Conta più la macchina o il pilota? Nella Formula 1 è una domanda ricorrente, e ci sono sport che devono rispondere allo stesso tormento anche alle Olimpiadi. Il ciclismo su pista, disciplina tradizionale dei Giochi (è presente dalla prima edizione moderna del 1896, con l’unica eccezione del 1912), si fonda sulla forza, sull’esplosività, sulla resistenza, sulla velocità, sul colpo d’occhio e sull’intelligenza dei suoi interpreti, ma tutte queste qualità le combina necessariamente con una tecnologia all’avanguardia, con innovazioni spinte e soluzioni avveniristiche pensate e sperimentate da staff di ingegneri che spesso sono gli stessi della Formula 1.

La bici che verrà utilizzata a Parigi dai pistard britannici, per esempio, è il risultato di un lavoro di anni con aziende all'avanguardia nella tecnologia delle attrezzature, tra cui Lotus Engineering.

Ogni componente della bici è stato progettato per diventare tutt'uno con il ciclista. Stephen Park, direttore Performance di Britain Cycling, ammette che «continuiamo a fare nuove scoperte in termini di velocità, efficienza e innovazione delle bici da pista, quella per Parigi è una macchina impressionante, che offrirà ai nostri ciclisti la migliore piattaforma possibile per avere successo».

Mark Stringer, direttore commerciale di Lotus Engineering, promette che la bici Hope-Lotus sarà «la dimostrazione perfetta della nostra capacità di trasferire le competenze e le conoscenze acquisite in oltre 75 anni di sviluppo automobilistico».

Se vi state annoiando, possiamo parlarvi subito di Filippo Ganna. Gli italiani nell’Inseguimento maschile sono campioni olimpici in carica e detengono il record del mondo, ma il trionfo di Tokyo è passato attraverso strettoie microscopiche: nel primo turno il quartetto azzurro aveva battuto la Nuova Zelanda per 0.090 secondi, e in finale il vantaggio sui danesi fu di 0.867 grazie a un’indimenticabile rimonta che dobbiamo proprio a Ganna, l’unico fuoriclasse (nel suo genere) del ciclismo italiano attuale. L’Italia tre anni fa ha vinto un oro fantastico, ma per pochissimo non ha perso al primo turno: ecco perché la ricerca sui materiali non può permettersi niente di meno della perfezione.

La nazionale lavora con l’azienda norvegese Nabaflow, specializzata in soluzioni fluidodinamiche è già attiva anche in Formula 1. «Non stiamo solo rendendo le simulazioni del vento più semplici e veloci. Stiamo cambiando il modo in cui il mondo pensa al vento. Con la potenza dell'High-Performance Computing».

Uno dei tre fondatori dell’azienda norvegese, nata nel 2018, è Luca Oggiano, giovane ingegnere sardo con la passione per il surf che ha messo su famiglia in Norvegia dove è ricercatore presso il NTNTU, Università norvegese di scienza e tecnologia e l’IEF, Institutt for Energiteknikk.

Oggiano ha già affiancato Ganna per il record dell’ora. Per la ricerca delle migliori soluzioni aerodinamiche, azzurri e norvegesi hanno lavorato a lungo in galleria del vento al Politecnico di Milano, utilizzando l’intelligenza artificiale, che è servita a ottimizzare la posizione di ognuno degli azzurri sulla bici: dalla scansione digitale si è creato una sorta di avatar animato 3D per ognuno di loro, da Jonathan Milan a Letizia Paternoster.

A quel punto, si lavora sull’avatar, cambiando le posizioni digitalmente e facendo simulazioni potenzialmente infinite su una piattaforma cloud e definendo così i parametri che saranno sperimentati in galleria del vento e poi in pista. Il risparmio di tempo, soprattutto di quello degli atleti, è evidente. L’obiettivo è quello di arrivare alla perfezione del binomio uomo-bici.

In sella a un Bolide

Le regole dell’Union Cycliste Internationale impongono che tutta l'attrezzatura da pista utilizzata alle Olimpiadi sia in commercio dal 1° gennaio dell'anno in cui si svolgono i Giochi. Vale per la bici, per le ruote, per qualsiasi componente. La bici del quartetto azzurro è famosa quasi quanto gli olimpionici del ct Marco Villa, a sua volta ex pistard: si chiama Pinarello Bolide, in particolare quella di Parigi è la Bolide F HR, in Scalmalloy, una lega di alluminio ad alta resistenza, composta da scandio, alluminio e magnesio.

È una versione evoluta della bici con cui Ganna ha battuto il record dell'ora: costa 28.750 euro. Si utilizza la tecnologia EBM, ovvero la capacità di stampare in 3D del titanio: il risultato sono componenti con affidabilità illimitata e possibilità di personalizzazione praticamente illimitata. Come tre anni fa, il pericolo viene dai danesi, che sono tutti pistard (a differenza dei nostri: se l’uomo delle partenza Lamon è lo specialista puro, Ganna, Milan e Consonni corrono principalmente su strada). Ma occhio a Gran Bretagna, Nuova Zelanda e soprattutto Francia.

Il quartetto femminile (Guazzini, Balsamo e due tra Paternoster, Fidanza e Consonni), che pure insegue l’immortalità dell’oro dopo aver vinto l’Europeo a inizio stagione, avrà in dotazione un’altra Bolide, la HRC in carbonio: costa "solo” 12.500 euro.

Da vedere le Bolide sono un curioso mix tra un aereo, una monoposto di Formula 1 e la macchina di Batman. Le ruote sono Campagnolo Ghibli 0.9, a disco, in vendita attraverso le consuete reti di distribuzione. Se Pinarello collabora con la federazione italiana da oltre trent’anni, il legame con l’azienda vicentina Campagnolo risale a dodici mesi fa.

Le ruote Ghibli 0.9, prodotte in Italia utilizzando fibra di carbonio, sono equipaggiate con i cuscinetti ceramici Cult, capaci di ridurre quasi completamente la resistenza al rotolamento: i test di sviluppo interni hanno dimostrato che a una velocità di 78 km/h, una ruota Campagnolo con cuscinetti Cult ha continuato a girare per due ore e 45 minuti prima di fermarsi.

La corsa all’oro

Che cosa spinge un’azienda che non è presente nel WorldTour a impegnarsi in quest’impresa? È la solita storia dell’immortalità e della gloria. Fare parte di questa gigantesca corsa all’oro è il miglior biglietto da visita possibile. Gli azzurri stanno già provando al velodromo di Saint Quentin-en-Yvelines, a sud-ovest di Parigi, non lontano dalla reggia di Versailles. Lunedì 5 cominciano le qualificazioni per il quartetto maschile. E adesso lo sapete: oltre le gambe c’è di più, come cantavano Sabrina Salerno e Jo Squillo all’inizio degli anni Novanta. Quando Ganna non era ancora nato.

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