allegare fondati motivi per cui veniva ritenuto tale. Dopo il rigetto, l’uomo ha fatto ricorso al tribunale di Roma sostenendo che la Tunisia non presenterebbe più i requisiti per rimanere all’interno di quella lista.
Il caso è arrivato quindi, dopo il rinvio pregiudiziale, in Cassazione, chiamata a chiarire l’estensione della valutazione del magistrato. Il giudice «non si sostituisce all’autorità governativa sconfinando nel fondo di una valutazione discrezionale a questa riservata», scrive la Corte, «ma ha il potere-dovere di esercitare il sindacato di legittimità del decreto ministeriale, nella parte in cui inserisce un certo paese di origine tra quelli sicuri, ove esso chiaramente contrasti con la normativa europea e nazionale vigente in materia, anche tenendo conto di informazioni sui paesi di origine aggiornate al momento della decisione». E aggiunge: «L’accertamento giurisdizionale risponde, piuttosto, all’esigenza di verificare che il potere non sia stato esercitato arbitrariamente».
Per la Cassazione l’identificazione di un paese come sicuro non è quindi una «valutazione governativa vincolante per il giudice ordinario». Questo perché è in gioco un diritto costituzionale, il diritto di asilo e alla protezione, e quindi l’autorità giurisdizionale ha il potere di «riconsiderare l’inserimento di un paese nella lista dei paesi sicuri». Il giudice è chiamato a capire, nel caso concreto, l’«effettivo rischio di compromissione, nel paese di origine, del nucleo irriducibile di diritti inviolabili». E, quindi, la designazione fatta dal governo «non può stabilire una garanzia assoluta di sicurezza per i cittadini di tale paese».
Disapplicare il decreto, precisa la Corte, non significa annullarlo erga omnes, ma tenerne conto ai fini del caso concreto. Dopo gli attacchi del governo alla magistratura, accusata di bloccare i piani dell’esecutivo, la Cassazione ricorda che il potere di accertamento del giudice «non può essere limitato» sulla «base di informazioni vagliate unicamente nella sede governativa». Sarebbe anche in contrasto con il diritto dell’Ue impedire un controllo giurisdizionale, sui motivi per cui si è deciso di applicare, in caso di paese di origine sicuro, la procedura accelerata.
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