Dopo due anni di guerra in Ucraina e un anno in Medio oriente, è impossibile non domandarsi quale sia il peso della diplomazia nella risoluzione dei conflitti. Le guerre possono essere risolte mediante negoziazioni e mediazioni, usando l’arte della parola e non delle armi, o è tutto perduto? A Domani ci siamo interrogati su questo e abbiamo deciso di girare la domanda anche ai nostri abbonati.  

Così, nella nostra newsletter Oggi è Domani (iscriviti qui per riceverla ogni mattina), abbiamo chiesto ai nostri lettori di condividere, anonimamente, con noi le loro riflessioni sul ruolo della diplomazia. Sono arrivate molte risposte interessanti, perciò abbiamo deciso di riportarle integralmente e condividerle con tutti i nostri lettori.

C’è chi ha ancora speranza

  • «Ho ancora fiducia nell'umanità, motivo per cui credo ancora fermamente che la diplomazia possa fare molto per la risoluzione dei conflitti internazionali».
  • «Non abbiamo alternativa, anche se finora non ha sortito alcun risultato, anzi. La parola spesso ha fatto cessare le armi, la guerra lascia sempre enormi ferite, tra gli uomini e sulla terra, ma la forza della parola è più potente di qualsiasi arma, se solo gli umani fossero illuminati dalla ragione. Quel che mi duole, a parte i bambini vittime, è che tutto viene mosso fondamentalmente dalla religione, ebrei, musulmani, sunniti, sciiti, cristiani, infine i grandi potenti delle armi. L'uomo è l'animale sociale per eccellenza che uccide i suoi cuccioli. Che tristezza».
  • «La guerra porta morte, distruzione, sofferenza. Solo il dialogo e la diplomazia possono portare alla pace». 
  • «Se la Corte penale internazionale iniziasse a processare Putin per tutti i reati che ha commesso e la stampa mondiale riportasse tutti gli accertamenti e le incriminazioni, con particolare diffusione in Russia mediante tutti i canali possibili, si potrebbe incominciare di più a credere nella capacità della diplomazia di fare proposte che devono essere considerate seriamente da ogni capo di stato che abbia intrapreso iniziative militari».
  • «A patto di sconfiggere i signori e l'economia delle armi».

  • «Ci voglio credere». 

  • «Forse è solo una speranza, ma credo che se esistesse una effettiva volontà alla chiusura di un conflitto si potrebbe raggiungere il risultato. Ovviamente se sono solo gli interessi economici e di potere di una sola delle parti in gioco non si concluderà nulla. L’etica e la moralità del genere umano dovrebbero guidare la diplomazia». 

  • «Il problema è la mancanza di volontà di risolverli perchè prevalgono sempre gli interessi dei singoli stati».

Chi non ci crede più 

  • «Impossibile fino a quando si risolverà di dare uno stato a ciascuna entità etnica che vive in tutta la regione mediorientale, comprese le popolazioni stanziate in Africa, nella fascia araba e ad est dall'India e su su fino ai confini con la Russia».
  • «L'Onu davvero non funziona, e il maggiore problema è il veto».
  • «Purtroppo la diplomazia non cerca una pace giusta, ma fa gli interessi degli stati più ricchi».
  • «L’esempio della guerra in Ucraina è abbastanza eloquente: sono passati quasi tre anni e ancora non ci sono stati passi in avanti verso una risoluzione. Ho l’impressione che la diplomazia stia davvero facendo poco».
  • «Il problema è l'abbassamento del livello della politica e dei politici. Avremmo bisogno di guide autorevoli e sagge, ma non se ne vedono. Ci vorrebbe un Sergio Mattarella internazionale».
  • «A fronte di simili interrogativi sul pacifismo (livello individuale) e sulla diplomazia (livello internazionale), non capisco come sia possibile non aver ancora capito che da sempre non esistono rimedi né metodi non-violenti per evitare che una persona o uno stato che vogliano imporsi con la violenza o scatenare una guerra siano indotti a non farlo. Dittatori ed estremisti violenti dovrebbero averlo già insegnato a tutti: non ci sono pacifismi o diplomazie che tengano». 
  • «È saltato l'equilibrio geopolitico creatosi dopo la seconda guerra mondiale, periodo in cui il liberalismo più sfrenato ha badato solamente alla crescita economica di una parte del mondo, lasciando tantissimi problemi aperti, che anzi si sono aggravati, uno tra tutti il Medio oriente, e il resto del mondo nella povertà.
  • «Le grandi potenze vogliono assolutamente imporre il loro primato. Cina e Usa e poi tutto il resto. A breve non ne veniamo fuori. Inoltre l'ideologia della pace che richiede lavoro continuo, globale, a partire dalle scuole materne, non fazioso, non riesce a decollare se non sotto l'ombrello religioso. La pace è un lavoro difficile, che non si risolve disarmando il più debole in modo che soccomba e quindi tutti possiamo ricominciare a vivere secondo le nostre egoistiche esistenze. La pace è un lavoro lungo, un percorso che deve essere annidato in ogni testa umana, e questo non sta accadendo. Anzi si scambiano per pacifiste manifestazioni organizzate in occasione di un anniversario tragico come il 7 ottobre. Tante perplessità! Manipolazioni, informazione di parte? In queste manifestazioni non si sente quasi mai una parola contro Putin, Hamas, Hezbollah, la guerra in nome di Dio. Che fare? Provare testardamente a invocare il cessate il fuoco sia in Medio oriente che in Ucraina che sono i conflitti che noi occidentali conosciamo meglio. Smetterla con la lotta ai migranti, costruire una cultura di pace vera. Isolare gli opportunisti con lo smascheramento dei pacifisti dell'ultima ora. E fare manifestazioni oceaniche, sincronizzate in tutto il mondo, perché non vogliamo più le armi, e vogliamo un altro futuro, più verde e meno disumano».

Chi non sa 

  • «Ho l'impressione che la diplomazia sia stata tacitata dalle decisioni politiche e da una sorta di pensiero unico espresso dai media, sicuramente nella guerra russo ucraina».
  • «Credo che i conflitti Russia-Ucraina e in Medio Oriente abbiano dimostrato la fragilità e l'inefficienza della diplomazia e delle istituzioni internazionali. Il modo in cui quest'ultime sono organizzate (si veda il diritto di veto nel consiglio di sicurezza Onu), equivale a non avere un organo super partes, che non faccia gli interessi dei singoli stati ma della comunità internazionale. Opporre il veto in modo indistinto significa impedire che le cose cambino: questo diritto andrebbe ripensato, così da non bloccare le decisioni, soprattutto se riguardano i conflitti e la possibilità di porvi fine. Quella che oggi chiamiamo "diplomazia" non è altro che un tentativo di difendere il proprio status quo e i propri interessi economici, senza un vero tentativo di scendere a compromessi. Non c'è ammissione di responsabilità da parte di nessuno, solo un colpevolizzarsi reciproco che impedisce qualsiasi tentativo di risoluzione. Credo sia necessario che tutti i vertici diplomatici prendano atto del loro fallimento e si dimettano: ci vuole un cambiamento di approccio, che superi i particolarismi statali, per avere una reale diplomazia».

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