«Il mio pandoro sostiene l’ospedale Regina Margherita di Torino per un Natale più dolce per tutti». Per la procura di Milano l’informazione messa nero su bianco da Chiara Ferragni sui suoi social è “fuorviante”.

Come lo sono quelle altre che, sempre a mezzo social, riguardano le sue uova di cioccolato. «Usiamo la Pasqua per fare del bene [...] le mie uova supportano i bambini delle fate», è infatti un’altra delle frasi attenzionate dai magistrati che hanno chiuso le indagini nei confronti dell’imprenditrice digitale, accusata di truffa, che ora rischia il processo per le presunte operazioni di beneficenza di Natale 2022 e Pasqua 2022 e 2021.

Come a dire che la festa può cambiare, ma non l’uso che secondo gli inquirenti ne viene fatto. Da chi? Dall’influencer che proprio per l’affaire pandoro (e per quello analogo delle uova) ha perso moltissimi ingaggi, tanti seguaci e forse anche l’amore.

Dentro a quella confezione di cartone rosa, presente al tempo sugli scaffali di molti supermercati italiani, non c’era d’altronde solo un pandoro. C’era quello che sarebbe diventato uno dei problemi più grandi di Chiara Ferragni, oggi accusata di truffa aggravata e continuata. L’avviso di conclusione indagini, firmato dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco e dal sostituto Cristian Barilli, è stato notificato anche all’ex fedelissimo collaboratore di Ferragni, Fabio Damato, ad Alessandra Balocco, legale rappresentante dell’omonima azienda dolciaria, e a Francesco Cannillo, presidente del cda di Cereitalia Dolciaria Spa, proprietaria del marchio Dolci Preziosi.

Secondo i pubblici ministeri le persone coinvolte «inducevano in errore un numero imprecisato di acquirenti su tutto il territorio nazionale e in particolare in ordine alla correlazione tra l’acquisto del prodotto e il contributo alla raccolta di fondi a favore dell’Ospedale Regina Margherita di Torino». Stessa cosa per le uova di cioccolato, al centro dell’operazione «Uova di Pasqua Chiara Ferragni - Sosteniamo i Bambini delle Fate».

Profitti e immagine

E sempre i magistrati alle società di Chiara Ferragni contestano un «ingiusto profitto» di circa 2,225 milioni di euro. In particolare, si tratta di 1,075 milioni per la vicenda “Balocco Pink Christmas”, di altri 400mila euro per l’operazione commerciale “Uova di Pasqua Chiara Ferragni - sosteniamo i Bambini delle Fate” e infine di 750mila euro per la Pasqua successiva. Le somme, nel caso del pandoro, riguardano le società Tbc Crew e Fenice; mentre nel caso delle uova una prima volta Sisterhood e Fenice, la seconda Tbc Crew e Fenice.

Ma non solo questione di soldi. Per l’accusa l’influencer, tramite «artifizi e raggiri», «conseguiva anche profitto non patrimoniale derivante dal ritorno di immagine legato alla prospettata iniziativa benefica».

Intanto per mezzo dei suoi legali, gli avvocati Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana, Chiara Ferragni ha fatto sapere di «confidare nella magistratura che acclarerà la sua innocenza». Di certo questo non è l’apice del successo per l’imprenditrice digitale, e neanche per il suo ex, Fedez, coinvolto, seppur non risulti indagato, nell’inchiesta condotta ancora una volta dalla procura milanese sulle curve di Inter e Milan. Un’inchiesta, quest’ultima, che ha fatto luce sui rapporti (pericolosi) del cantante coi vertici ultras del secondo anello blu di san Siro. Una storia che intreccia calcio, affari e malavita e che partendo dagli spalti dello stadio sembra toccare persino il mondo della musica.

Caduta libera

Ora, dopo le ultime vicende giudiziarie riguardanti l’ex coppia del mondo social, c’è anche chi chiede al sindaco Giuseppe Sala la revoca dell’Ambrogino d’oro, massima onorificenza del Comune di Milano consegnata alla coppia nel 2020. Una richiesta che pare dire solo una cosa: l’impero dei due è in caduta libera, così come le rispettive quotazioni in termini di popolarità e successo.

Tra gli altri, anche il Codacons, l’associazione dalle cui denunce è scaturita l’indagine della procura di Milano, ha una richiesta: rimborsare circa 290mila consumatori e acquirenti del pandoro.

Pandoro che, si legge ancora nell’atto di chiusura indagini, veniva «commercializzato al costo medio di acquisto di euro 9,37 per confezione, a fronte di circa 3,68 euro del pandoro Balocco tradizionale, così rafforzando nel pubblico la convinzione che la differenza di prezzo andasse a beneficio» delle iniziative illustrate. «Se si aprirà un processo», dice il Codacons, «sarà possibile per gli acquirenti coinvolti, che non si sono già attivati, chiedere la costituzione di parte civile e avanzare domanda di rimborso verso i soggetti che saranno ritenuti responsabili di illeciti».

«Pubblicità ingannevole», scrivono inoltre gli inquirenti che hanno condotto le indagini insieme al nucleo Pef della guardia di finanza di Milano. Sembra ribadirlo, nella sua nota, anche il procuratore capo Marcello Viola: «Le indagini hanno permesso di ricostruire la pianificazione e diffusione di comunicazioni di natura decettiva, volta a indurre in errore i consumatori».

Dunque, screenshot alla mano, al vaglio di chi indaga ci sono, come si diceva, anche i molteplici post pubblicati su Instagram dall’imprenditrice, che per entrambe le vicende ha già pagato due milioni di euro di sanzioni all’Agcm rinunciando ai ricorsi. «Ciao guys, sono molto contenta perché anche quest’anno, tramite il mio brand, sosterrò il progetto “I bambini delle Fate”», annotano i pm.

Su queste frasi e sui conti delle sue società, l’influencer dovrà dare una spiegazione. Non in diretta social, ma molto probabilmente in un’aula di tribunale.

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